I METALLARI NEL CANILE


Non è così semplice dividere la musica in bella e brutta, riducendo tutto il resto a inutili sovrastrutture. Non siamo i cani di quei test recenti. Alcuni ricercatori (svegli come moffette e investitori squinternati dei soldi di qualche ricchissimo idiota) hanno dimostrato che la musica metal fa agitare i cani nelle gabbie. E mi coglioni! Il che non vuol dire poi che non la gradiscano, come qualcuno vorrebbe far credere: semplicemente, questi cani, rinchiusi in un canile da cui probabilmente non usciranno vivi, se gli fai sentire Mozart stanno buoni e attendono l’iniezione letale, se invece gli metti Prehistoric Dog dei Red Fang iniziano a dimenarsi e sbattere contro la rete, abbaiare e grattare. Direi che è il motivo per cui ascoltiamo tutti l’heavy metal, no? Ci aiuta a reagire alla gabbia in cui siamo chiusi, in attesa che qualcuno decida come e quando farci morire.

Ma torniamo al discorso della musica bella e la musica brutta. Oscar Wilde diceva, a proposito dei libri che si dividono in due categorie, quelli belli e quelli brutti. Ok, ma non è tutto qui, quello era solo l’ennesimo aforisma e, per quanto siano abbastanza piccoli da contenere delle verità, gli aforismi sono più belli che veri. Noi siamo persone e non cani, il cui funzionamento interiore ci è in larga parte sconosciuto. I nostri gusti si determinano attraverso migliaia di sovrastrutture. Non è solo un appagamento animalesco dei sensi, altrimenti sentiremmo le ciofeche predigerite di MTV, ma non lo facciamo e lottiamo anche per non ridurci a questo. Ci sono tanti motivi per odiare un artista. Per esempio chi lo ama.

Justin Bieber potrebbe scrivere la ballad più bella dai tempi dei Led Zeppelin ma un metallaro la rifiuterebbe proprio per quello che Bieber rappresenta: industria, soldi, cinismo usa e getta, McDonald della musica. In fondo è un ragionamento scemo ma il metallaro stesso è scemo e gli piace mangiare sempre e solo proteine. Gli idoli del metal fanno di tutto per convincere i propri fan che a muoverli non sia il desiderio di fare soldi, ma l’ideale. Stanno tutti lì a dirci che potrebbero vendere il culo (e molti di loro quando qualcuno glielo voleva comprare, l’hanno venduto a dire il vero) ma preferiscono il metal. Ovvero il modo più sicuro per non fare soldi con la musica.
I Pantera sono belli. I Pantera fanno cagare. Vero, ma perché ti piacciono, perché ti fanno cagare?
Ci sono migliaia di motivi per cui il suono di chitarra di Darrell mi piace e ce ne sono anche il doppio perché il suo modo di suonare mi mandi al bagno peggio del Guttalax.
Le Pantera

Una musica mi piace anche perché mi piace chi la suona e chi la suona mi piace per come mi guarda, per come sorride, per quello che dice. Ci sono motivi ridicoli che mi spingono a lasciarmi conquistare da una band, da un genere musicale. Deve farmi credere che tra me e quell’artista soprattutto ci sia qualcosa che riguardi entrambi. Tutti abbiamo bisogno di questo per amare la musica di qualcuno, illuderci che ci sia un qualche legame. Altrimenti ascolteremmo anche la musica di un pedofilo e ce la terremmo in cuffia nei momenti tristi o commoventi. Burzum produce musica scientificamente di merda e non sapremo mai quanto sia amato e odiato, dove finiscano i meriti e i demeriti “artistici” e quelli “umani”. 

Genio!

Quando Michael Jackson fu accusato di pedofilia, le sue canzoni meravigliose non lo furono più per tanta gente. I Pantera sono belli anche perché è fica la pelata di Phil Anselmo, perché Vinnie Paul è grasso, perché parlano di ciò che mangiano e perché sono completamente pazzi e possono non piacerci per gli stessi motivi. Solo perché la loro musica spacca? Sarebbe giusto, ma impossibile. I Death sono belli anche perché Chuck era bravo, sapeva suonare, era sincero, poetico, morto, morto e morto. I Pantera ci piacciono perché sono morti e perché non torneranno più, oppure ci piacciono perché quando tutti li ascoltavano e noi li detestavamo considerandoli di moda, era un tempo tutto sommato piacevole, con dei ricordi emozionanti che anche in quei dischi sono racchiusi e siccome siamo degli nostalgici a livelli di perversione, i Pantera oggi ci piacciono guarda un po’. Sentiamo musica per un milione di motivi e non ne sentiamo altra per il doppio. Non è stupido evitare la produzione pop di Raf solo perché non ci piace il suo viso e il suo curriculum, è solo profondamente umano. Se mettessero davanti a un fan di Lemmy un brano di Jovanotti lui lo odierebbe ancora prima di sentirlo. Per accadere il contrario, Lorenzo Cherubini dovrebbe dimostrare al tizio arrabbiato che si sfonda il fegato (e si illude che un panzone con la dentiera che vive in Inghilterra e scopa ragazzine che potrebbero essergli figlie sia l’unico in grado di capire perché lui si fa male) che in realtà, Jovanotti, è come lui e sa quello che prova. E Jovanotti dovrebbe farlo attraverso la musica; una canzone e delle parole per comunicargli che la paura di morire, di amare e di essere lasciati è la stessa per chiunque. Shakespeare parla a Lemmy e Jovanotti. Lemmy e Jovanotti non si capiscono proprio.

Decidere di amare una musica, decidere se è bella o no, passa attraverso il cervello. Sempre. Non il cuore. C’è una parte lucida di noi con cui dobbiamo avere sempre a che fare. Altrimenti non ameremmo buona parte delle cose che ha fatto Picasso. Altrimenti non ci piacerebbero molte delle cose che ha fatto Zappa o Carmelo Bene.
(Francesco Ceccamea)