Amore e garroni – Tre cose che possono aiutarmi a vivere meglio se non me le scordo!

Salve, salvino miei cari puledrino. Lo metto al singolare per fare la rima, se avessi messo al prulare “salvino” sarebbe venuto fuori il nome di un politico che non mi piace. Dire un politico che non mi piace è un po’ come dire un dilatatore anale che non mi piace. Come se ce ne fossero di piacevoli… Parliamo d’altro. Sto scrivendo per la domenica ma è sabato pomeriggio e sto ripensando al venerdì sera, pensate che bordello! Ieri ho rivisto Ruggiero Cavallo Goloso Musciagna, la sua signora Francesca e poi c’era lo Zio Putre (Zebraflex). Tutti e quattro abbiamo fatto una bella riunione redazionale che ci è stata utilissima a bere birra di qualità (merito della sapienza dello zio) a mangiare una buona pizza e a spararci addosso montagne di cazzate. Di solito è così che ci vengono fuori le idee migliori per il blog e magari qualcosa sta già fermentando nella testolona di qualcuno di noi. O più probabilmente NO!

Abbiamo cenato a Trastevere “core de Roma”. Di solito io ci passo il sabato mattina con il furgone pieno di ciccia, diretto al mercato di Garbatella, e mi capita di gettare un’occhiata e vedere scale e vicoli pieni di sporcizia. Ieri sera ho girovagato tra i responsabili di quel casino nel mentre si abbandonavano alla convivialità e all’inquinamento. Poi abbiamo pensato male di andare a un concerto sull’Appia antica (mi pare) e la serata è finita troppo presto per assistere agli headliner e troppo tardi per la mia levataccia di sabato mattina. Non importa. Era troppo bello rivedere gli altri cavallucci, ieri sera. Abbiamo indossato le maschere tutti insieme. Quando succede si avvicina sempre qualcuno. Non pensano che stiamo per fare una rapina. Credono solo che siamo dei buontemponi da accalappiare per un selfie.

Poi ci domandano perché siamo così in fissa per i cavalli. Non è facile rispondere a questa domanda. Io neanche ci provo più. Oggi sono di umore difficile e questo caldo non aiuta. Ho creduto come quasi tutti alla bugia che dalla seconda settimana di Agosto ci sarebbero stati forti cali di temperatura e temporali a non finire. Tuoni, lampi e scrosci di mezzo pomeriggio ne abbiamo avuti dalle mie parti, quanto alla diminuzione delle temperature però lasciamo proprio perdere. Comunque è un periodo davvero strano della mia vita, gente. Tanto strano. Sono stato messo in cassa integrazione dal mio matrimonio. So che non riavrò il mio posto e intanto cerco di crearmene uno nuovo. Sto molto meno peggio di quanto la gente si immagini, in realtà. A volte ricevo abbracci e sguardi da tumore in fase terminale, ma è sempre bello quando gli altri ti dimostrano affetto, seppure in maniera un po’ cupa.

Ci sono tre cose che ho realizzato nel corso dell’ultimo anno. Tre cose che ho messo bene in chiaro nella mia testa e che vorrei tanto non scordare mai. Purtroppo nella vita funziona così. Mentre restiamo sul bordo della piscina a boccheggiare, ci rendiamo conto di tante cose, poi una mano ci trascina di nuovo in acqua e tutto quello che era così chiaro nella nostra testa fino a poco prima, se ne va con le bolle che ci escono dal naso. Tenete presente che io non so nemmeno nuotare. E a volte il non saper nuotare è una condizione esistenziale di una vita che sembra una fottuta piscina dove non si tocca e dentro la quale tutti sguazzano, magari aggrappati a delle ridicole paperelle o sfoggiando degli stili olimpionici da invidia cruda, con le paperelle che stanno nel cervello, in ogni caso. Io odio i gonfiabili e non ce la faccio a darmi un tono se ho una ciambella intorno al ventre. Allo stesso modo non credo che riuscirò mai a nuotare in modo olimpionico. Probabilmente sarò un magnifico morto a galla il giorno che morirò.

In ogni caso bisogna che tenga presenti queste tre cose se voglio una vita migliore di quella che ho avuto fino a qui. La prima è che se mai una donna si innamorerà di me, allora dovrà amarmi per quello che sono. Per far questo io per primo dovrò, prima o poi, amare quello che sono. In altre parole, se non sono abbastanza atletico, non sono abbastanza ricco, non sono abbastanza razionale, non sono abbastanza generoso, non sono abbastanza intelligente, non sono abbastanza delicato per la tua fica, beh, mi spiace ma io sono così. E voglio che impazzisci per la mia figura integrale e non per i ritagli. Voglio che impazzisci a vedermi che ticchetto come un matto sulla tastiera del mio PC e quando mi volto e ti guardo alla decima volta che mi hai chiamato, sembra che proprio non ti vedo. Non è mancanza di rispetto, non è che preferisco scrivere che sentire le tue minchiate, è che io vado con quel tipo di benzina, quindi adora la mia benzina perché è la base di tutto quello che ami di me, porca troia.

Voglio che impazzisci a vedere i miei peli sulla schiena. E che non mi dici cose assurde tipo che sono bellissimo ma solo se mi guardi da questo lato del viso. Voglio che mi guardi e dici che non c’è niente di più bello al mondo del mio sorriso. Se non è così allora ciao. E farò in modo che non ci siano fraintendimenti tra me e te, cara. Se mi dirai che sono così intelligente allora dirò una cosa talmente stupida che ti ricrederai subito. Perché io sono sì intelligente, ma anche profondamente idiota. Quando dirai che sono generoso ti farò una bella sborrata in faccia, almeno capirai che io do molto ma prendo il doppio. E quando ti sembrerò così preso dalle cose che dici io ti confesserò che stavo pensando al tuo culo, almeno non ti illuderai di aver trovato il tuo biografo. 

Ovvio che non sarà una cosa semplice ma pensateci. Scommetto che state con donne che vogliono cambiarvi. In realtà andate bene così. Solo non avete incontrato la persona adatta a voi. Siamo tutti troppo pigri per la ricerca del tipo o la tipa giusta e allora ci facciamo andare bene quello che ci casca tra i piedi e lo chiamiamo “destino” per non ammettere che stiamo raccattando il primo o la prima persona decente e con un po’ di chimica che si combina bene con la nostra. Poi, siccome non può essere quello giusto allora iniziamo la chirurgia relazionale e iniziamo a tentare di modificarlo a nostro piacimento. Rendendo infelice lui e rendendo infelici noi. 

Magari la persona giusta non la troveremo mai. Questo però non ci deve spingere a vivere con uno che non ci sopporta se passiamo tre ore al giorno a suonare la chitarra e ci fa sparire i CD in mansarda e ci frulla la t-shirt dei Kreator solo perché è vecchia, sudicia e orrida. E senza dirci un cazzo. Oh, anche noi non dovremmo rompere se lei o lui si veste come nostro zio e ciabatta per casa senza muovere un dito, chiaro, no?

La seconda cosa che ho capito è questa: siamo tutti tremendamente incasinati in amore. Tutti pazzi, indifesi, spaventati e puri. Ho vissuto tutti i miei anni fino a qui credendo di essere il solo folle quando ci sono di mezzo le donne, i sentimenti, le relazioni, gli appuntamenti. E invece le bellissime ragazze che ho amato in segreto o quelle che non mi hanno voluto e quelle che mi hanno lasciato e le poche che dicono di avermi amato, sono tutte state vigliacche, maniache, squilibrate allo stesso modo. Siamo tutti sopravvissuti a una guerra totale. Il paragone tra amore e guerra è fin troppo scontato ma se iniziaste a vedere la vita sentimentale come una foresta piena di bombe e trappole e fucili spianati, allora vi potete rendere conto di quanto dire ti amo sia un atto folle e non di coraggio, come alzare le mani e gridare alla foresta, “avanti, sparami, mi fai una sega!”.

Se vedessimo l’amore come un Vietnam non ci sentiremmo più tanto vigliacchi. Viviamo da secoli con quest’idea che nella vita si debba avere una moglie, dei figli e amare, amare, amare. Ho amato e sofferto così tanto e nulla tranne la sofferenza d’amore mi ha trasmesso il senso di inutilità di certo dolore esistenziale. Tutto crolla, devi rimetterti insieme e aspettare il prossimo bombardamento che ti sparga di nuovo in giro. Quel bombardamento si chiama crescita, evoluzione, maturità. E qui arriviamo al terzo concetto fondamentale: il dolore c’è e dobbiamo accettarlo e amarlo perché è un buon segno. Questo dolore ti sarà utile, scriveva qualcuno.

Chiamatelo amore, chiamatelo scelta, chiamatelo coraggio o anche solo follia ma nella vita possiamo fare due cose: o seguire la strada che ci viene indicata da chi è arrivato prima di noi o seguire ciò che sentiamo dentro. La prima strada potrebbe essere quella giusta per noi. Ci sono uomini felicemente sposati che la domenica adorano prendere moglie e figli e portarli alla Villa Comunale a fare una passeggiata. Io ero uno di questi, a volte. Più spesso avrei preferito passare i pomeriggi chiuso in casa a guardarmi qualche cannibal movie e scrivere lettere minatorie a una mia ex professoressa delle medie che non usa internet.

Ci sono uomini (e donne, certo) troppo diversi per qualsiasi modello sociale prefissato. Non se ne rendono conto. Pensano che per magia basti entrare nel template del matrimonio o della genitorialità e tutto acquisterà senso. E così certi si sposano e cadono in depressione perché non sanno più chi sono. Allora scelgono di tirarsene fuori o di restare al loro posto e drogarsi di psicofarmaci. E questo perché? Il dolore. Andare per la tua strada è doloroso. Dire io non sono questo, io non voglio questo conduce alla perdita. Di cosa? Tante cose: amici, affetto, sostegno, lavoro, amori. E quando si perde si soffre da cani. Riappropriarsi di se stesso è doloroso. Dire no a chi ci ama è terribile. Noi esseri umani abbiamo l’obbligo di chiederci chi siamo e di ascoltare noi stessi. Fa male e spesso porta solo ad altro dolore, ma seguire gli schemi che la collettività ha organizzato per noi: sposati, consuma, crepa, per parafrasare un po’ chi ci credeva quando ci credeva, non è la risposta. Non sentitevi in colpa se il vostro matrimonio non vi appartiene. Non vi sentite mostri se vedere i vostri figli in giro per casa non soddisfa ogni risposta che vi ponete. Siete molto più complessi di una casetta in periferia, un lavoro da milleduecento euro e un abbonamento a Netflix per vincere le tenebre e i demoni della notte. 

Dolore però vuol dire io. Nel momento stesso in cui veniamo al mondo piangiamo con tutto il fiato che abbiamo. E ogni volta che soffriamo, noi riprendiamo il discorso avviato con quel pianto e quel pianto è un’affermazione forte e insopportabile alle orecchie della Madre Terra, così sfiancata e distratta per i troppi cuccioli che la assediano ogni secondo. Quel pianto però è il solo modo che abbiamo, ieri come ora, per farci sentire da Mamma natura, così che lei si accorga che siamo lì e non ci schiacci con il suo flaccido e stanchissimo culo frollato.