Immaginate quel bisonte schiumante da party selvaggio che era Paul Baloff urlare in faccia al povero Kirk Hammet una versione improvvisata di Rock Bottom” degli Ufo. Sì, lo so è piuttosto difficile e sicuramente sarà stata uno schifo, ma il fondatore degli Exodus aveva bisogno di un cantante per la sua band e quel bestione posseduto dal demone del luppolo selvatico aveva una carica da far finire tutti in gattabuia. “Rock Bottom”comincia più o meno come “Seek & Destroy” dei Metallica, anche se la voce di Phil Mogg era calda e blues, buona per il rock degli anni ’70. Questo fu il provino di Paul Baloff. Aveva carisma e sapeva piegare l’audience e non mollarla se non prima di farle gridare pietà.
Ogni volta che stava su quel palco la gente di sotto doveva fare come diceva lui, non c’erano santi, né demoni che glielo avrebbero impedito. Anche se non aveva una gran voce, non gliene importava una madonna, né a lui né a chi lo sentiva cantare. Dovevano solo dargli un microfono e la giusta base per liberare il male della metropoli in bocca ai suoi schiavi.
Il resto non contava e la gente lo capì. Gli Exodus erano la thrash metal band con il seguito più agguerrito e fedele di tutta la California, più dei Metallica e degli Slayer e gran parte del merito era di Paul e delle sue urla. Cantava con lo stesso piglio disperato di un criminale assediato, pippato di coca che, da dentro un megafono gracchiante, detta le sue condizioni al mondo. Giù dal palco, Paul era un leader per tutta la cricca dei thrasher. Peterson dei Testament lo ricorda ancora come grande guida spirituale nei loro lunghi viaggi di 36 ore a base di speed. È molto significativo il fatto che nonostante abbia partecipato a un solo disco, per la stragrande maggioranza dei fan degli Exodus, lui è e sarà sempre la sola voce della band; Steve Souza, che lo sostituì e gorgogliò in quasi tutti i dischi successivi, non riuscì mai a rimpiazzarlo nei loro cuori. il nuovo pischello ciccione poi, con la tecnica metalcore, quel Rob Dukes, pur molto bravo, non ha quell’aria da macello imminente di Baloff, è troppo scolastico per essere spuma dell’inferno.
Lo stesso Kirk Hammett raccontò qualche anno fa che Baloff era il capitano della nave, dava sicurezza al resto della band, era un guerriero della strada, uno che si era forgiato in mezzo al pattume e alla povertà da cui proveniva, uno scudo tra la folla rabbiosa e le esili membra del futuro chitarrista dei Metallica e degli altri componenti della band.
Dopo l’uscita del primo disco, gli Exodus ebbero seri problemi con la casa discografica e passarono due anni prima che potessero pubblicare il lavoro successivo. Holt e gli altri sono ancora convinti che quello fu una delle cause principali del loro mancato successo. “Bonded By Blood” era stato un ottimo inizio e bisognava spingere al massimo con le prove, le composizioni, i concerti e tutto il resto, ma la band sembrava nelle sabbie mobili. Paul era della stessa idea degli altri, peccato che l’uso eccessivo di droghe e alcolici l’avesse portato a ridursi come un catorcio inguardabile persino per gli Exodus. Era l’espressione perfetta di tutto quel girare in tondo. Così, nonostante il giuramento sanguinario di una notte tra Paul, Kirk, Gary Holt e Tom, ecco che, dopo Kirk, anche lui usciva di scena. Divertente come l’inferno, ma troppo fuori di cervello per camminare ancora nel music business.
Baloff continuò a fare più o meno la stessa vita per tutti gli anni ’80: drogarsi, scalpare qualche glamster e farsi cacciare dai gruppi. Tra tutte le band in cui ha bighellonato bisogna ricordare il solo progetto voluto da lui: i Piranha. Di quel periodo si ricorda soprattutto la sua attività collaterale di guerra aperta a tutti i posers. Alle feste c’era sempre e non mancava mai di portare con se il suo “trinciatutto d’assalto”, un taglia siepe che tirava fuori ogni volta che riusciva a mettere le mani su un capellone laccato. Molti ricordano ancora cosa combinò all’acconciatura molto “hair” di un rodie di King Diamond.
Nonostante non fosse un vero musicista, incarnò alla perfezione lo spirito del thrash metal. Gli bastò incidere di un solo disco (e poi reincisioni dello stesso) per diventare una delle grandi icone del genere. La sua morte ha spronato gli altri della band a cambiare vita. Richiamarono Souza e si misero al lavoro per davvero. “Tempo of the Damned” fu la loro prova migliore dai tempi di Bonded.
Ciao, Paul. |