BOTTIGLIATE! LE BAND METAL PIU’ ODIATE DAI METALLARI: LACUNA COIL

vade retro, bottigliatori!
Che poi nemmeno fanno Metal, dirà qualcuno. E invece no. I Lacuna Coil sono e saranno sempre associati all’Heavy Metal, come lo saranno sempre tutte le band riottose come Paradise Lost, Anathema, Moonspell e via smadonnando. Anche se usciranno con un album acustico pieno di scacciapensieri e tammurielle, i Lacuna rimarranno a metà strada tutta la vita: troppo progressisti per i confini asfittici del metallo duro e puro ma, allo stesso tempo, troppo metallici per entrare nel vasto panorama ancora più soffocante dell’Alternative e del post-Rock. I metallari non li sopportano perché li giudicano troppo commerciali, furbi, americanizzati, venduti, noiosi, lagnosi e con la puzza sotto il naso. I Lacuna Coil di contro non sopportano il popolo italiano del metal definendolo retrivo, chiuso mentalmente, invidioso, paesano e per questo si beccarono le bottiglie al Gods of Metal del 2005 senza farne un dramma. Dissero solo che in fondo se lo aspettavano.
“Noi non facciamo Goth Metal, anzi, lo sai che ti dico, noi non facciamo metal e non ci interessa cosa ne pensino di noi i metallari, noi facciamo Rock!”
Ok, ma allora che siete andati a fare al Gods?
“Perché ci hanno invitato”
“Ma se i Coldplay li invitassero al Gods, ci andrebbero?”
Noi crediamo di no e voi invece sì, ci siete andati e ci andreste ancora. Se vi siete beccati le bottigliate, la colpa è del popolo metal che non capisce, non degli organizzatori che per vendere qualche biglietto in più hanno chiamato una band a forte rischio di bottigliamento. “Abbasso le barriere, la musica è bella tutta”. Va bene, viva Woodstock, ma allora perché chiamare un festival Gods of Metal? Ma li volete lasciare in pace questi poveri metallari, con i loro miti irranciditi, le loro bottiglie di plastica e i loro capelli cotti dal sole leonino di giugno?
The Youth of a Peninsular Metal Nation
Del resto i Lacuna li avevano piazzati in scaletta tra Slayer e Iron Maiden: in Italia funziona così, mica come in Germania o in America, dove gli Abba e i Black Sabbath possono dividere lo stesso palco senza che qualcuno si risenta per questo. Noi italiani siamo gente fatta in un certo modo, ci fanno rodere il culo cose che ad altri popoli stanno benissimo e viceversa, basti pensare al povero Clinton che per un pompino e una piccola bugia si beccò la croce mentre qui il Berlusca ha mandato in giro a testa alta il suo elettorato di ultra-settantenni sempre più concordi con la politica del ‘puf-fare’. Insomma, al metallaro italiano i Lacuna Coil non piacciono molto, anche per invidia verso il compaesano che ce l’ha fatta, sia chiaro. Questo deplorevole difetto comune a tutti noi, non può certo salvare i Lacuna Coil dalle critiche, però. Ad esempio il successo ottenuto in U.S.A. come l’invito a partecipare al carrozzone dell’Oz Fest non possono essere motivo d’orgoglio per noi metallari italiani. Primo perché le classifiche Rock americane sono piene di cose orrende e ad alto tasso di degradazione, e soprattutto perché l’Oz Fest è il festival più modaiolo e spocchioso che ci sia, creato dalla detestabile Sharon Osbourne per salvare il culo al maritino e promuovere quei cazzo di Cool Chamber. 
Ma chi vi vesteeee?
Ogni volta che una bottiglia colpisce i Coli “è la solita vecchia storia italiana”, dicono loro. Anche questa resa incondizionata al grande pene colonizzatore a stelle e strisce lo è. Noi Italiani, poi, siamo pronti a promuovere un grande artista solo dopo che ce lo fanno notare gli americani (basti pensare a Fellini, che ancora il 70% del popolo italiota non capisce e tanto meno apprezza, ma dato che l’America lo cita vicino alla fontana di Trevi, allora siamo tutti qui a santificarlo). Non penso che i Lacuna siano come Fellini, sono soltanto un gruppo pop metal che ha avuto culo e palle insieme. Le palle per mandare a cacare il lavoro sicuro, la famiglia, gli amici e partire, andare all’estero a realizzare “il Sogno”; il culo perché ci sono riusciti. Anche se i giornali ne hanno parlato come se  nessuno prima di loro abbia mai osato fare un passo simile, negli anni ’80 e ’90 dall’Italia sono partite tante band: molti sono andati in Giappone, altri hanno provato a trasferirsi a Los Angeles o Miami nella speranza di essere notati da un produttore con il diné e tornare a casa vincitori ma gli ha detto sempre male. C’erano le palle ma non il culo. I Lacuna hanno avuto un bel mappamondo completo di fortuna e carattere. E la Scabbia ha l’attributo decisivo per rappresentare metaforicamente l’elemento anatomico più vicino alla poesia e ai simbolismi sulla divina provvidenza.
 
 
I dischi dei Lacuna invecchiano a vista, più fanno i soldi e più producono musica scadente. Se anche loro si voltassero a guardare Karmacode o Comalies, per non parlare di “Unleashed Memories”, credo che scapperebbero inorriditi. Del resto se tu fai pop o rock americano ed entri nelle loro classifiche, non aspettarti l’eternità. “In a Reverie” è ancora vivo e vegeto, invecchia discretamente e rappresenta la sola testimonianza della dignità artistica di questa band, quando in testa avevano solo la musica e non la Ferrari e l’elicottero, come ammettono candidamente nelle interviste. Non voglio essere frainteso: la grande musica nasce indipendentemente dalla purezza di spirito di chi la produce. Ci sono dischi concepiti per far soldi che restano ancora oggi tra le cose più stimolanti e valide di tutta la storia musicale, mentre non si contano i malloppi di buoni principi e intransigenza, vecchi panettoni avariati di buone intenzioni. 
Insomma, non vogliamo fare moralismo, ma l’elicottero, proprio come abberlusconi, insomma via… 
Dire la verità in faccia a un microfono, non assolve mica. Insomma, in fondo i Lacuna Coil sono italiani proprio come il popolo che guardano con sufficienza e disprezzano. Ci dicono che all’estero è tutta un’altra musica e qui invece è tutto uno schifo, intanto però da buoni italiani, pure se hanno fatto i soldi e la fortuna nel paese delle meraviglie, continuano a campare vicino a mammà. Però è proprio questa puzza di mozzarella Santa Lucia e di Sofia Loren che ha sempre coinvolto gli americani, pronti ad arraparsi di fronte alla tipica popolana del nostro paese, con tutto il rispetto per la Scabbia che, a parte il cognome poco invogliante, è un richiamo biologicamente irresistibile.
Oh, la Scabbia. Cristina, che qualcuno mi assicura sia l’unica montata insopportabile della band, anche se da fuori sembrerebbe tutto l’opposto. Ma come, appare così dolce, simpatica, disponibile a concedere interviste e invece se la tira? È comunque lei la vera attrattiva dei Lacuna Coil e se decidesse un giorno di cedere alle sirene Sanremesi, sono sicuro che “La vita in diretta”, la D’Urso e Pippo Baudo sarebbero pronti ad accoglierla a braccia aperte. Lei che si definisce metallara ma con il proprio stile canoro mette in evidenza ben altre influenze e trascorsi: da Madonna del periodo “Ray of Light”, alla Dolores O’Riordan dei primi Cramberries, fino alla nostra detestabile Elisa e la sua desolante danza della pioggia mestruale. Non è un caso che nel background della Scabbia ci sia poi l’ambiente discotecaro milanese e la sua mancata esplosione in stile Alexia con qualche pezzo tunzettaro che dice cose tipo “I’m going Down” o “Love Me Tonight”. Che poi è più o meno lo spessore poetico dei Lacuna, sempre pronti a chiudere le frasi con away e down secondo scuola Nu-metal di Korn, Slipknot o Puddle of Mudd. E poi, diciamolo, inutile che ci fai le cornine, cara ‘stina, ti colori le unghie di nero… tu non sei metallara! Del resto l’amicizia con il reverendo Mustaine comprova ancora di più che non sei una puzzosa ‘tallarotta di provincia, ma qualcosa di ben più raffinato, altrimenti Mega Dave non t’avrebbe neanche fatta avvicinare.
E il povero Ferro, sempre più sbeffeggiato e deriso dal mondo del metallo? Lui prova a sbattersene e cerca di distrarsi con il suo piatto preferito: Pandoro e salmone; le occhiaie sempre più pronunciate lo testimoniano, del resto, ma c’è da capirlo, che non è facile stare al fianco della cantantessa del Rock duro, la Laura Pausini del Metal, con quell’insopportabile perfettinità che l’oceano di foruncolosa adolscenza in cellulite ferrata idolatra ciecamente. 
E invece Ferro, eccolo lì, il metallaro cresciuto a pane e Nick Holmes, a cui si è uniformato persino nell’evoluzione. Il brutto è che Holmes è un ruba galline di stili canori e questo trasforma Andrea in un ricettatore ugolare di seconda mano, il che è piuttosto deprimente. Quella sua pronuncia imbarazzante, con le erre arrotolate come involtini primavera, grassi e stomachevoli. Tipicamente italiano. 
E quando i Lacuna lasciano l’Inglese Americanato per la loro madrelingua andiamo pure peggio perché, oltre all’accento nordico dei due cantanti, c’è anche una sfilza di sproloqui esistenzialisti che neanche i Timoria alla terza elementare. Adesso pare che li detesto, ma io sono simpatizzante, amo la Scabbia per il suo prorompente aspetto fisico, amo parecchie delle loro canzoni, soprattutto degli ultimi album. Canto Heaven’s Lie sotto la doccia e mi sogno spesso Marco Coti Zelati (bassista e compositore principe della band) che mi insegue in vicoli tenebrosi dicendomi che sono soltanto una porca, quindi è un profondo affetto che mi spinge a parlare di questi ragazzi.
 
Adoro quei calzoni, Cristina!
“Noi non capiamo questo popolo italiano che invece di essere orgoglioso di vederci così in alto nel bill del Gods ci tirano le bottiglie”. Già, simme paisa’, volimmese bbene, o no?!
Quando “Il Giardino dei Finzi Contini” vinse l’oscar per la regia, gli italiani furono contenti per il caro Vittorio De Sica ma il film  faceva schifo, i critici più seri non si lasciarono traviare dallo svolazzo retorico della premiazione e ne scrissero male perché, rispetto ai capolavori del periodo neorealista, quel film risulta tanto mediocre da graffiare il cuore, checché ne pensassero gli americani. Possiamo non essere d’accordo con i nostri salvatori e colonizzatori, o ci dobbiamo sempre abbassare alla loro colonizzante sensibilità formaggiosa? 
“Va bene, ma le bottiglie sono segno di inciviltà e non si dovrebbero tirare a nessuno!” Vero, però ricordo personalmente, nel 2004 gli Anathema, piazzati tra Nevermore e Symphony X. Forse eravamo tutti troppo storditi dal sole e non ce la facevamo a esprimere il nostro disappunto per una scaletta altrettanto discutibile ma non volò niente sul palco e gli Anathema fecero il loro concertino: frustrata e spenta sotto la canicola indecente, la band dei fratelli Cavanagh fautrice di un pop che mangia in testa ai Coldplay e gli U2 degli ultimi quindici anni, è condannata a scontare un purgatorio eterno nella colonia metallara che gli ha dato i natali ma, testimonio io, fecero un concerto praticamente acustico e depresso senza che nessuno gli tirasse nulla. Perché ai Lacuna Coil sì?
 
Mi ci è voluto un po’ per trovarla, ma questa è la mia foto preferita. Sono stupendi.
Insomma, noi italiani dovremmo essere orgogliosi se vi hanno messo insieme ai gruppi stranieri, invece di confinarvi come headliner alla giornata ‘ghetto’ dei gruppi italiani? Ma per una volta che mettono una band tra i grandi del genere scelgono la più venduta in tutti i sensi, quella raccomandata dagli americani, non la Strana Officina o i Death SS che possono non piacere ma rappresentano molto meglio l’orgoglio metallico spelacchiato a cui i Lacuna si appellano. 
Ecco contro cosa io avrei tirato la mia bottiglia. 
Ma Lacuna Coil, avete fatto la grana e noi invece siamo poveri, cosa dovrebbe renderci orgogliosi? Copiate i Korn, i Linkin’ Park, gli Evanescence e a breve passerete a Kethy Perry, quindi me lo dite cosa c’è da farci andare a testa alta? Avete venduto e continuate a vendere il vostro culetto.
“Non è vero!”, dite voi, “nella nostra musica c’è evoluzione, ricerca artistica”. Va bene, cosa che puntualmente coincide con le sonorità e le melodie e i riff più in voga.
“Nella nostra musica c’è molto mediterraneo!”. Ok, si sente che siete italiani e questo è un motivo sufficiente per detestarvi, perché noi Italiani quando sentiamo un gruppo che canta in Inglese amiamo evadere dalla nostra merdosa realtà e non sopportiamo l’aria casalinga a Los Angeles. 
“Noi abbiamo comunque il nostro stile riconoscibile ovunque!” dite.
Per questo vi lasciate contaminare da ogni genere di influenza batterica peggio di un organismo affetto da immunodeficienza?
“Vorremmo solo ottenere in patria quello che abbiamo avuto nel mondo!” Siete italiani e per questo vendete all’estero. Siete italiani e per questo non vendete in patria. Tutte e due le cose non si possono ottenere, mi dispiace, ma fareste il cambio con Vasco? Credo proprio di no. Avete fatto la fine di Zucchero e come lui vi esprimete, anche se spero non arriviate a nutrirvi mattina e sera di ciccioli, copiare successi dimentichi degli anni ’80 e domandare ai giornalisti di Striscia se le loro mogli scopino o meno con dei negri. L’alternativa era la Pausini che a casa vende tanto e anche in America Latina la adorano ma, per riuscire a fare ciò, la Cristina dovrebbe eseguire la “mossa Renga” e non credo che gli altri ne sarebbero felici. Quindi statevene. Vi è andata alla grandissima e le bottigliate dei vostri connazionali sono in fondo un modo un po’ veemente e sibillino di incoraggiare la fuga definitiva da questa cloaca di mafiosi e mozzarelle radioattive e augurarvi buona fortuna, lontano da qui. Che a volte oltre ai cervelli, da questo paese partono anche le palle e i culi. (FC)
 
Ok, ok, me ne vado affanculo.