Come tutti gli amanti della buona letteratura io sono un frustrato. È inevitabile perché gli autori più importanti, i libri migliori sono introvabili. Spesso si affacciano sul mercato quasi per sbaglio e nel giro di pochi mesi la casa editrice li ritira senza aver nemmeno provato a venderli sul serio. Non se ne sa più niente fino a quando, grazie a e-bay, è possibile recuperarne una copia, se si è abbastanza pazzi da sganciare un prezzo anche dieci volte superiore a quello originario. Tra le mie storie preferite, quando mi lagno con qualche raro ascoltatore disposto a sorbirsi i miei sfoghi, c’è la raccolta “By Bizarre Hands” di Joe R. Lansdale.
Chi è Lansdale non è necessario dirlo. I suoi libri nel nostro paese sono stati quasi tutti pubblicati; da Fanucci, Einaudi, Bompiani, Mondadori. E’ così famoso che all’uscita di un suo nuovo romanzo ne parlano anche su “Il Venerdì” di Repubblica o nel “Magazine” del Corriere della Sera. Lo scrittore potrebbe essere ospite da Fazio a “Che tempo che fa”. Quando lo scoprii io però non era così famoso. Parliamo del 1993 e ancora probabilmente neanche quel ruffiano di Ammanniti sapeva di lui. Mi imbattei in un suo racconto apparso in una mediocre antologia sugli zombi a cura di Stephen Jones, uscita per Urania. Il racconto era “Nel deserto delle Cadillac con l’esercito dei morti”
Sembrava scritto da un vecchio sceriffo di provincia appassionato di Mark Twain e del peggior cinema estremo degli anni 80. Me ne innamorai all’istante, come si dice. Dovevo avere tutto di Joe, peccato che a parte i due “Drive In” usciti in sordina nella collana Urania, c’era poco o nulla in giro. Dovetti pagare il triplo del prezzo di copertina i due arretrati di Urania e aspettai più di due mesi prima di riceverli. Il primo dei due (che poi è il migliore)
per un errore di impaginazione, mancava delle ultime venti pagine, ma mi era piaciuto così tanto che non ne ebbi bisogno. Capii che era solo questione di tempo e presto tutti avrebbero letto Joe R. Lansdale. In fondo a uno dei due volumi Urania c’era riportata la notizia che la Mondadori aveva acquistato i diritti di “By Bizarre Hands”, la sua raccolta di racconti pluri-premiata. Iniziarono a sudarmi le mani perché pensai che a breve sarebbe uscita e non vedevo l’ora di divorarmela tutta. Non accadde mai. Lansdale divenne famoso in tutto il mondo e in Italia uscirono una trentina di romanzi, tre raccolte di racconti, fumetti, saggi, interviste, ma non “By Bizarre Hands”.
Qualche tempo fa mi sono accorto però che esaminando tutti i libri che ho sugli scaffali di casa (incluse le antologie di autori vari che comprai solo perché c’era un racconto di Lansdale) la raccolta che tanto avevo aspettato era stata pubblicata eccome, sminuzzata in decine e decine di volumi, ma se uno è pronto a spendere qualche migliaio di euro per comprarsi una trentina di tascabili su cui compare il nome dell’autore, alla fine può dire di essere riuscito a leggere “By Bizarre Hands”.
Io penso che le raccolte di racconti vadano prese per intero, sempre. Sono come degli album. Non puoi sentire “Paranoid” una canzone per volta in dieci raccolte miste, uscite nell’arco di dieci anni. E così “By Bizarre Hands”: mosaico di sesso, sangue, comicità e brutalità varie in una mistura miracolosa e inscindibile. Questo è il libro che permette di capire fino in fondo da dove viene il caro Joe, perché ci sono alcune delle cose più vecchie che ha scritto, si vedono bene gli ingredienti di una miscela che ha poi creato quelle robe incredibili degli anni successivi, quando uscivano a ripetizione tutti i grovigliosi indistricabili romanzi di morte, violenza, religione, razzismo e comicità surreale: tipo “L’Anno dell’uragano”
o “Il Mambo degli orsi”
tanto per dirne un paio. E quella voce sempre più potente e chiara, che sembrava venire sempre dall’America che conosciamo, ma molto prima di Hemingway, Faulkner e Fitzgerald. Era Twain il papà di tutti loro, ma anche l’Antico Testamento, Buffalo Bill Cody che incontra Faccia di Cuoio. Insomma, io ho letto di seguito i 16 racconti seguendo la scaletta della raccolta originale e posso dire che la Mondadori avrebbe dovuto fare il suo porco dovere e dare alle stampe quel libro, avrebbe fatto un favore a tutti quanti, incluso se stessa, visto che tranne le prime pubblicazioni per Urania, ci pensarono poi la Fanucci ed Einaudi a scommettere su questo autore così in gamba. Il nostro paese si sarebbe accorto con qualche anno di anticipo della sua grandezza e la Mondadori avrebbe acquistato tutto il catalogo di Lansdale, facendoci gli ennesimi bei soldi. Invece se la sono presa nel culo. Ma i più danneggiati, tanto per cambiare, siamo stati noi lettori. Scoprire di seguito gli autentici gioielli demoniaci quali “La sera che si persero l’horror show”, “Il deserto delle cadillac”, “Da mani bizzarre” e “Piccole suture sulla schiena di un uomo morto” avrebbe rappresentato per migliaia di amanti della grande narrativa horror e non solo una goduria ingorda e indimenticabile e invece siamo arrivati a comprendere la grandezza di Lansdale a piccoli sorsi, con anni e anni di differita rispetto all’America e buona parte dell’Europa, sempre più sveglia di noi. Ripeto, questa recensione è anomala: parla di un libro che non è mai uscito da noi, non tutto intero, ma disseminato in decine di volumi che io e il mio portafogli, con grande pazienza filologica, siamo riusciti a ricucire insieme. “By Bizarre Hands” è un lavoro imprescindibile dove torna a vivere anche l’immensa Flannery O’Connor con i suoi predicatori bugiardi e imbroglioni, ma sempre in cerca della manifestazione divina, magari nel culo di un elefante o sotto il costume da spettro di una bambina minorata. Ci sono viaggi dimensionali in realtà assurde e tremende che dopo tutto però somigliano alla nostra realtà molto più di quanto ci piaccia pensare. Ci sono esempi di poesia disperata e altri che esprimono la spietata ironia dei sogni infantili.
“By Bizarre Hands” è anche la finestra temporale su uno scrittore che stava per esplodere e che prometteva tanto, forse troppo. Oggi il suo problema è che ha fatto i soldi, è invecchiato e si è rammollito. Forse si è sentito paragonare a Twain una volta di troppo e allora si è messo in testa che deve scrivere il suo “Tom Sowyer”, ma gli vengono solo tanti piccoli “It” di Stephen King. Mentre quel Lansdale lì era molto meglio di King e avrebbe potuto giocarsela con i grandi, ma continuando a essere se stesso, senza l’ossessione di dover produrre il grande romanzo di formazione per le scuole in cui andranno i suoi pronipoti.