POSSEDUTI DAI CHRISTIAN MISTRESS

Qualcuno la chiama “New New Wave Of British Heavy Metal In The U.S.A.” e altri “La Combriccola Sacrilega Del Gilet” ma non credo che lo stile di band come Devil’s Blood, Ghost, Groan, High On Fire e 3 Inch Blood si limiti a una riesumazione fotocopia di un vecchio sottogenere musicale. 
Come il Carli mi insegna, la NWOBHM è tutta una matassa garbugliosa di band diversissime tra loro che avevano in comune la terra di nascita e l’età artistica, non il sound e nemmeno i riff. Gruppuscoli, gruppini e gruppacci che recuperavano il linguaggio dell’hard e del proto metal mescolandolo all’acidula isteria rivoltosa del punk, la musica dei Judas Priest/Scorpions/U.F.O. e le tirate barocche dei Deep Purple, spalmandoci sopra tematiche fantasy, orrorifiche, urbane, edonistiche e via sproloquiando, ma di fondo non centravano nulla le une con le altre. Al contrario queste nuove band si somigliano un po’ tutte per suono, look e temi e vengono da nazioni diverse.
Gruppi come Christian Mistress o Devil’s Blood, di sicuro ricordano i Maiden e forse possiamo metterci gli Angel Witch e i Saxon, che è un po’ come dire tutto e non dire nulla, ma la cosa è dovuta in gran parte alla scelta pragmatica e non poetica di registrare i dischi in analogico, usando una decina di piste e investendo pochi soldi; ecco come mai pare di ascoltare una roba inglese del 1982 o giù di lì.

Al sound aggiungiamo il look: jeans a sigaretta, chitarre a V, baffoni alla Village People, giacchettoni senza maniche e pieni di toppe che richiamano molto il look degli Hell’s Angel, ma tutto questo, secondo me, è solo una scafata, smaliziata ricostruzione molto fashion del vestiario sfigato e boro alla Manilla Road.
Il sentimento esoterico esplorato nei testi poi, è degno di quegli sciamannoni dei Venom, attratti da certi temi satanici nel loro aspetto più sensazionalistico e disimpegnato (piuttosto che i Coven) ma la voce femminile, dallo stile morbido, materno, senza strepiti, gorgoglii o gemiti lascivi trasforma quelle boiate da satanisti della domenica in qualcosa di sottile, coinvolto e poetico, di grande atmosfera messianica come gli veniva bene ai succitati Coven o i Black Widow del primo disco.
Però, me lo dite dove è mai esistito un patchwork di simili ingredienti? Che stia diventando una moda, è vero: qualcuno la chiama Vest Metal mandando tutto in vacca ma il punto è che questi solforosi sacerdoti di un nostalgico mondo satan ‘n’ roll non sono mai esistiti prima. Il genio, la magia di queste band è che ci fanno rimpiangere una cosa che non c’è mai stata. Si sono mascherati da ricordi fasulli eio trovo tutto questo davvero fresco e innovativo (Biani, Carli, non ne sto parlando male, ok?).
Non siamo al cospetto degli ennesimi Primal Fear che dopo 30 anni ritornano a dirci che “heavymetalneverdais”: qui c’è gente che simula un ritorno ma siamo nel presente, mascherato in modo rassicurante con le vesti ormai logore e impolverate degli anni migliori, forse nel tentativo di esorcizzare la paura costante che l’attuale ci trasmette. Questa musica è nuova, fresca e ci riempie di aspettative, soprattutto perché è fatta di canzoni, buone, ottime, indimenticabili.

Il secondoalbum dei Christian Mistress, “Possession”, sembra il prelibato pasticcio di un cuoco costretto a ricavare una cena da una dispensa di alimenti scaduti. E ci riesce alla grande.
Infatti, i riff pentatonici che un tempo gli U.F.O., i Thin Lizzy e i Budgie usavano per le loro cavalcate più idrofobe (aaaaaaaaarrrrrhhhggg! Bau Bau Bau!), i controcanti fatti di scale che scendono e salgono, come i Maiden ne usavano fino a Killers e non oltre, gli assoli velocissimi e pieni di note ma privi di quel tecnicismo esasperato e preciso di oggi (un po’ alla maniera dei primi Destruction e Sodom), tutto questo è un cocktail di ingredienti dimessi, certo, ma notate cosa fa il basso, (il vero indizio fatale per lo smascheramento) inserisce un elemento stilistico cronologicamente più defilato: le progressioni di note sotto i riff volutamente stantii, ha la tipica emotività degli anni ’90 e dei My Dying Bride o Tiamat.

Christine Davis ha un’ugola come la Dolores dei Cramberries. Lei è meno spigolosa, più materna, un po’ troppo svociata a volte e naturalmente sfatta, ma è la spezia di pop abrasivo a una miscela sempre più ingarbugliata a mano a mano che si procede con l’ascolto. Mentre il batterista con tutte quelle cazzo di rullate e la tendenza a invertire i giri mi ha riportato a Peter Chriss quando si drogava di brutto e pensava di essere il nipote cattivo di Bonzo Bonham; è l’incognita pura che mantiene in forse la canzone fino all’ultima botta, il vero matto della band.

“Black To Gold” è il momento topico dell’intero album, una canzone speciale, con quell’attacco ingannevole alla “Black Night”  ma che già al primo minuto guadagna un’enfasi visionaria alla BOC (che per chi non lo capisse sono i Blue Oyster Cult).
Gli stessi Christian Mistress hanno ammesso di non essersi resi conto di quanto fosse speciale la canzone fino a che, chiamandosi al telefono, si sono confessati a vicenda che aveva continuato a vivere nella loro testa, crescendo e mutando come un virus, senza mai lasciarli in pace.  Ecco dove sta la vera possessione del titolo. Altro che il ruffianissimo e scadente brano “Possession”.
Tra gli altri momenti colpiscono “Pentagram & Crucifix” e “Haunted Hunted”, di cui consigliamo l’ascolto dentro una vecchia casa abbandonata. Da soli.
Il resto del disco è così così ma questi ragazzi sono alla seconda prova, diamogli tempo, cazzo!
(Francesco Ceccamea)