SCROTAL BRUSH – FACEBOOK OF THE DEAD

                              
 
Facebook è una comunità virtuale di vivi e… di morti. Io ho alcuni amici su facebook che sono morti, ma stanno ancora lì e sono sicuro che gli arrivi una nota ogni volta che decido di pubblicare l’ennesima frociata”. Visito in gran segreto quei profili alla deriva e come me immagino facciano anche altri: guardo le foto, leggo i commenti, faccio partire video musicali risalenti anche a pochi giorni prima che l’utente scomparisse. 
Uno dei miei amici morti è scomparso in circostanze strane, mai chiarite del tutto: in casa di un amico, durante il sonno, d’infarto. 23 anni. Una volta stavo per scrivere una cosa sulla sua bacheca, del tipo: passo da qui e sento che mi manca. Come me anche altri vengono in questo posto. Se ci siete fatemi un cenno. Potremmo commemorarlo tutti insieme, no?
Ero quasi arrivato a spingere invio, ma poi qualcosa mi ha bloccato. Tornare lì e non trovare nessun commento sotto al mio, nessun MI PIACE.
 
                                          Vedo profili di gente morta!
Un’altra amica mi era anche vicina di casa: i commenti, pensieri, foto nel profilo ancora online, risalgono all’anno prima che morisse di un tumore che le aveva deformato il corpo, prima di mangiarselo. Quando la incontrai, alla Coop, non finsi di non riconoscerla, non la riconobbi e basta, tanto era trasfigurata. Non la vedevo da un bel pezzo. Riconobbi la madre e mi avvicinai per chiederle come stava Rita ma in quel momento, una tizia gobba e imbacuccata come il mammalucco sulla copertina di Leprosy la chiamò “mamma e le mostrò una confezione di piselli. La madre annuì e si allontanò da me senza avermi notato. Io mi squagliai un po’ in ogni senso. 
Sul profilo di Rita, sotto una foto risalente a un anno prima dalla morte,  si leggono i commenti di gente che chiedono: “Non vi vediamo più in giro, come mai?”. La foto risale alla vacanza che fecero a Vienna, qualche settimana prima di fare le analisi. Sono seduti abbracciati e si sorridono, mentre immagino qualche allegro austriaco che scatta loro cortesemente la foto ricordo. Sono andato a cercare il profilo del marito ma l’ha chiuso. Continuando a scorrere il profilo di Rita si legge un altro commento sotto una foto di lei che saluta affacciata al balcone di casa (rispetto alla foto di Vienna è più magra ma ancora graziosa e sorridente): “Speriamo che tu sia di nuovo in forma per questa estate, organizzeremo una cena con Roberto, Filippo, Luana… sarà una bella rimpatriata!”. Evidentemente Rita non aveva ancora diffuso la notizia. Quella cena, la rimpatriata, probabilmente gli amici la dovettero fare al suo funerale. 
A mano a mano che ci si avvicina alla morte di Rita, i commenti si diradano e anche i video, le immagini divertenti taggate dagli amici. Fino al silenzio, il vuoto bianco. 
Un altro dei miei contatti defunti se ne è andato nel giro di un paio di mesi. Non lo conoscevo molto, come la maggior parte dei miei amici di Facebook che neanche saluto quando li incontro per strada e nemmeno loro provano a farlo. Il tizio è morto da tempo, ma l’ho scoperto solo di recente. Mi hanno detto che è stato per uno di quei tumori rapidissimi che non ti danno neanche il tempo di capire cosa stia succedendo. Infatti, molti neanche lo sanno, visto che la famiglia ha cercato di essere discreta. L’ultimo commento risale a poche settimane prima: “Ogni giorno mi sveglio e penso: oggi è un buon giorno per morire…”. Sotto ci sono quasi duecento MI PIACE, ma al funerale ovviamente ho contato molte meno persone. 
Dopo morti a nessuno viene in mente di venirvi a trovare su Facebook, eppure i vostri profili sono diventate le vostre tombe virtuali. Sono e saranno lì anche dopo di voi, chi mai li toglierà? Chi potrà farlo, visto che la password la sapevate solo voi?
 
 
Magari con il tempo, visto che la comunità di FB sta diventando sempre più centrale nella vita di tutti noi, ci verrà in mente di lasciare la password al nostro compagno o la nostra compagna, che potranno decidere se trasformare il profilo in una vera tomba virtuale su cui scrivere un pensiero, taggare una foto ricordo e scambiare aneddoti, impressioni, rimpianti, in memoria del deceduto; o chiuderlo e basta. Già adesso è possibile fare una specie di santuario commemorativo, ma sono in pochi, almeno nel nostro Paese provano a farlo. Nessuno si avventura in un profilo abbandonato perché l’utente è deceduto, girano tutti alla larga. Già scrivere il nome e provare a vedere se il morto è su internet sa di malato, sordido e vigliacco. Prima o poi, qualche malato terminale si toglierà lo sfizio di lasciare un messaggio in bacheca, prima di andarsene. Magari ci sarà chi si ricorderà di chiudere il profilo, prima di crepare, come adesso si ricorda di aprirlo ogni mattina, con una coerenza maggiore dell’igiene intima. I profili che restano sono ruderi di vite passate. Andarci è una strana esperienza perché rappresentano la progressiva realizzazione che si sta morendo. Nel caso di un malato terminale, è in presa diretta, c’è una progressione con le prime frasi ottimistiche tipo  “Domani l’ecografia: incrociamo le dita” o “Come è andata la gastroscopia?”, postato sotto, il giorno successivo, da un amico. Magari poi non c’è più nessuna connessione che racconta le varie fasi della lotta, fino alla resa, ma quella frase su come è andata la gastroscopia è ancora lì, eterna, trasformata in uno sfottò terribile anche per il cinismo fighetto di feisbuc
Facebook è il posto ideale dove fare condoglianze, commemorare qualcuno, scambiarsi delle virtuali carezze di consolazione. Ai funerali la gente è così impacciata, seccata e anche disgustata, a volte. Arriverà il giorno in cui andremo a far visita ai nostri morti, con il mouse, comodamente in ciabatte. Incideremo noi l’epitaffio sulla tomba di nostro padre, con un click.
(Francesco Ceccamea)