LE TASTIERE NEL METAL – UNA STORIA DI DOLOROSA INTEGRAZIONE

Non saprei…

Ecco una domanda che potrebbe scatenare un moshpit tutto a mie spese e senza neanche la musica. Il Metal lo è solo quando ci sono le chitarre? Pensateci un attimo. Ci sono i batteristi metal, i cantanti metal, i bassisti metal e i tastieristi metal, ma se mettessimo insieme un gruppo con tutti questi strumentisti, verrebbe fuori l’Heavy Metal?

La risposta potrebbe essere no? Forse. Dico questo più che altro perché penso all’ingrato ruolo del povero tastierista, che in pratica esiste da quando esiste il genere, vi partecipa da sempre, ma è stato cittadino avente diritto, dal pubblico, solo negli ultimi vent’anni. Oggi capita di sentire un ragazzino di sedici anni, con le unghie tinte di nero, i capelli lunghi e il giaccone di pelle che dichiara di suonare le tastiere metal, mentre fino al 1995, bisognava scongiurare l’amico fissato con il progressive o il depresso frequentatore del dark più depresso, per fare qualche intro nel proprio gruppo black o death metal che fosse. 

Tipico amico tastierista che si presta al metal per favore.

Sono cambiate tanto le cose dal tempo in cui i tastieristi venivano sfruttati da tutti i principali gruppi più hard, ma tenuti nascosti dietro le quinte perché il pubblico non voleva i froci suoni elettronici, solo la carne arroventata degli strumenti a corda e le percussioni. 
Negli anni ’60, le prime band che tentarono di alzare i volumi e inspessire il sound ai livelli di massima sopportazione, avevano le tastiere. Erano uno strumento molto presente nel Rock: c‘erano nei dischi dei Led Zeppelin, dei Black Sabbath, Iron Butterfly e soprattutto in quelli dei Deep Purple. Tutti pensavano alla chitarra e a Jimi Hendrix che la suonava con la bocca o quello degli Who che la spaccava in terra, ma quel matto di Keith Emerson dimostrò al mondo che anche il tastierista di una band rock poteva fare scena e guadagnarsi le pollastre come tutti gli altri. 

Primo tastierista figo della storia del Rock

In effetti come strumento era il meno dinamico. I tastieristi del progressive o del rock classico si mettevano in una specie di buca attorniati dalle loro tastiere e virimanevano sepolti, mentre il cantante scorrazzava in prima linea, scopandosi metaforicamente ogni sera la platea esaltata; e lo stesso dicasi per il chitarrista (strumento egotico per eccellenza) che smanettava il manico come un grosso fallo, un po’ come anche il microfono potrebbe essere un pene ciccioso su cui il singer se la canta e se la sona. Il bassista non lo guardava mai nessuno, ma di solito era lui stesso a non guardare mai nessuno. Se ne stava per i fatti suoi e gli andava bene così. Se aveva scelto il basso e non la chitarra non era certo per scappellarsi davanti alla folla e dominarla con i decibel. Era un tipo rilassato, vago, discreto, anche robusto e preciso, ma non gli interessava la ribalta. Solo Steve Harris ci teneva tanto e per qualche inspiegabile motivo scelse il basso e non la chitarra, riuscendo comunque a mettere più in evidenza il suo strumento che le due, dico due, asce della sua band di una vita. Un altro che riuscì a rubare la scena suonando il basso fu Cliff Burton e prima di lui Gene Simmons che al contrario del suo epigono era una ciofeca di suonatore e probabilmente scelse il basso perché non c’era nessuno disposto a suonarlo al posto suo. Ma il tastiere? Tranne quel matto di Emerson e prima di lui Jerry Lee Lewis

esatto, lui

nessuno quando pensava al Rock pesante, si faceva venire in mente la tastiera. Jon Lord era un grande, ma non abbastanza fico, con quei baffoni e l’aria da professore freak. Insomma, per diffondere la moda di uno strumento bisogna essere ganzoe Simmons è il responsabile di tutti i bassisti americani degli anni ’80 che rimasero stregati da Alive 1 e 2 e decisero che si sarebbero fatti crescere la lingua come Gene e ci avrebbero suonato il basso. 
Non essendoci stati mai dei grandi tastieristi metal, ovviamente i ragazzi continuarono a pensare di farsi una chitarra. Il punto però è che Emerson Like & Palmer erano Metal, solo che senza le chitarre, nessuno se ne accorse e li definirono prog. Certo erano anche quello, ma tanto metal è prog. Praticamente tutti i dischi storici del genere contengono almeno un brano progressivo. L’attitudine di Emerson, la follia, la volgarità, la pacchianeria e l’egocentrismo aggressivo del tastierista li rendono antenati del Metal, tanto quanto i Deep Purple e gli Scorpions.

Cosa successe però dopo gli ELP? La morte del Rock per mano del Punk e questo proprio a causa delle tastiere, i cori, le sinfonie elettriche, le opere che gli artisti continuavano a offrire al pubblico annichilito. 

Lydon e gli altri spazzarono via tutto quanto. Ratatatatatatatatatatatatatatan! Gran polverone, il rock è morto, la regina è morta e io non mi sento tanto bene, ma una volta diradato il parapiglia ecco che il rock si rialza in piedi, ma ha capito la lezione: austerità, essenzialità, non più la pretensiosità, le composizioni infinite. Ed ecco da una parte Judas Priest, Scorpions, AC/DC, U.F.O., Iron Maiden e dall’altra i New Romantic. 
Il punk? 
Ucciso e cannibalizzato da entrambi. Dal pop e dal rock. 
Entrambe le parti hanno ripreso a usare le tastiere, solo che nel pop erano esaltate e nel rock, specie quello più pesante venivano nascoste. C’erano ma non si vedevano. 
Gli anni del metal per eccellenza furono pieni di tastiere, ma senza che si potessero nominare. Ronnie James Dio le usò in modo sfacciato nei suoi dischi, ma ai concerti non trovava le palle di mettere un tastierista sul palco. “Vedrai che arriverà anche il tuo momento” diceva al povero Claude Schnell 

Il più grande e sconosciuto tastierista degli anni ’80

Schnell annuiva e andava a nascondersi. 
Gli Iron Maiden usarono le tastiere in modo sempre più massiccio fino a metterle quasi dappertutto nel disco più prog dei primi dieci anni, “Seventh Son of a Seventh Son” 
dando persino la possibilità al tastierista assoldato per suonarle di stare sul palco con loro, sapendo bene che tastierizzare il metal era tabù per il loro pubblico pagante. Coraggiosi, cazzo! 

Kevin Moore pronto per salire sul palco ed esibirsi con gli Iron Maiden

I Maiden furono un tantino avanti e ancora sono lì che continuano a inserirle e proclamare di volerne usare non badando a spese, ma non si sono accorti che intanto il Metal ha tastieristi che svisano di sopra e di sotto come un assedio di S.W.A.T. al palazzo di vetro dei Truesters. 

Mani in alto Rock ‘n Rolf

Ci sono persone convinte che abbiano spazio solo in alcuni generi, il power, il prog e il goth (dove i suoni e le linee melodiche dei new romantic vengono sposate ai giri dei maiden e dei metallica) ma le tastiere sono presenti anche in ambiti più estremi: il black sinfonico, il death svedese e persino i Morbid Angel ormai le mettono ovunque. Il problema di oggi è che i ragazzi continuano a scegliere di suonare la chitarra, la batteria, il basso, ma finiscono per litigarsi le mosche bianche dei tastieristi cresciuti a pane e Dream Teather o Dimmu Borgir. 

La tastiera è uno strumento difficilissimo da suonare. Ormai sul palco i ragazzi usano mettersela a tracolla e agitarsi come se suonassero una chitarra, ma sbagliano e non possono rifugiarsi nel banding o nell’uso selvaggio, anarchico della leva o del fischiato, il suono viene fuori sempre uguale, tondo, preciso. Se sbagli se ne accorgono tutti. 
Altra difficoltà del tastierista nel metal, oggi è che finché le cover scelte risalgono a non prima del 1993, non c’è problema, ma se si va a pescare nel repertorio davvero classico, motorhead, saxon, maiden,il tastierista non sa dove mettere le mani. 
Oggi nessuno ha più nulla da dire se una band metal ha le tastiere. La gente ama i virtuosismi e le cose atmosferiche dei tastieristi, ma non ce li vogliono sulle canzoni degli anni in cui allo strumento veniva imposto un embargo da parte del pubblico più oltranzista. Non puoi suonare “Overkill o “Breakin’ The Law” con sotto un tappeto di fiati. Ti lincerebbero. Così il tastierista è costretto a fermarsi, rimanersene lì e ritingersi le unghie di nero, annuendo neanche troppo convinti dietro alle ritmiche di quelle canzoni storiche ma che non amano poi molto, visto che appartengono a un tempo di discriminazione e persecuzione di quelli come loro. Il tastierista però offre al gruppo una smania di cazzeggio che magari senza non avrebbe. Potremmo suonare le sigle dei cartoni animati! Oppure sai che ti dico, facciamo The Final Countdown! Sì, ficata!”

Mic Michaeli, responsabile del risucchio cosmico per ogni tastierista Rock
Ecco il vero incubo del tastiere, l’intro di The Final Countdown. Da quando il tastierista è entrato a far parte del genere metal deve affrontare questa prova del fuoco che spesso può risultargli fatale, ovvero l’inizio di una canzone amata segretamente da tutti i metallari del mondo, quanto Paranoid e Smoke on the Water, anche se molti lo ammetterebbero solo da ubriachi. Il problema di questo brano non è tecnico. Il motivetto – paraparaaaparapappappaaa – èuna cosa semplicissima, ma ci sono state persone abili con lo strumento che sono crollate davanti a questa prova, gente che sapeva rifare gli assoli di Petrucci con entrambe le mani e che deflagrava davanti a questa sciocchezzuola poppy e sapete perché? Perché è semplice e gloriosa come un gol a porta vuota, ma spesso proprio la semplicità obbliga a non sbagliare che rende difficile la cosa più facile. L’intro di The Final Countdown provoca un risucchio cosmico nella mente dei più sensibili e finisce per causare la tragedia. I tastieristi vannonel panico, iniziano a pensare: se sbaglio lo sentirà anche mia nonna che sta sul balcone.
L’effetto di ilarità che può suscitare quel motivo quando viene sbagliato è pari a un gas divertente spruzzato da pompe naziste nella stanza. Viene giù l’intero palazzo e cade tutto addosso al povero tastierista. Stesso discorso vale per Rainbow in the Dark”, ancora più semplice e ancora più letale, ma meno nota. Non possiamo dimenticarci poi l’inizio di Touch of Evil. Sono tutte puttanate, ma i tastieristi cadono. Preferiscono mille volte gli Stratovarious o i Virgin Steele al defilamento di un Rammstein. 

Credetemi, costui è uno dei più grandi tastieristi metal in circolazione

Da un eccesso all’altro, poi. Se prima la tastiera non era impiegata su quasi nulla, adesso si tende a metterla ovunque, ottenendo risultati spesso letali, con suoni squillanti, isterici, che trasformano generi più aperti alla melodia come il power, in una sagra tirolese per impasticcati, un rave party del crauto danzante, se vogliamo.

Forse tra tutti i generi è l’industrial quello che ha saputo fare meglio con le tastiere, partendo da esse e non viceversa. Non parlo tanto dei Nine Inch Nails, ma di un gruppo che ha comunque dei bei chitarroni in evidenza, anche se un andamento tunzettaro, come i Rammstein, capaci di usare le tastiere in modo integrante e non sovraesposto o emarginato. N’è vero?
(Francesco Ceccamea) 

Ceccamea, ma qui mancano proprio le basi: non mi hai citato nemmeno di striscio uno dei più grandi: Allen Lanier dei B.O.C    
Ma scherzi, io amo i B.O.C. Comunque ammetto la spaventosa lacuna che tu denunci in questo articolo. Rimedierò con una seconda parte che si intitolerà “Allen non approvava quei campanacci”. Che te ne pare?