Steel Panther – Trollin’ Ain’t Cheatin’

1 – UNA PANTERA IN FUGA DALLO ZOO DI YOUTUBE!

In quest’epoca noi siamo dei ribelli perché molte persone hanno paura a indossare spandex e make-up. Noi siamo la nuova alternativa, anzi siamo l’alternativa all’alternative. Un tempo l’alternative era l’alternativa al metal, oggi è il metal a essere l’alternativa all’alternative – Michael Starr – Rock Hard 2012

Sembra facile parlare degli Steel Panther ma non lo è per nulla. Sono una joke band che prende per il culo l’hair metal o magari sotto sotto fanno sul serio? Probabilmente tutte e due le cose. E altro ancora. Non si tratta soltanto di una parodia. Non sono gli Spinal Tap. Non li ha creati uno sceneggiatore. Non sono attori prestati al gioco del metal. Si tratta di gente che comunque farebbe ciò che fa. Michael Starr su tutti. Lui è il vero residuato bellico della scena anni 80, vissuta profondamente nelle retrovie. Senza gli Steel Panther lui sarebbe ancora il cantante degli Atomic Punks, cover band dei Van Halen.

Quando i Tap fecero la reunion a inizio anni 90, si esibirono al concerto di addio a Freddie Mercury e furono tremendi. Il brano faceva abbastanza schifo anche per una commemorazione. Avevano le parrucche, interpretavano un ruolo come i Panther ma non erano musicisti al loro livello. Non possedevano metà della loro potenza.  

Death To All But Metal, singolo di lancio che ha rivelato al mondo la band di Michael Carr, è probabilmente il primo autentico cenno di vita da sotto la montagna di cadaveri hair metal che il tornado grunge (e l’alternative rock, il brit e l’hip hop) avevano cumulato in tanti anni. Ok, non mi dilungo su tutta ‘sta storia di come MTV e un paio di produttori senza scrupoli espulsero le band glam anni 80 da ogni palco a vantaggio di certi pischelli depressi con i pantacollant sotto i bermuda. È acqua passata. Oggi il metallaro ammette di aver sempre rispettato gli Alice In Chains (e anche i Soundgarden non erano male) però è felice di potersi comprare il cd nuovo dei Bangalor Choir by Frontiers alla faccia di Jack Endino.

Gli Steel Panther hanno da dire due parole su tutto quanto il fottuto music biz dominante e tirano fuori un’invettiva fatta di nomi e cognomi che alla fine lascia a bocca aperta. In pratica il loro disco d’esordio Feel The Steel è esattamente dove i Motley Crue si fermarono. Successe qualcosa tra Dr. Feelgood e il disco omonimo del 1994 (grandioso, è vero) e dopo la band di Sixx non si riebbe più, anche se ci provò in sordina com New Tattoo e S.O.L.A. (nome omen).

L’uscita del documentario The Decline Of Western Civilization III (The Metal Years) fu una trappola per l’hair metal e persino i Crue, la band che quegli anni avrebbe dovuto difendere la scena di Los Angeles, rivendicarne con orgoglio ogni eccesso, finì per affossarla in una specie ci retorica rehab da redenzione biblica in puro stile american pie.

I Panther prendono la parte del documentario in cui Chris Holmes, che ubriaco come la merda si doccia con una bottiglia di Vodka e insulta la madre piangente sul bordo della piscina; Paul Stanley ricoperto di donne nude; e tutta la marmaglia farneticante di tossici idioti di quel documentario; ne fanno un manifesto artistico condito di  lacca, spands, eroina, cocaina, Rainbaud punk e peni in lattice. Signori, vi ricordo che questo è il rock and roll.

Per noi  non è cambiato molto con l’AIDS. Non ci piace usare il preservativo perché la donna deve sentire che la stai scopando con il tuo cazzo. Piuttosto devi essere pronto a tirarlo fuori nel momento giusto perché non vogliamo sorprese dopo nove mesi. Poi nascerebbero dei bambini che noi non vogliamo riconoscere e quelle poverette finirebbero per darli in affidamento e venderli in cambio di cocaina. So che sono situazioni orribili, anche solo a dirsi, però queste sono cose che accadono in California. Così per evitare ogni rischio meglio fare una bella schizzata in faccia e risolvere tutti i problemi. – Steel Panther 2014

Ok, non fanno sul serio. Non sono veri debosciati in rigurgito dalla Hollywood anni 80 ma nemmeno i Deicide erano veri, eppure tutto il mondo clericale si scandalizzava per le menate alla Charles Manson di Glen Benton. E lo stesso vale per quasi tutte le band metal e rock di sempre. Marilyn Manson non era realmente un vampiro satanico. Alice Cooper non è mai stato la reincarnazione di una strega del 600 o giù di lì. King Diamond non può volare o fare incantesimi, i Venom non adoravano Satana e Babbo Natale è morto… ma quando era vivo non l’avrei lasciato solo con le mie figlie due minuti.

Quindi, da questo punto di vista, gli Steel Panther sono fasulli come tutti quanti. Forse rispetto agli altri loro sanno che lo sappiamo e quindi non ci stanno ingannando. Per quanto poi qualcuno ci caschi davvero. Ergo, loro in fondo in fondo, tanto falsi neanche lo sono! La cosa più importante è che musicalmente sono verissimi e fanno l’hair metal più fico che ci sia nel 2017. I Deicide non riescono a suonare Legion, dal vivo, tanto per restare su di loro. Insomma, vi sembra poco?

Oggi molte band suonano la stessa roba dei vecchi Crue, si vestono con bandane e calzoni pacchiani superattillati e non scrivono testi sulle tette e le gangbang ma è come se in fondo non fossero credibili. Non si tratta soltanto di un songwriting essenzialmente mediocre o al più modesto e privo di una direzione stilistica, incastrato in un cammino evolutivo di una sotto-cultura musicale nata con i Van Halen e finita con i Nirvana, è proprio il senso di inattualità di cui sono dimessi porta bandiera con le pezze al sedere. Band come gli H.E.A.T. (e sto citando un nome tra i migliori) sembrano innaturalmente abbarbicate a un mondo culturale congelato nel 1989. Anche gli Amon Amarth sono nelle stesse condizioni, vivono in un passato anche più remoto e morto ma che volete, oggi i Vikinghi sono cool. Le glam band non più.

Quella di Crazy Lixx, Brother Firetribe o The Poodles può essere una scelta artistica e non è questo il luogo per discuterne, di fatto però gli Steel Panther, prendono le cose del 1989, le fanno dieci volte meglio e in più non tengono la porta chiusa al mondo di merda in cui vivono: parlano di bluetooth, Itunes, Pornhub, star dell’hip hop, cerimonieri di MTV, attori sballati di Hollywood, dive indipendenti della rete e neo-catecumeni del modern metal, c’è posto per tutti nella tana del felino in lega, venite e sottovalutatelo. Vi sbranerà mentre non avete ancora finito di ridere!

Avete mai rivisto i vecchi clip dei Warrant, Dokken e Ratt? Oggi sono insostenibili, mettono imbarazzo anche in chi ama quei gruppi. Trent’anni fa, i loro video guasconi, sexy, sopra le righe, facevano impazzire la gente che ci definiva le spese sul guardaroba, sognando di avere un etto di quella figaggine… ma ora? Ora è chiaro: erano ridicoli, impossibili e il solo posto dove un simile vestiario e un’attitudine così scema potrebbero avere ragione di esistere oggi è a una festa di carnevale o in un sottopalco del Wacken. Gli Steel Panther riprendono tutto quello schifo e lo sbattono in faccia al mondo in una fiera dichiarazione di guerra alla superficialità e il macchiettismo della moda usando le sue stesse armi. Loro in fondo sono solo una vecchia moda che rifiuta di starsene nella tomba di YouTube.

Ovviamente non fanno questo e basta, vogliono anche ricondurre la gente a capire il perché le band hair anni 80 andavano così forte e perturbavano tanto le autorità moraliste. Erano fottuto sesso, festa e droghe. Erano totale caos. E oggi c’è bisogno di una band come la loro nel rock. Fateci caso, nel 1985, quando l’amministrazione Reagan rompeva il cazzo con la censura, c’erano decine e decine di copertine rock e metal censurate ogni mese, c’erano clip tagliati e dischi banditi dai negozi. Oggi che nessuno rompe più le palle, gli artisti si censurano da soli. Non c’è stato un momento più moscio e canonico per il metal di quello degli ultimi anni. Lasciate perdere il porno grind e i gruppi black in fissa con le capre, quello è l’underground. Io parlo delle band che hanno un vero contratto con una major e possono rompere sul serio il cazzo ai benpensanti. I Linkin’ Park, i Nickelback, gli Avenged Sevenfold, gli Slipknot… sembrano educande in confronto a W.A.S.P. o persino Whitesnake. In questa mota di cazzi mosci deflagrano gli Steel Panther, quindi. Finalmente una band che rompe il culo e il cazzo (perdonate la goliardia anatomica).

Una e basta, sia chiaro. Gli Steel Panther sono una meravigliosa rondine che vi scacazza in testa da grandi altezze inarrivabili di perfidia e pessimo gusto di gran classe ma non fanno primavera per il glam di Nikki Sixx. Lui questo lo sa e infatti non solo chiude con i Motley ma riparte dai Sixx A.M., che per quanto dichiarino una parentela con un certo tipo di rock duro del passato non sembrano certo usciti dal 1986. I Panther sono una voce unica in tutti i sensi ma cazzo, come la sentiamo grossa e dura quando Starr attacca le sue strofe pornofile, sembra venire dai polmoni del tempo, non vi pare?

2 – FUCK THE GOO GOO DOLLS!

Fuck the Goo Goo Dolls, they can suck my balls

They look like the dorks that hang out at the mall

Eminem can suck it, so can Dr. Dre

They can suck each other, just because they’re gay

They can suck a dick, they can lick a sack

Everybody shout, “Heavy metal’s back!”

Al di là dei nomi citati, che già dopo qualche anno possano rendere un tantino datato l’attacco, il senso è proprio questo. Fanculo a tutte queste ballerine, fanculo a tutto quello che oggi ci viene imposto come coool, l’heavy metal è tornato, anche se nessuno lo vorrebbe rivedere in giro. Ok, è un po’ la stessa cosa che dicono sempre i Manowar ma l’ironia dietro ai testi di DeMaio non si coglie proprio bene (vi assicuro che c’è) mentre gli Steel Panther sanno esprimere bene lo spirito troll, cinico e wannabe di questi tempi.

“Ci piacciono gli Spandex ma non viviamo nel passato”, urlano fieri. “Noi non vogliamo bivaccare in un’isola felice tra il 1981 e il 1985. Noi siamo come degli alieni, dei Terminator maculati che una macchina del tempo complice ha sputato direttamente a… ora! Il video di Death To All But Metal è proprio così. In una classe del 2004, tra una ventina di pischelli da film slasher alla Scream, c’è un metallaro disagiato e un po’ autistico che compita scarabocchi mortiferi fregandosene delle lezioni e di chi ha vicino. Interpellato dalla hotty teacher alla Van Halen sa solo dire che gli frega del metal e il resto può morire. Inaudito, rimangia quello che hai detto, sfigato! Ma booom, ecco la cavalleria in borchie e lustrini. Come i Kiss, gli eroi dell’acciaio, i Crue di Looks That Kill e i Twisted Sister di We’re Not Gonna Tale It questi quattro ceffi assassini avanzano tra i banchi, portano l’euforia e la voglia di travolgere tutto con party, fica e droghe. Si ride, si ghigna, ma alla fine il metallaro vero che annuisce compiaciuto da piedi alla tastiera del suo pc si ritrova in testa una grande canzone. Dirò di più, probabilmente Death… è il pezzo che io, frustrato in fissa con i Ratt per oltre 20 anni, aspettavo di sentire dal 1993. Doveva nascere internet e il concetto di troll per realizzarlo.

UNA BAND DELL’ALTRO MONDO!

Gli Steel Panther vengono dal Sunset Strip? Naaaa. Si spacciano per una band hair anni 80 che al tempo non ce la fece, ma in realtà, se escludiamo Michael Starr (vero nome Ralph Saenz) già cantante per L.A. Guns e Long Gone (Who????), sia Satchel (Russ Parrish) chitarrista con un’esperienza nei War And Peace di Jeff Pilson (ex Dokken) ma soprattutto nei modernisti Fight di Halford, che il batterista Stiv Zadinia (Darren Leader, coinvolto assieme a Parrish nella misconosciuta alternative rock band con velleità autoriali The Thornbirds) sono venuti su nei vent’anni in cui l’hair metal era morto e sepoltissimo e stanno a quella realtà come i Ghost al monachesimo occulto in salsa Discostù.

Eppure proprio questo loro modo di inscenare un rimasuglio della L.A. di Morte a 33 giri, permette agli Steel Panther di essere ancora temibili come i Motley anni 80 di Sixx e Lee.

Oggi Tipper Gore è un po’ in ognuno di noi, in un’epica di porno in rete e seduzioni in chat sembriamo tutti bloccati in una specie di infantilismo sentimentale fatto più di like e condivisioni col mouse che di pene e lingua. Quindi il perenne inno alla carne, e alle zingarate erotiche dei Panther, di certo non nuovo, finisce quasi per suscitare una specie di shock nel pubblico giovane.

La loro retorica macho è ambigua proprio perché così spudorata. Sembrano ritentare in modo assai più intelligente la carta dei vecchi Manowar. Pleasure Slaves (da Kings Of Metal) fu un pezzo incompreso e molto spregiato dal pubblico, specie quello più bigottamente femminista. Poi un giorno alcune donne ebbero il coraggio di ammettere pubblicamente che una canzone così loro la capivano e apprezzavano, ed erano normali ragazze ben integrate e senza la tessera del club BDSM locale. Pare che Ross The Boss ancora non riesca a dormire di notte per averla composta, quella canzone ma io la trovo grandiosa e lascivamente sensuale. Da fastidio ma dice una verità. Il rapporto uomo-donna è sempre quello delle vignette preistoriche della Settimana enigmistica. Lui con il manganello a forma di zucca in una mano e nell’altra la chioma di una femmina, la quale si lascia trascinare e intanto dice “Attento a quel masso!… Stai lontano dalle pozzanghere… Non attraversare!”

I Panther prendono quell’incipit dei Manowar (e di Zappa) e sviluppano in un megaconcept le stesse considerazioni sessiste e inaccettabili. Sono ridicoli, disgustosi, insopportabili ma ben prima che ve ne siate resi conto, la vostra ragazza è sotto al tavolo che gli lecca le palle. Lo sapete che è così e lo sanno anche loro, the giiirrls, che puntualmente ai concerti dei Panther sventolano le tette e urlano eccitate, confermano la cosa. Vi ricordate la fighetta che succhiò il cazzo a Nikki Sixx e poi si commosse e lo ringraziò con ancora il sapore del suo sperma in bocca? Non era una mentecatta, solo il vostro peggior incubo. Quella ragazza aveva una vita, amori finiti, cuori spezzati alle spalle, come la bellezza che vi dorme a fianco tutte le notti. Non sto generalizzando, solo dico che sulla natura femminile ne sappiamo poco e a volte sembra che le donne stesse non la conoscano fino in fondo nemmeno loro. I Panther ce la cantano e suonano più lunga di quanto vogliamo sentirla. Loro stanno solo scherzando, non pensano alle implicazioni catastrofiche della propria retorica “sesso a go go con tua madre”, ma non è mai compito di un artista capire effettivamente la portata del proprio messaggio. E perché, la moglie di Bruce Dickinson che sgattaiolò di nascosto nelle camere dei miliardari tatuati Crue, nel 1988 e glielo succhiò a tutti quanti all’insaputa del marito con due lauree, spocchioso e gran vate del metal che li disprezzava di nascosto? Ecco un’altra parte ancora dello stesso discorso. E non ditemi che sono solo delle troie, altrimenti voi siete i veri Steel Panther. Loro, per quanto dicano cose che un uomo non avrebbe mai il coraggio di comunicare alla donna che ama, non insultano mai le ragazze che raccontano di scoparsi. Dietro le schermaglie a luci rosse c’è rispetto, complicità, ironia e amore. A volte prendono per il culo la stupidità di alcune femmine ma cazzo, l’ipocrisia lasciamola a Peter Frampton o Jackson Browne. Voi non li capirete mai fino a qui ma vi assicuro che le vostre fidanzate, soprattutto quelle che fingono di non apprezzarli molto, sanno bene di cosa parlano gli Steel Panther e non si sentono per niente offese ma divertite.

Girls wanna have fun, diceva Cindy Lauper (io aggiungo: senza che poi qualcuno le faccia sentire delle mignotte). Ci volevano gli Steel Panther a ricordarlo? Ovviamente si tratta di una reinterpretazione meta-reale di un certo entertainment d’antan, ma cazzo, il concetto è vero e prezioso. In fondo i Panther spaventano più di un qualsiasi gruppo alla Cannibal Corpse che vorrebbe usare un paletto di frassino al posto del pene piccolo che si ritrovano.

3 – LO SENTI L’ACCIAIO?

Lui è il nostro idolo perché non si sa neanche quante donne si è fatto mentre era sposato. (Michael Starr a proposito di Tiger Woods)

Feel The Steel è non solo un grandissimo album parodia ma anche un eccellente disco metal. Fa ridere ma ha riff e melodie fresche, efficaci, vive. Di sicuro è l’album che ha più intenti caricaturali rispetto a Balls Out e All You Can Eat. Ovviamente ogni cosa i Panther concepiscano ha mire dissacratorie verso qualcosa o qualcuno però su Feel The Steel ci sono pezzi che stanno in piedi in ogni caso perché sono grandiosi (Fat Girl, Eatin’ Ain’t Cheatin’, Asian Hooker, Stripper Girl) mentre certi altri hanno solo il limite di basarsi su un modo di fare hair metal fin troppo sputtanato: Party All Day (Fuck All Night) ripiglia i Bon Jovi di Slippery When Wet; Girl From Oklahoma (in ogni caso stupenda) rimanda alle ballate acustiche di Extreme e Mr. Big. Sono bei pezzi ma risentono un po’ dell’intento caricaturale. Sono alla Nanowar Of Steel, per capirci: senza conoscere gli originali non si capisce cosa ci sia da ridere. È come se lo sbertuccio verso questi modelli commerciali (che tante volte sono stati emulati dalle band “serie” di seconda categoria, nella speranza di ripeterne il successo clamoroso) fosse l’intento principale. E in fondo è fin troppo semplice. Quando capita ho sempre l’impressione che gli Steel Panther si stiano sottovalutando. Avverto proprio un calo vertiginoso nella forza dei loro dischi.

Balls Out è un passo avanti in questo senso. Secondo molti è la dimostrazione che la pantera sia prigioniera di una gabbia che si è scelta da sola, ma non è così. I pezzi sono tutti in linea con lo stile del disco precedente però rendono bene anche se uno non pensa ai Crue o i Poison. Voglio dire, Just Like Tiger Woods è un brano incredibile. Non si parla di funny metal in stile Satirday Night (non è un refuso ma un raffinatissimo gioco di parole). Qui c’è una canzone che sa dei migliori Def Leppard e basta. Andatevela a sentire, cazzo. Nei più riusciti casi, gli Steel Panther (ma anche nei peggiori) non si avverte mai quel senso di malinconia e depressione che in fondo si riscontra anche nel più bel disco dei King Kobra post-reunion (e sto parlando di uno dei pochi buoni esempi del ritorno agli 80’s di metà anni dieci a oggi).

Gli Steel Panther sono vivi e in mezzo a noi, guardano la realtà a testa alta e, per quanto in modo un po’ hipster facciano bandiera di un sottogenere musicale reclamando un’identità posticcia, conducono l’hair metal al presente. Nessuno avrebbe potuto scrivere un pezzo su Tiger Woods senza indossare gioielli posticci e ‘smackare’ culi ebony e oliati tra una rima e l’altra. I testi delle super promosse cosche hip-hop sono tanto surreali e volgari delle cose che canta Michael Starr. La verità è che il rock da troppo tempo si ciba di ricordi e lascia ai negri (direbbe Burzum) tutto il divertimento.

I Panther guardano avanti facendo tesoro dei migliori maestri dissacratori del passato: ok per gli Spinal Tap, ma io penso molto di più all’umorismo corrosivo di Frank Zappa. Anzi, sono sicuro che oggi lui scriverebbe testi come i loro. Zappa anticipò il cinismo e l’ironia ferocissima di internet, la pornofilia, già quarant’anni fa descriveva il disinteresse sociale mascherato da posa impegnata, la smania di segarsi e farsi di droghe (vegane o chimiche) delle nuove generazioni. Forse esagero un po’ ma i Panther raccontano di tutto questo, in fondo.

4 – SO MANY BUKKAKE TEARS

All You Can Eat è secondo me il loro album migliore. Grande produzione, pezzi da paura, volgarità e scemenze a go go. GloryholeThe Burden Of Being Wonderful (David Lee Roth che incontra i Leppard) sono fatti di testi imbecilli, offensivi e fuori di capoccia ma la musica è davvero speciale. Su quegli arpeggi e accordi puoi dire qualsiasi cosa. Persino Bukkake Tears (che sembra una rivincita gangbang di I Saw Red dei Warrant) parte con quel giro pulito che stordisce per quanto è bello. Il passaggio alla Whitesnake e Doug Aldrich e il ritornello alla Dokken stendono definitivamente a tappeto ogni riserva: grandiosi! Si finisce per cantare a gran voce con i peli sulla schiena tutti sull’attenti.

È una cosa alla quale molte band, specialmente le nuove band, non prestano attenzione: la melodia, i testi…io personalmente quando ascolto una canzone voglio qualcosa che mi prenda, che mi faccia cantare e che mi faccia dire “diavolo, voglio sentirla ancora!” – Satchel – Metallus 2014

Ho nominato lo zio Frank, cosa inevitabile quando si affronta una band che offende e spernacchia, che usa il sesso per scuotere, smascherare e divertire. In effetti alla base di tutta la poetica dei Panther c’è un brano di Zappa. I Have Been In You. Questo pezzo bersaglia una ballata di Peter Frampton e tutto quello che rappresenta. Gli Steel Panther, soprattutto nei lentoni come If You Really,Really Love Me o Girls From Oklahoma, fanno la stessa cosa ai Poison e i Warrant, Bon Jovi e gli Europe. In fondo le ballate metal anni 80 erano la versione più loud del pop emotivamente porno che Frank Zappa tentava di denunciare con quel suo brano: un ragazzo carino, dall’aspetto ribelle e rude, che manda avanti la chitarra e i sentimenti ma che in fondo vuol solo fottersi tua figlia. La guarda dal poster sul muro, con i suoi capelli adorabili, il sorriso smarrito, l’aria innocente e un po’ fragile ma se potesse uscire dal poster e materializzarsi nella stanza la metterebbe a pecora. Perché il fine ultimo di una ballata di Frampton o di Heaven dei Warrant o di qualsiasi pezzo di Bon Jovi e oggi di Justin Bieber è quello. Scopare. Anche se lo chiedono dolcemente, anche se usano i cori gospel, vogliono fottersi ogni baby oh baby e tutte le sue amiche. I Panther non usano mediazioni, vanno dritti al sodo.

Ci sono anche i Gwar. Lasciate perdere che quelli si vestivano da mostroni alieni, gli Steel Panther si vestono da glam rocker anni 80. Cambia poco. Sarebbe fin troppo facile far passare questa band in una provocazione di spessa caratura intellettuale e sicuramente Ben Stiller avrebbe potuto ricavarne una versione metal di Zoolander, ma in fondo non è così. Insomma, siamo sinceri. Michael Starr non ha mai letto Braudillard (e nemmeno io). Eppure, come dice Satchel un po’ piccato, qui non si tratta nemmeno di una banale band che percula e basta. Anche perché se mettiamo a confronto i Panther con roba tipo i Keel, Pretty Boy FloydHelix e N.I.T.R.O. ditemi cosa cacchio vuoi parodiare che non si sia già parodiato da solo, nell’hair metal? Di sicuro vanno oltre ma pensate a pezzi come Animal (Fuck Like A Beast) dei W.A.S.P., She Goes Down dei Crue. Pensate al brano dei Guns Rocket Queen con la scopata registrata in diretta o a gran parte della prima produzione dei Red Hot Chili Peppers e Sugar Ray, i primi AC/DC di Big Balls, gli Aerosmith di Love In An Elevator e che dire di Prince? Era il più porcellone di tutti. Sapete che la crociata della Gore cominciò perché papà Al scoprì la figlia a toccarsi in cameretta mentre si sentiva Darling Nikki?

I Panther sono più espliciti ma la carica sessuale e la voglia di scandalizzare è la stessa. Si comportano come dei pagliacci? A me sembrano pari pari i Motley di The Dirt prima della disintossicazione. I videoclip sono idioti? In fondo anche quelli dei primi Twisted Sister lo erano. .

La dimostrazione che gli Steel Panther non sono solo una parody band è proprio nella gran quantità di idee che ci sono nei loro album. Ne trovate il triplo che nei dischi di Ratt, Black N Blue, Warrant post reunion. Inoltre il loro metal glam funziona come quello del passato perché dietro ci sono i soldi e un lavoro di produzione all’altezza degli standard del 1991. Mentre un disco dei Whitesnake di oggi sa tanto di fatto in casa, come il 99 per cento dei prodotti usciti via Frontiers, gli Steel Panther escono con la UNIVERSAL e dimostrano che se dietro c’è un’etichetta grande che ci mette la crana, anche l’hair metal può tornare a essere grande.

5 – BUT NOW THE FUN’S OVER!

Il nuovo disco per la verità non l’ho capito del tutto. A un primo ascolto sembra semplicemente più fiacco degli altri. La produzione è un po’ deboluccia, specie la batteria. Provate a passare da un qualsiasi brano di All You Can Eat a Goin’ in the Backdoor. La batteria è moscia, le chitarre più rozze. Anche le composizioni non sono irresistibili. Qualitativamente non c’è nulla che sia all’altezza di Pussywhip. C’è del buon hair metal pure qui (Wrong Side Of The Tracks e Pussy Ain’t Free sono ottime, i Dokken se le sognano) ma affiora un po’ di stanchezza e un pizzico di amarezza al fondo di Lower The Bar, non trovate?

Saranno un po’ stanchi, gli Steel Panther… In fondo sono quasi dieci anni che non si fermano mai. L’ultimo disco sa tanto di “pratica da sbrigare a fine contratto”. C’è un fondo di svogliatezza e prevedibilità. Per dire, I Got What You Want ha il bridge che è similissimo al ritornello di Gloryhole e poi quando ti affidi a una cover per promuovere il tuo album c’è sempre qualcosa che non torna. She’s Tight è un gran pezzo, suonata bene ma dobbiamo ringraziare i grandi Cheap Trick, e riscoprire l’originale. Come scelta sa un po’ di fiato corto.

Però sapete come mai ci si diverte di meno su Lower The Bar? Secondo me perché zitti zitti gli Steel Panther hanno fatto un piccolo salto nel buio. Non tutti i brani sono ironici, scemi o fuori di testa. A tratti c’è pure… roba normale. When You Came In And Blew Me è una ballad in stile L.A. 1990-91 di qualità ma se andate a leggere il testo o sentire le parole, non arriva nessuno scherzo, niente doppi sensi, né colpi di scena. C’è solo un rocker stanco di scopare, far festa e ritrovarsi sempre solo nella sua cuccia con l’impressione che la sua vita sia piena di idioti. A un certo punto incontra lei e lei è speciale e quasi quasi se la sposerebbe. Giuro, non avviene altro. E che dire di Wrong Side Of The Tracks (On Beverly Hills)? Sembra avere risvolti autobiografici amari e scazzati. Certo però che Now The Fun Starts è il vero enigma. Se leggi il testo ti dice le solite puttanate sugli Steel Panther che arrivano a fottere tutto e tutti e invece la musica pare una roba da inseminazione alternativa del glam del 1994. Roba da camicia di flanella e bermuda. Questo brano ricorda gli Shotgun Messiah di I Want More e magari anche un po’ i Warrior Soul di Ghetto Nation. C’è un’atmosfera ipnotica e quasi minacciosa. I Crue avrebbero potuto uscire con un pezzo del genere, magari nel ’93, tra gli inediti di Decade Of Decadence e l’omonimo del ’94. Pussy Ain’t Free invece ha un testo che sembra scritto da un Max Pezzali particolarmente livoroso con mondo femminile:

La fica non è gratis, lasciamelo dire, fratello!

Pagherai per quella roba in un modo o nell’altro!

Te la farà pagare quando

sei uscito con i tuoi amici

per ogni messaggio che scegli di ignorare

Al tuo ritorno, interrogatorio

Il tuo uccello sta per essere torturato!

Sentite, c’è quella filosofia da Jolly Blue Bar dove tutto alla fine è un’inculata, ve lo dice Cesco… avete presente? Una riflessione schietta e spicciola sulla vita normale e le sue fregature. Rispetto alle sparate pseudomachiste e le macchiette di donne tormentose, vogliose, sceme o persino handicappate (Handicap Slut, ovvero Gwar reload) qui siamo davvero a un punto delicato. Non so quante donne continueranno a sollevare i maglioncini per mostrare le tette dopo un pezzo del genere. Il gioco del femminismo machista non regge qui. Ed è come se gli Steel Panther fossero semplicemente stufi di recitarlo. Anche questa canzone poi, strutturalmente e tanto per cambiare, ha dei risvolti inaspettati. Badate: la prima parte del pezzo è musicalmente in stile Skid Row 1990-91. Verso la fine però ecco un arpeggio alternative alla Motley Crue di Generation Swine, quando Sixx era in fissa con Smashing Punpkins e Depeche Mode e Starr ci conclude la disamina con una melodia un po’ dimessa, toccando punte di esistenzialismo cosmico…

Questa non è una scelta che fai

è solo nella tua testa

Questa non è una scelta che fai

è solo nella tua testa!

Cosa non è una scelta? La fica che si paga? Ma di che cazzo parli, Michael? Ti è calata la botta?

Wasted To Much Time è un altro lento da manuale dei cuori risentiti. E a parte la rabbia non c’è sarcasmo o voglia di non prendersi sul serio. Qui è solo un uomo arrabbiato per aver sprecato il suo tempo con una stronza che voleva cambiarlo mentre lui desidera solo essere se stesso. C’è un tono borioso, volgare, ma alla fine si ride poco. Sembra che gli Steel Panther siano immersi così tanto nei personaggi da abbandonare il paracadute della caricatura. Io li adoro per questo ma forse è un errore.

Tra le bonus track del nuovo album poi vi consiglio di scovare Momentary Epiphany, un lento piano-voce-cori che sembra più una roba dei Pain Of Salvation che degli Steel Panther. Le parole sono dolorose, profonde. Si parla di paura di vivere e dipendenza dalle droghe e non c’è davvero nulla da ridere. Una coppia di tossici si confronta tra buoni propositi e disperate ricadute.

Insomma, in un certo senso Lower The Bar, considerato il lavoro di ristagno dei Panther è invece il più temerario e imprevedibile. Ha solo il problema di un songwriting un po’ scoglionato e una produzione affrettata. Tornando poi al machismo dei Panther,  la scorrettezza, la mancanza di rispetto per un genere che ha fatto la storia… Voi ci ridete su ma sappiate che c’è davvero gente che non li sopporta e non li accetta, per questo, giuro. Di solito sono gli stessi che comprano ancora i vinili e non sanno cosa sia Spotify. Poi ci sono le femministe dietrologhe con il cervello di noce, i metallari con il cervello da femministe e… i Motley Crue.

Avete letto bene. Pare che a esclusione di Vince Neil, che ha poi duettato con loro in una versione per lui penosissima di Live Wire, il resto dei Saints Of Los Angeles non ama gli Steel Panther. Tommy Lee si è rifiutato di averli come spalla in concerto e Nikki Sixx ha detto che non sono roba per lui perché testualmente, ha sempre preso molto sul serio la propria musica. E i Panther no? Oh my cock!