Dopo un viaggetto alla ricerca dei musei più sdangherati del mondo, volevo fare insieme a voi una passeggiata attraverso i secoli, alla ricerca di quella che sotto la definizione generalista di “ARTE” nasconde e racchiude in sé il meglio ( o il peggio) della pittura, della scultura, della supercazzola con scappellamento a destra che uno sdangherato possa chiedere. Tutto questo preambolo senza un vero senso compiuto, per avvicinarvi piano piano, poco poco, al mondo dell’arte, cominciando da ciò che più si avvicina al nostro weltanschauung: l’arte orrorifica, quella che descrive incubi, mostri, paure, demoni e diavoli.
Francisco Goya – Saturno che divora i figli : Iniziamo con Goya e il suo “Saturno che divora i figli”. Il quadro riprende il mito di Saturno (Cronos per i greci), padre di Zeus, che, quando gli venne predetto che uno dei suoi figli lo avrebbe detronizzato, decise di divorarli. Si salvò soltanto Zeus e la profezia così si realizzò.
Il dipinto fa parte del ciclo detto “Le pitture nere della Quinta del Sordo” che Goya realizzò negli ultimi anni della sua vita sulle pareti della sua casa sul fiume Manzanarre: una serie di dipinti il cui colore dominante è il nero, caratterizzati da oscure visioni, permeati da un senso di morte e di follia, incubi che popolano l’immaginario di Goya. Vi consiglio una visita virtuale alla casa di Goya http://www.artchive.com/galleries/goya/view1.html, dato che i dipinti sono stati staccati dalle pareti ed esposti al museo del Prado di Madrid.
Hieronymus Bosch – Il giardino delle delizie: La pittura di Bosch rivela la sua grande e continua angoscia morale e religiosa, combinando motivi astrologici e popolari con tematiche come l’Anticristo e raffigurazioni di scene sulla vita dei santi. Le sue raffigurazioni rappresentano attraverso elementi tradizionali (scene di pene corporali, la presenza del fuoco) e immagini simboliche, la dannazione eterna. I suoi personaggi, tra l’animalesco e l’umano, vengono dipinti in atteggiamenti grotteschi e spesso indecenti con un evidente intento satirico. Anche quest’opera è conservata al Museo del Prado di Madrid: si tratta di un trittico il cui pannello di sinistra mostra la creazione di Eva e la Fonte della Vita, mentre quello di destra mostra l’Inferno. La tavola centrale è il vero e proprio giardino delle delizie, dove per delizie si intendono i peccati, i vizi che dominano il mondo. Vi consiglio un’immagine molto grande o una bella lente d’ingrandimento per poter apprezzare ogni più piccolo personaggio di quest’opera.
Johann Heinrich Fussli – L’incubo: Pare che Sigmund Freud possedesse una delle cinque versioni di questo quadro nel suo studio viennese. Si tratta di un soggetto che Fussli dipingerà, appunto, almeno cinque volte, rivelando la sua predilezione per il tema del sogno, momento in cui affiorano le più profonde regioni dell’animo: la giovane donna dorme in una posizione sicuramente non comoda che, insieme all’espressione, ne rivela l’inquietudine. Un mostriciattolo, materializzazione dell’incubo, le sta seduto sulla pancia spalancando nell’oscurità i suoi occhi ben poco rassicuranti. Dal buio emerge un cavallo dagli occhi bianchi, una puledra se ci si ricollega all’espressione inglese nightmare ( Night+mare: notte+cavalla).
“Alcuni aprono le porte dell’arte con chiavi dorate, e con onore siedono tra i semidei della fama; altri le forzano con la violenza e con impeto selvaggio balzano sul piedistallo. A migliaia falliscono il loro obiettivo, facendo risuonare inutili chiavi e picchiando vanamente contro le porte immobili” (J.H. Fussli)
John Hamilton Mortimer – Death on a pale horse. Morton D. Paley definisce Sublime Apocalittico quella corrente neogotica che collegava il tema religioso al gusto per l’orrido, per il violento e per il sovrannaturale attraverso cui venivano rappresentate le scene sacre, identificandone come
primo esponente il pittore John Hamilton Mortimer.
Death on a Pale Horse raffigura esattamente il momento in cui San Giovanni, all’apertura del quarto sigillo, vede apparire l’ultimo cavaliere, la Morte:
Quando l’Agnello aprì il quarto sigillo, udii la voce del quarto essere vivente che diceva:
«Vieni». Ed ecco, mi apparve un cavallo verdastro. Colui che lo cavalcava si chiamava
Morte e gli veniva dietro l’Inferno. Fu dato loro potere sopra la quarta parte della terra
per sterminare con la spada, con la fame, con la peste e con le fiere della terra.
Mortimer riuscì a dare a un testo di per sé spaventoso un’immagine ancor più terrificante, combinando abilmente le fantasie neogotiche alla violenza e alla passione del Barocco. Quest’opera influenzò molti altri pittori che si dedicarono alla raffigurazione dello stesso tema, come William Blake o Benjamin West. Inoltre può considerarsi un valido documento di quella vasta e cospicua corrente “del terrore”, che stava, appunto, emergendo nell’arte del ‘700.
Franz von Stuck- Die Suende: “Il Peccato”, rivisitato in ben undici versioni, suscitò subito nel pubblico di inizio ‘900 grande interesse. Il freddo serpente sta avvinghiato al corpo bianco latteo della donna, Eva, “la tremenda progenitrice è in attesa: e dietro ai suoi occhi arde l’inferno. Attende immobile, in silenzio. Il suo sguardo è lontano, lontano, fino in fondo ai cuori umani”: così Otto Julius Bierbaum descrive la versione del Peccato da lui osservata, folgorato dal contrasto tra la “liscia freddezza e flessuosa forza di serpe a riposo sul morbido tepore del corpo bianco risplendente di allettanti promesse”.
Utagawa Kuniyoshi- Takiyasha la strega e lo scheletro spettrale (Princess Takiyasha summons a skeleton spectre to frighten Mitsukuni): Utagawa Kuniyoshi è stato uno degli ultimi grandi maestri dello stile ukiyo-e, ovvero “immagine del mondo fluttuante”: un genere di stampa artistica effettuata su blocchi di legno, espressione della cultura giovane che fiorì tra il XVII e il XX secolo nelle città di Edo (oggi Tokyo), Osaka e Kyōto. Questa stampa ritrae la principessa del decimo secolo Takiyasha, figlia del cospiratore Taira no Masakado, mentre evoca un fantasma-scheletro per spaventare Mitsukuni, un ufficiale dell’imperatore che era andato a cercare i cospiratori superstiti. Questa stessa leggenda era anche un tema ricorrente nel Kabuki.
A presto con nuove, inquietanti, indecenti opere d’arte e non.
(Mara Cappelletto Ceccamea)