Venere in pelliccia è una storia vera. In fondo a questo romanzo abbastanza monotono e discutibile c’è infatti la confessione spudorata di Leopoldone Masoch e del suo rapporto erotico completamente subordinato alla crudele voluttà di una donna bellissima e spietata. In appendice c’è la copia del vero contratto che lui e una tal nobildonna stipularono, con inequivocabili condizioni di completa mercé da parte di Leo verso la dama, senza se o ma.
Nel libro, il protagonista decide di far da zerbino, da scalino, a questa signorissima troia di proporzioni inferiche, e con sorpresa universale, lui gode più di lei a prender figuratamente la sua pregiata merda da mane a sera. Quello che scandalizzò il mondo e che ancora oggi relega “Venus in Furs” a classico dell’erotismo o del proibito è che le frustate, la martirizzazione del povero innamorato non ricambiato sono la parte più eccitante e appagante per lui stesso nel rapporto amoroso con questa donna. Per lui ma ma non per noi che non capendo la perversione dobbiamo limitarci a un’analisi razionale, fredda, medica, lucida e assai pallosa sulla vischiosa trappola sensuale in cui il frustratissimo venerante si catapulta di sua sponte in una reiterata, inevitabile demascolinizzazione valchiriaca. Ma come cazzo scrivo, oggi?
ecco qui il Masoch |
Alla base della relazione c’è il principio secondo cui, tra un uomo e una donna non possa sussistere la condizione per un rapporto paritario in quanto la femmina è troppo delegittimata culturalmente rispetto al maschio e di conseguenza solo una totale sottomissione ottenuta con la forza bruta o di contro, un asservimento dell’uomo al volere capriccioso e sadico della donna possono essere le vie possibili per una convivenza tra sessi. E il protagonista decide di strisciare, accetta di essere bestializzato, declassato a servo, castrato nella mente e quasi nel corpo. Firma un contratto che autorizza la donna a spingerlo al suicidio e tutto non è altro che il suo più grande sogno esistenziale. La Venere però a un certo punto decide di alzare la posta e coinvolge un terzo, un bellissimo greco, sadico anche più di lei. Il povero martire ludibrioso inizia a borbottare che non gli sta bene, è geloso. La donna minaccia di cederlo al greco, se continua a rompere.
Il bello di questo romanzo è che fino in fondo non si sa mai quanto il dispiacere, il rodimento, la sofferenza carnale e carnosa del protagonista siano schietti o solo un mascheramento per il piacere immondo e imperdonabile che anziché sopirsi cresce attizzato da valanghe di crudeltà femminile. Imperdonabile peccato perché cosa c’è di più grave per la nostra società fallocratica di un uomo che sopprime volontariamente la propria virilità allo scopo di tributare alla bellezza e alla sensualità travolgente di una super fica di rara stronzaggine.
Il bello di questo romanzo è che fino in fondo non si sa mai quanto il dispiacere, il rodimento, la sofferenza carnale e carnosa del protagonista siano schietti o solo un mascheramento per il piacere immondo e imperdonabile che anziché sopirsi cresce attizzato da valanghe di crudeltà femminile. Imperdonabile peccato perché cosa c’è di più grave per la nostra società fallocratica di un uomo che sopprime volontariamente la propria virilità allo scopo di tributare alla bellezza e alla sensualità travolgente di una super fica di rara stronzaggine.
Non è un romanzo eccitante, ma quasi tutti i cosiddetti classici della narrativa erotica non lo sono. O meglio, se voi aveste una grande passione per le statue di venere con indosso una pelliccia d’ermellino allora stareste sempre rigidissimi e umidi, ma se le frustate non vi dicono granché né a prenderle né a darle, allora preparatevi a sbadigliare e indignarvi come tutto il mondo culturale del tempo in cui la “Venere in pelliccia” uscì, così morbosamente attratto e mentalmente impreparato a una storia simile.
Insomma, non si scopa mai. Dal punto di vista del porno è un romanzo davvero molto casto, garbato, pulito. Anche i supplizi a cui il protagonista si lascia sottoporre non sono poi così tremendi per essere di un romanzo cosiddetto “spinto”. Sade e Pauline Réage fanno davvero molto di peggio, ma in questo caso non è l’entità della tortura, l’umiliazione in sé a costringere un trasalimento emotivo, quanto i principi e soprattutto l’atto di resa deliberata da parte del personaggio, che sembra negare anche a se stesso il piacere di farsi calpestare e maltrattare da uno stupendo puttanone.
Certo, moltissime persone hanno inteso fino in fondo il vero senso del sacrificio sensuale. Del resto questo non è solo un vecchio romanzo, ma il giaciglio dove nasce il concetto e la parola masochismo, e se non ci fossero milioni di tipi abbastanza strambi da farsi legnare e frustare dalla persona che amano, incoraggiarne i tradimenti sessuali e via di peggio, ora parleremmo di questo romanzo come di una stranezza della letteratura weird e di certo Lou Reed non ci avrebbe sprecato un minuto a cercare tirarne fuori una grande canzone per il primo album dei Velvet Underground. Invece “Venere in pelliccia” è più di una storia da cesso, è un trattato, romanzesco quanto si vuole, ma autentico, coraggiosissimo e scientificamente molto utile. Un passo deciso per le vie abissali dell’eros umano.
(Francesco Ceccamea)