La belle Edwige il destino ce l’aveva scritto nella carta d’identità, nata a Annaba (Algeria), detta Bône sotto la dominazione francese, italianizzata in Bona. Pure la Fenech l’abbiamo italianizzata (la mamma era siciliana) e dunque, bona per bona…. Calambour a parte, la Fenech è indiscutibilmente un capolavoro di donna, magnifica, per usare una nota formula: “ha popolato i sogni” di molti uomini per molte generazioni (e ancora continua a popolarli). Tuttavia nei confronti della Fenech ho sempre avuto uno sguardo particolare; intendo, la sua sensualità è indiscutibile, nondimeno quando la vedo in azione sul grande schermo (o piccolo…ahimè, molti film ho potuto scoprirli solo in homevideo), oltre a quel possente desiderio ben noto a chiunque abbia passato l’età puberale, avverto sempre anche una forma di sacrale rispetto. Sì perché la Fenech è una bellezza diversa, elegante, aggraziata, regale, superiore. Una Carmen Russo, una Annamaria Rizzoli, una Serena Grandi, per dire, splendono di quella ruspante libido che ti fa venir voglia di fare tanta ginnastica. La Fenech invece ha una cifra più signorile, preziosa, una dolcezza del tutto diversa e sconosciuta ad altre eroine del cinema di genere degli anni ’70. Occhi di gatta, pelle color latte, capelli soffici e avvolgenti, un seno dai mistici rimandi “escatologici”, dei fianchi materni, una mimica corporea felina e delicata al contempo. Chiunque la desidererebbe nel proprio letto, tuttavia (a me) scatta pure quell’effetto di venerazione (noto nei manuali di psichiatria forense come “Sindrome della Madonna di Lourdes”), che ti fa ammirare con deferenza, riverenza e temperanza tanta maestà d’aspetto.
Pagato il doveroso tributo alla Fenech come straripante esempio di bellezza suprema, mi preme molto sottolineare come questa sua dote abbia spesso e volentieri distolto l’attenzione dai meriti artistici di Edwige. Pronunciato quel nome, si viene immantinente arsi dalla fiamma della passione, e si assisterà al materializzarsi davanti ai propri occhi della protagonista di pellicole dai titoli assai evocativi come Giovannona Coscialunga, Quel Gran Pezzo dell’Ubalda…, Anna Quel Piacere Particolare, La Dottoressa del Distretto Militare, La Poliziotta della Squadra Buon Costume, eccetera. La Fenech però ha recitato in oltre 60 pellicole, assai varie di genere, e tutt’altro che esauribili nel pur pregevole e divertente filone scollacciato delle insegnanti, dottoresse, pretoresse, soldatesse e poliziotte.
Essere bellissima ha fatto si che la buona recitazione espressa dalla Fenech sia stata sottovalutata, se non del tutto trascurata, vuoi perché magari il resto del cast non era all’altezza, vuoi perché il film non era memorabile, vuoi semplicemente perché il critico di turno annegava nella spocchia (c’è da dire che pure i titolisti italiani ci hanno messo del loro per abbassare ulteriormente il livello, come in Alle Dame del Castello Piace Molto Fare Quello, film tedesco che in originale si chiamava in tutt’altro modo).
Edwige girava 5, 6 anche 7 film in un anno, una vera workaholic del mestiere, e questo innanzitutto le ha portato tantissima esperienza sul campo. Aggiungeteci la bellezza, un buon doppiaggio (perlomeno in Italia), una professionalità che le faceva accettare molti progetti che altre colleghe più pretenziose avrebbero certamente rifiutato, e, last but not least, il talento. Sarebbe facile dire che nei gialli “cult” di Sergio Martino come Lo Strano Vizio Della Signora Wardh, Tutti I Colori Del Buio, Il Tuo Vizio E’ Una Stanza Chiusa E Solo Io Ne Ho La Chiave, o con il grande Tognazzi di Cattivi Pensieri, l’Albertone di Io E Caterina, il Celentano pazzo di Asso, o il Pozzetto de La Patata Bollente, la Fenech sia stata adeguatamente valorizzata, tuttavia è forse proprio nelle pellicole minori e più reiette che si ha modo di “verificare” quanto la bella algerina il mestiere di attrice lo avesse nelle proprie corde, poiché, a fronte di un contesto non proprio esaltante, o talvolta addirittura avvilente per una “professionista”, Edwige sapeva ugualmente calarsi nel ruolo, recitare come si trattasse di un film con Fellini o Scorsese, e portare a casa il risultato. Nessun cedimento, nessuna snoberia, Edwige recitava come sapeva, indipendentemente dal ruolo, dal regista e dal budget, e il suo nome non figurava mai nell’elenco di quelli che si erano segnalati per una prova modesta o una conclamata sciatteria.
Nonostante una predilezione per il genere della commedia, naturalmente concedendo generosamente sempre parecchi centimetri di epidermide, la Fenech è passata attraverso il cinema di avventura (Samoa, Regina della Giungla, Il Figlio dell’Aquila Nera, Deserto di Fuoco) o il giallo (i titoli su menzionati ma anche, Nude per l’Assassino, Perché Quelle Strane Gocce Di Sangue Sul Corpo Di Jennifer, 5 Bambole Per La Luna D’Agosto ). Ed anche attenendosi alla commedia, l’ha percorsa in ogni direzione, dal trash ai film per famiglia dal taglio più sofisticato (perlomeno da un punto di vista commerciale), con i vari Villaggio, Abatantuono, Christian De Sica, Lino Banfi.
Rispetto ad altre colleghe, la Fenech ha avuto anche il merito e la furbizia di smettere quando la sua popolarità era ancora alta, senza scadere in un finale di carriera mesto e squallido fatto di titoli nostalgicamente revivalisti. Si è trasformata in imprenditrice e produttrice per il cinema e la tv, ha certamente fatto le mosse giuste, e oggi vive come un’agiata signora, sempre bellissima, che ha avuto il vezzo di ritoccarsi pochissimo (e bene) – soprattutto pensando a certi mascheroni che ancora popolano la tv – e che gode meritatamente dello status di leggenda del cinema sexy.
Edwige Fench è stata una bellissima donna, vederla dal vivo rende evidente quanto lo sia ancora, e sentirla parlare obbliga a prendere atto di quanto sia anche una persona assai intelligente. Bella, talentuosa, intelligente, praticamente la donna perfetta…Per onore di verità, negli anni d’oro del cinema di genere, il dualismo con la Bouchet è stato una lotta senza quartiere, ed in alcuni casi, come ad esempio La Moglie In Vacanza L’Amante In Città, Barbarella ha saputo addirittura imporsi sulla Fenech, il che ci porterebbe ad aprire un inevitabile e necessario capitolo anche su quel gran pezzo della Bouchet…ma questa è un’altra storia.
(Marco Benbow)