FATAL REPORT: GOM 2002, STADIO BRIANTEO MONZA

 

Dopo NON aver visto i Pantera al Tattoo the Planet del 2001, che diedero forfait a causa dell’11 settembre, la mia amica Elena (che in questa sede chiameremo MARIO in onore dei vecchi tempi) mi disse: ” AO, ce venghe a vede le Menouo?” che per i non poliglotti significa ” Mara, ti andrebbe di venire con me al Gods of Metal a vedere i Manowar?”. Ovviamente risposi di sì, dopo aver chiesto il permesso a colui che in quel periodo ancora svolgeva il suo ruolo poco calzante di padre. Stranamente la risposta fu affermativa e così io e il mio ragazzo di allora, Mario e Danieletto (il SUO ragazzo di allora) trotterellammo verso l’Underground, che potrebbe essere descritto come un negozio di dischi e vendita prevendite, dove un nano capellone che rispondeva al nome di Turilli (oggi edicolante del mio gaudente paesello) ci stampò gli orrendi biglietti gialli Ticket One.

 
 
In tutta la mia carriera metalz sono riuscita ad avere un solo biglietto fico, di quelli colorati con i loghi delle bands, le immagini e tutto il resto. Sennò ho sempre beccato ‘sti bigliettacci gialli, tutt’al più verdi, con i nomi scritti da un cingalese, che all’ingresso dei concerti controllavano sempre perché potevano essere facilmente contraffatti.
Dieci anni fa non c’era l’ADSL super velocissima che abbiamo adesso, ma quando arrivò in casa mia un modem a 56K fu uno sconvolgimento che creò non pochi casini nel mio assetto famigliare. C’è da dire che l’avvento di internet portò con se anche la possibilità di conoscere tante persone attraverso chat come ICQ o i primi messenger come quello di Yahoo. E così al momento di comprare il biglietti del treno Orte-Milano contattai anche il mio amico romano Francesco (non mio marito), che per una strana combinazione astrale stava con la ex del mio…( non so come chiamarlo), di colui che mi ha fatto star male come un cane per poi scoprire la sua vera vocazione: dio. Ma non Ronnie James, proprio il signor dio, quello dell’alto dei cieli. Ma che je faccio agli uomini….
Riusciti a formare una comitiva abbastanza consistente da ricevere uno scontocomitiva, appunto, per il treno, non ci restava che attendere il 9 giugno, saltare l’ultimo giorno di scuola ( scatenando l’ira della prof. di italiano, che scoprendo questa cosa all’uscita ci gridò dalle scale “Cappelletto e Papacchini, questo denota un completo disinteresse nei confronti dell’istituzione scolasticaaaaaaa, all’esame ve la farò pagareeeeee!” e così fu) e passare qualche ora a prepararci prima di salire su quel treno.
Dopo una notte in treno a dir poco stressante, con quell’essere in maglietta gialla ( di cui tutt’ora non ricordo il nome) che vomitava dal finestrino e Mario che con la complicità di Francesco e del suo sterietto cantava a squarciagola tutta la discografia dei Manowar, finalmente arrivammo a Milano.
Avevamo prenotato un alberghetto a mezza stella vicino Monza, dove arrivammo con i mezzi; depositammo le nostre cose provocando il terrore dell’albergatore che non si aspettava quella comitiva di debosciati avendo sentito la vocina di Mario al momento del booking e ci incamminammo verso lo stadio, dove Fratello Metallo improvvisava il suo show fuori dai cancelli.
Con una puntualità svizzera varcammo le soglie del GOM mentre i nostrani Time Machine “scaldavano” gli animi infreddoliti di quell’umidissima giornata presentandosi alla voce con, nientepopodimenoché, André Matos. Poi fu la volta dei pacchianissimi Metalium: a parte il fatto che avevano gli applausi registrati, visto che a guardare bene nessuno di noi tra il pubblico stava battendo le mani mentre si sentivano ovation da stadio e scrosci di applausi, ma alla fine il bassista si strappò pure i pantaloni tirandoli tra la gente ( che credo si sia scansata inorridita).
A quel punto mi ero gia rotta il cazzo, così mi spaparanzai sul prato e mentre scimmia-Blaze zompettava sul palco schiacciai pure un pisolino. Purtroppo arrivarono pure i Domine e con loro apparve accanto a noi pure l’innominabile cantante della band del ragazzo che stava con me. Mi dovetti alzare e avvicinarmi al palco “godendomi” tuuuuutta la performance di Morby, del cantante sopraccitato che sapeva tutte le canzoni e di un ragazzo vestito in pelle scamosciata marrone, pieno di gioielli turchesi che non faceva altro che dire “Oooooooooooo, ma che bella voce che hai, OOOOOooooooooooo ma dovresti esserci anche tu sul palco, OOOOOOooooooo ma sai che hai proprio dei begli occhi?”.
Scesi i Domine salì sul palco chiappe-Doro, così me ne andai a zonzo a cercare Mario, dispersa tra la folla, lasciando i maschietti godersi lo spettacolo della nostra MILF di metallo.
Ritrovai il punto in cui mi ero spaparanzata poco prima ( uno dei pochi con ancora dell’erba) e a questo punto mi spappardellai a terra cercando di seguire, con un occhio chiuso e uno aperto, Symphony X, Virgin Steele e Running Wild, vessata continuamente dalle richieste del mio accompagnatore “Andiamo davanti? Ci avviciniamo? Ma tu da qui vedi?” Eccheppalle…
Dopo i fuochi d’artificio dei vecchi pirati del metalz, arrivarono i Blind Guardian che ci misero più ad alzare la scenografia che a suonare tutti i loro pezzi presi da Nightfall.
E qui cominciò a rodermi il culo per davvero. Forse ero solo stanca, forse stavo diventando sorda, ma i suoni mi sembravano proprio scadenti, nonostante l’impianto da 250.000 W, e la voce di Hansi decisamente giu di tono, sebbene i BG avessero assunto un bassista per permettere a Kursch di cantare meglio senza pensare allo strumento. A parte questo canticchiai tutte le songs, anche perché lo svociato si affidava spesso ai cori del pubblico. Lo show si chiuse con Mirror Mirror dopo uno show di 1 ora e 15 minuti. Tutto sommato mi stava tornando il buonumore, e con il calare della sera venne anche il momento di cercare qualche schifezza da mangiare. Non so il motivo, ma c’erano crauti dappertutto, manco fossimo all’Oktoberfest: Hamburger con crauti, patatine con crauti, salsicce con crauti e, crepi l’avarizia, pure crauti da soli.
Nel mentre, sul palco, venivano montati una serie di Marshall impressionanti e una gentil donzella munita di telecamera apparve ad incitare il pubblico ” Let’s say Manowar, Ma-no-war”. Quello che ottenne fu una cose tipo “Zoccola, facce ‘na pompa” e fu così che al suo posto salì un ometto che si beccò gli insulti di tutto lo stadio. Forse quei filmati non andranno mai a finire su Hell on Heart n°625.
Ok, arrivano i gozzommedol, che in poco più di un’ora di show ci infilano i vari discorsi di De Maio e una serie di assoli inutili.
Gia dalla prima song c’era qualcosa che non mi sconfinferava e cominciai a spostarmi in cerca di un punto dove sentire meglio. Eric stonava, Joey scazzava…ma cosa stava succedendo??? Piano piano mi ritrovai accanto all’uscita, seduta su un muretto in attesa che quello show pietoso finisse. Anche il mio cavaliere storceva il naso (e che naso, ragazzi!) ma cercava di non darlo a vedere.
Finalmente quello strazio si concluse e attesi con impazienta Mario e Daniele per sentire le loro impressioni. Ovviamente Elena-Mario era rimasta estasiata dal suo Joey, dalle canzoni che avevano fatto, dai cori, dal muro di suono, dalla bolgia, dal pogo e da tutto il resto.
Rimasi zitta. Ci raggiunsero anche Francesco e relativa donzella, il vomitone in maglietta gialla si era perso nei meandri del pit.
Aspettammo il trenino che doveva portarci all’albergo ascoltando il racconto di un concerto che mi sembrava di non aver vissuto. Un’altra band, un’altro posto, un’altro tempo.
Arrivammo alla pensione, ci salutammo con qualche cenno del capo senza neanche dirci buonanotte e, per quanto mi riguarda, sprofondai in quel letto scomodo senza nemmeno lavarmi i denti. 
(EvilAram Cappelletto)