Earthless – Un live dall’Altroquando!

Certo che siete incorreggibili. Come allentiamo un po’ con le recensioni musicali ecco che la classifica dei post più letti ridiventa tutta porno o quasi. Non che ci sia nulla di male, però Sdangher non è solo quella roba. C’è il fior fiore della critica metallara, qui! Da noi si fa la Storia. E anche molta Educazione Fisica.

Oggi parliamo di Earthless. Uh, ma avete notato che negli ultimi tempi sono usciti un bel po’ di live? C’è stato quello dei Behemoth. C’è stato quello dei Kadavar e adesso anche gli Earthless. Forse rispetto ai primi due, gli Earthless sono quelli che dal vivo hanno più senso. Immagino siano una bella esperienza da vedere. 

Non voglio fare l’esperto. Non so una ceppa degli Earthless. Tutto quello che vi dico l’ho appreso cinque minuti fa da Wikipedia. Hanno fatto cinque o sei album, sono in tre e la loro peculiarità, a parte farsi uno strafottio di canne e fingere che il mondo sia stato paralizzato da un raggio dimensionale nel 1969, è suonare pezzi lunghissimi senza cantato. Però aspettate. Sapete no, cosa facevano le grandi band rock nei tempi in cui aveva senso pubblicare un disco doppio o triplo dal vivo? Allungavano parecchio la broda rispetto alle versioni in studio degli stessi brani. Capitava che un pezzo di due minuti e mezzo, dal vivo raggiungesse una lievitazione di dieci. Cosa c’era in più rispetto al disco? Assoli… e tanta droga. I singoli strumentisti si lasciavano andare a delle lunghe jam intrippanti che non finivano più. E quando tutti quanti si erano praticamente dimenticati che canzone fosse, il chitarrista tornava al microfono (o il bassista) e intonava le ultime due strofe, il ritornello e poi c’era la chiusa. Ecco, con gli Earthless fate finta che le parti cantate siano state tagliate fuori dalle incisioni. C’è solo il brodone al centro ma caspita che zuppa! 

Bisogna fare qualche precisazione in merito a questa band. Non la conosco tanto a fondo ma penso di averla capita più di tutti voi espertoni con le zampe d’elefante e la maglietta di Mr. T che fa il gesto dell’ombrello mentre cavalca una tigre bianca. Dunque. Non è musica che si può sentire stando seduti col quaderno degli appunti sulle ginocchia, concentrandosi duro per tutta la durata. No. Però non potete neanche mettervi a fare il bucato o stirare o magari gli esercizi pelvici sdraiati sul pavimento, altrimenti il disco finirà e non ve ne accorgerete. 

Ci vuole uno stadio intermedio. Dovete quindi mettervi seduti, magari anche con il blocchetto degli appunti sulle ginocchia ma la testa dovrà volare, vagare, distrarsi, non tallonare la musica nel tentativo di capirci qualcosa. La mente lucida farà a pezzi gli Earthless, se no. Cazzo, Black Heaven sul pentagramma è un pezzetto di Whole Lotta Love mescolato a Sleeping Village e poi una tirata in stile Fireball (non specifico di chi siano questi pezzi, mi rifiuto). Però c’è un’energia che monta e monta a mano a mano che i soli si affastellano. Sembra di pigliar giù per una scarpata e fare su e giù finché non pensate più all’eventualità di cappottarvi e spezzarvi il collo ma ve la godrete. Ecco, è quella la parte buona che dovete farvi entrare in corpo. Lasciate che quella burrata di soli e stacchi vi trascinino lungo la scarpata e non pensate al botto. Immaginate che non ce ne sarà uno e che dopo tutte quelle note atterrerete sul morbido. Fatevi penetrare dalla verga musicale degli Earthless come se le vostre orecchie fossero vagine… ehm? Non vi suona bene? Ok, aspettate. Allora lasciate semplicemente che vi coli dentro come l’olio caldo prima del siringone per il lavaggio auricolare, ok? E però attento, non lasciate la vostra ospite salire fino al cervello. La mente deve sentire che c’è una gran baldoria ai piani di sotto ma nessuno dovrà invitare quella barbosa rosicona a scendere e tanto meno accettare la sua richiesta di conoscere gli ospiti che sono entrati in casa e che sembrano tanto divertenti e chiassosi. 

La musica dovrà andare direttamente nelle viscere, nella cassa toracica, lungo la schiena e sullo scroto. Chiudete quegli occhi e lasciate che vi saturi. Non è un miracolo. Diciamo che si tratta di una roba piuttosto basilare che nel corso degli anni si era perduta. Le canzoni degli Earthless non sono la classica roba ultra-dilatata da fattoni. E roba davvero spinta, indiavolata. Non mi capitava di sentire tanto fervore dai tempi dei primi live degli MSG. Non sto dicendo che gli Earthless c’entrino stilisticamente con gli MSG ma sprigionano la stessa roba buona che a quei tempi era quasi all’ordine del giorno. Mentre oggi sembra una specie di miracolo. 

Peccato che agli Earthless non interessi minimamente dire qualcosa. Loro si occupano soltanto della nostra epidermide. Non hanno messaggi. Non hanno ritornelli da farci cantare. Sembra un gigantesco drago senza testa che miracolosamente galoppa e svolazza facendo fumo e fiamme dal culo. 

Io questa decisione di fare solo i segmenti strumentali e jammistici di pezzi che non sentiremo mai è una cosa che non capisco. Non sono neanche sicuro di poter accettare un trio che non canta quasi per niente. Però devo convenire con tanti tossicodipendenti con cui ho parlato e che stravedono (anche) per gli Earthless, che sono una band poderosa e capace di scudisciare le chiappe a un povero e cinico cavallo stanco, ricordandogli come si mangia la strada. Quindi ve li consiglio. Vi consiglio questo live che si intitola… aspettate che guardo: From The West.

Saltate magari la cover di Comunication Breakdown e godetevi Soul Crasher o la quasi interminabile Uluru Rock. Questa è musica che va fumata, non sentita. Però non intendo che dobbiate drogarvi. Io voglio dire invece che è musica che droga voi. Almeno con me ha funzionato. Alzate il volume e abbassate il finestrino. Ehi, alzate ancora di più. Come, fa freddo? Non rompete i coglioni!