GOJIRA – L’enfant Sauvage (Francia 2012)
Non me ne frega assolutamente nulla che “L’enfant Sauvage” sia stato inserito nel libro “I 100 migliori dischi Death Metal” – libro modesto uscito quest’anno – o che lo dicano in tanti altri che li straosannano. Allora se i Gojira, che mescolano Fear Factory, Meshuggah e gli ultimi Hypocrisy, fanno death, io per vent’anni ho ascoltato la Pausini… e non me ne sono mai accorto!!!
s.v.
BARREN EARTH – The Devil’s Resolve (Finlandia 2012)
Qualche vocione catarroso e un paio di ex – componenti degli Amorphis per fare pressappoco e appunto il doom progressivo degli Amorphis. Avvertenza: se cercate estremità non le troverete in questo disco che di conseguenza e al contrario di altre rubriche, non può essere recensito correttamente in questo spazio di esclusivo metal estremo.
Gioco di significati per questo gruppo rumeno Dor de duh = assenza di spirito, Dar de duh = dono dello spirito che tradotto in musica sarebbe Dordeduh = Negura Bunget perché in questa band ci sono due ex – Negura Bunget, per la precisione i due ex – chitarristi che si sforzano di replicare tutto sommato sempre i Negura Bunget. Difficile stabilire a chi spettino i meriti della genialità discografica dei Negura se ai due ex – membri ora Dordeduh o al batterista che è rimasto l’unico del gruppo originario. Stiamo ai fatti: i Dordeduh fanno un black molto simile a quello del loro gruppo di provenienza ossia fanno del black – ambient – folk con cambi di tempo tipicamente progressivi. Faticano un po’ sui pezzi lunghi, sarebbe meglio cercare una loro strada, ma di tempo ne hanno visto che questo è il loro primo cd intero. Staremo a vedere ma sono sicuro che ci siano ampi margini di miglioramento perché di buone idee ne hanno un sacco. Per ora ci si trattiene con la votazione.
4/6
Discreto grind dai pezzi brevi ed incisivi per questo navigato combo americano alla sesta uscita sul mercato. È inutile nasconderlo ma qui il vero punto di forza è il batterista già noto alle cronache metal per esserlo anche nei Misery Index. Adam Jarvis è una perfetta macchina umana che non solo sa strasuonare il suo strumento ma sa pure farlo registrare sempre alla perfezione e la capacità di un musicista la si evince anche da qui e non è un piccolo dettaglio. Sicuramente questo album senza di lui varrebbe qualcosina di meno.
4,5/6
Il problema non è solo legato al fatto che costoro cambino l’ultima nota dei loro vecchi riff triti e ritriti facendo finta di nulla, il problema è che non ce la fanno proprio più a scrivere un bel pezzo! Li conosco dal 1994 e ormai sono convinto che ci stiano prendendo per i fondelli e che lo stiano facendo almeno a partire da Thornography del 2006. E poi perché ogni volta che li ascolto mi viene in mente lo stereotipo di una loro fan? Quello della ragazzotta adolescente dark in sovrappeso, vestita rigorosamente in nero, col fondoschiena quadrato, la borsa col teschio luccicante e il mezzo stivaletto borchiato che ora va tanto di moda? E poi l’avete visto il cantante Danieletto er monnezza nelle nuove foto promozionali, immortalato sui trampoli per cercare di camuffare la sua statura nanesca? No è proprio troppo… veramente troppo poco.
2/6
No, non è il nuovo dei fratelloni carioca, è la ristampa che unisce l’Ep “Unmerciful order” del 1994 con i pezzi estrapolati dallo split del 1993 coi connazionali Violent Hate. I Krisiun di una volta erano i Sepultura in versione 45 giri. Raggiungevano la velocità della luce che in pochi nella storia del death hanno eguagliato. “Arise from blackness” è una riproduzione di canzoni piuttosto rozze per collezionisti, gli altri è meglio che si buttino sui Krisiun di questi ultimi sei anni.
s.v.
(Flavus)