Dario Argento al massacro

Auguri, Darione!
Se siete estimatori dell’horror avete amato Dario Argento. Se siete innamorati del cinema avete amato Dario Argento. Ci sono molti buoni motivi per aver nutrito un’ardente passione per Dario Argento. Da qualche tempo a questa parte però è diventato quasi un atto dovuto usare un tempo verbale passato, poiché è convinzione diffusa che le ultime produzioni del regista siano di scarsissimo valore. Un po’ come per le discografie di alcune grandi band, ognuno individua un periodo aureo di riferimento, che va da quel film a quell’altro film, e poi dopo solo “roba minore”, solo “schifezze”, tizio si è proprio “rincoglionito”, fino ad arrivare alla denigrazione tout court, nonostante in questo caso si tratti di uno che ha pur sempre girato Profondo Rosso e non le Ragazze Pon Pon si Scatenano.
 
Su internet ci sono forum, blog e social network pieni di discussioni su Dario Argento, molti dei quali si caratterizzano per accenti infuocati e veementi, pro e contro, che trascendono del tutto l’oggetto del contendere, i film, per approdare su piani metafisici di puro arabesco esegetico-filosofico-critico.
Ci sono quelli che: massacrare Dario Argento fa “in”, qualcuno dice che quel vecchio bacucco rincoglionito (del quale però magari hanno visto due film e mezzo, se va bene) sia oramai bollito, e allora riprendono la cantilena tale e quale, per pavoneggiarsi, così facendo si sentono parte integrante del cenacolo d’elite degli “intenditori” del Cinema con la C maiuscola, grassettata, sottolineata, evidenziata. 
E ci sono quelli che: difesa militante a oltranza, perchè Argento “anta” anni fa ha fatto “i capolavori”, e allora è inammissibile criticarlo anche davanti a ciofeche conclamate, negare negare negare, semper.
Non so quale delle due fazioni abbia generato per contrapposizione l’altra, certo è che, complessivamente, è un bel campionario umano. Denigratori vs difensori d’ufficio, è uno schema abbastanza rituale quando si parla der sor Dario, ed è facilissimo scivolarci dentro senza neanche accorgercene, vuoi per motivi affettivi, vuoi per un patologico individualismo che sconfina nel bisogno di mettersi in mostra affidandosi a tesi temerarie e integraliste.
 
Ci sono quelli che Profondo Rosso è l’avamposto ultimo della qualità, dopo è iniziata la corruzione (sono gli ariani di Argento). Chi si spinge fino a Suspiria ma già si indispone con Inferno (gli ottimizzatori). Chi temerariamente arriva a includere Phenomena e Opera magari (quelli di bocca buona). I più rari di tutti sono quelli che anche dopo l’87 esprimono un giudizio positivo sul lavoro di Argento (gli ano-disponibili). Scegliete voi dove stare; io, per non essere da meno, ho tutta una mia teoria. E’ poco credibile che in 90 minuti di film Argento non ne azzecchi nemmeno una, non abbia mai una bella trovata, una buona idea, un qualche guizzo del genio che fu, mai… D’altro canto è indubbio che la curva qualitativa delle sue produzioni (e della sua creatività) sia mostruosamente in discesa da molti, troppi anni. Le due cose però possono stare tranquillamente assieme e basterebbe un minimo di obbiettività per vederlo. Sparare a zero “contro” o “per” fa più figo, costa meno e in genere fa il botto.
Attenzione, non ho scritto che in “ogni” film di Argento ci siano guizzi di genio, ma che nei film di Argento, anche quelli più recenti e quindi più scadenti, pur nel mare di mediocrità, c’è sempre qualcosa di interessante. Mi riferisco anche solo magari ad una inquadratura particolare, un dialogo (miracolosamente) riuscito, un’intuizione cromatica, di fotografia, un’atmosfera accattivante, un dettaglio brillante, eccetera.
 
 
Fino a Suspiria credo ci sia poco da sindacare, il cinema di Argento era pura invenzione visiva e narrativa e senza quel lotto di film (1970 – 1977) non avremmo avuti altri millemila registi che ci sono piaciuti e che altrimenti non sarebbero mai neppure esistiti “artisticamente”. Inferno è un po’ uno spartiacque (curiosamente pure il mio film preferito, poi se volete, vi spiego perché); pregi e difetti iniziano a contaminarsi e confondersi.
Argento non dirige i propri attori; se fino a un certo punto, tutto sommato gli aveva detto culo, essendo incappato in ottimi professionisti, progressivamente questa sua totale assenza di autorità sugli interpreti del film inizia a farsi vedere, sentire e soprattutto a pesare. C’è chi individua nella temibile Asia Argento il capro espiatorio (su questo mi riservo di aprire un capitolo a parte prossimamente); di certo Emanuelle Seigner (Giallo) o Julian Sands (Il Fantasma dell’Opera) non hanno fatto meglio. Le trame diventano sempre più inconsistenti, sconclusionate, evanescenti, del tutto assoggettate al potere iconografico dei deliri visionari di Argento (su alcuni dialoghi in sceneggiatura, stendiamo un sudario pietoso…). Anche le innovazioni tecniche che il regista aveva apportato con le sue mirabolanti macchine da presa sempre all’avanguardia, fatte venire apposta dall’estero, le sue riprese acrobatiche, le soggettive “assassine”, il suo culto per i cromatismi di Bava, l’importanza dei dettagli, il montaggio, l’uso delle musiche, tutti i parafernalia di Argento insomma si riducono sensibilmente in termini di peso specifico, lasciando il posto ad una visione più scolastica del film. Dagli anni ’90 in poi Argento inanella una serie di pellicola magari dignitose ma modeste (Trauma, Il Cartaio, Non Ho Sonno), mediocri (La Sindrome di Stendhal, Il Fantasma dell’Opera), anche pessime (Giallo, La Terza Madre).
 
 
Argento non si fa voler bene neppure quando improvvisa presunte trilogie del tutto estemporanee (che La Terza Madre fosse il capitolo conclusivo delle Tre Madri di De Quincey, dopo Suspiria e Inferno, e soprattutto che la saga fosse stata progettata sin dal ’77, è una gran bufala, dai). Tuttavia ho sempre pensato che i “difetti” di Argento così costanti, marcati e riconoscibili, abbiano creato un trademark che ha contribuito a rendere il suo cinema del tutto particolare. Il suo approccio al cinema era e rimane naive, fanciullesco, ingenuo, sincero, spontaneo. C’e sempre dell’entusiasmo in ogni progetto che Dario mette in piedi, è palpabile. Questo crea un rapporto di affetto inscindibile con lo spettatore, disposto a seguirlo anche nella consapevolezza che gli ultimi 3 lustri abbiano portato in dote film affatto esenti da critiche e cadute. Si potrebbe stare una giornata ad elencare inesattezze e passi falsi di ogni film di Argento, ma ciò non mi toglierebbe in nessun caso il piacere di sedermi in sala per assistere al “nuovo film di Dario Argento”, che potrà piacermi o meno, ma che guarderò volentieri e senza pregiudizio, ben disposto a scovarne pregi e, laddove  vi siano, anche tutti i difetti. Non vedere un suo film mi dispiace, ci sto male. Devo farlo, comunque sia. Non fosse altro perché Argento ha contribuito alla mia formazione adolescenziale. Non fosse altro perché ha scritto alcuni tra i più bei film della (mia) storia del cinema; gli devo almeno il prezzo del biglietto.

Marco Benbow