KING DIAMOND – L’EFFETTIERA VOCALE POSSEDUTA DAL DEMONIO – prima parte

Bleaaaaah… Sono catttttivooooooo!


La maggior parte dei cantanti comincia con un altro strumento: Steven Tyler per dirne uno era batterista. Poi si stancò di suggerire al cantante della sua band come fare per scoparsi il pubblico con il microfono, saltò davanti ai piatti e si diede da fare lui. 

Diamond è la voce più originale, riconoscibile e ostica del metal ma non fa eccezione: all’inizio il danese era un insulso chitarrista e i soli tentativi canori erano relegati all’interno della sua cameretta tinta di nero.

Il growling del death metal, alle origini pareva inaccettabile per molti ma ormai è divenuto quasi piacevole, commerciale, grazie al lavoro di tecnici e vocalist che hanno trasformato i gorgheggi iniziali in una roba patinosa degna di Joey Tempest e Bon Jovi. King Diamond invece si può sentirlo nella versione più cristallina, calda e definita che le moderne tecnologie di registrazione permettano di offrire, ma almeno la prima volta che capita di farlo (diggiamoggelo) sembra tutto uno scherzo e molti continuano a chiederselo anche dopo. Insomma, costui dove vuole andare a parare con ‘sta versione alla Katia Ricciarelli di Brian Johnson? Sul serio nel mondo delle tenebre i goblin cantano così? 

ora non sono catttivooooooo ma forse faccio anche più paura!

Non sono in molti ad amare la voce di Diamond, se non l’avete capito. C’è chi adora le canzoni e lo stile dei Mercyful Fate o degli  album solisti del loro singer e non ne sopportano la voce. Stimano, ossequiano e rispettano l’artista, certo, ma per un motivo sbagliato. Tutti infatti, per non saper né leggere, scrivere o far di conto, lo definiscono un cantante tecnico. E questa è una stronzata. 
Nel metal quasi nessuno dei migliori vocalist è tecnico. Persino Rob Halford, Bruce Dickinson, Michael Kinske sono cantanti istintivi. Conoscono dei trucchi, (e vorrei vedere dopo più di trent’anni che si sgolano) hanno voci poderose ma ne sanno più sull’impostazione James Hetfield o magari Dave Mustaine, entrambi costretti a fare di necessità virtù e prendere lezioni da qualche maestrina attempata pur di conquistare il mondo con un’ugola non proprio coinvolgente. King Diamond è un istrione, un cabarettista delle tenebre, riesce a fare quattro o cinque tipi di voce. Pare si diverta a spaventare i giornalisti durante le interviste più noiose recuperando alcuni dei personaggi sinistri delle sue saghe orroresche e questo è rilly sckerd, non vi pare? 
Senza dubbio è stato un innovatore, un precursore e una fonte d’ispirazione oltre che d’incoraggiamento per tanti cantanti del metallo sodo, ma il punto è che sa tessere ottime melodie e sfrutta più che può gli studi di registrazione. Sovraincide, armonizza, sperimenta a più non posso. Non è un caso che i suoi dischi peggiori siano stati anche quelli con la produzione più scadente. Ci vuole tempo e denaro per tirar fuori il meglio da una voce come la sua. Dal vivo non l’ho mai sentito ma mi hanno detto che è quasi sempre un disastro. Molti pensano che lo sia oggi, dopo anni di sforzi, polipi, tumori e quant’altro ma anche nei tempi d’oro le sue esibizioni lasciavano a desiderare. E come potrebbe essere altrimenti, mi chiedo? Non deve cantare e basta, è più una specie di effettiera canora ambulante dell’orrore, salta dal registro alto a quello basso in pochi secondi, per giunta agitandosi sul palco come un gallo in un rituale voodoo dagli intenti minacciosamente accoppiatori. Tutto questo nelle forsennate tempistiche dei festival metal e dei tour massacranti, quasi sempre consumati in locali dall’acustica fognaria e con l’aria intasata di fumo ed esalazioni gassose che dire nocive è poco.  

certo potevo mettere una foto meno di merda, eh?

Dicevamo che partì come chitarrista e lo rimase per i cinque anni in cui suonò nei Brainstorm. Passò al microfono quando iniziò l’esperienza con i Black Rose e, siccome nessuno lo picchiò o lo insultò, lui andò avanti a cantare. Quasi subito decise di lavorare molto sull’aspetto scenico. Come Alice Cooper si truccò il viso e diede fondo a tutte le suggestioni esoteriche che la sua mente potesse partorire. Si proclamò seguace convinto della scuola di Lavey, l’autore della bibbia satanica.

Lavey con Bagnol… ehm King Diamond

Nonostante padre Anton odiasse il rock, soprattutto nelle sue forme più rumorose, King ne divenne portavoce in ambito metal sforzandosi di dare al pubblico una versione molto più intrigante e accettabile del satanismo rispetto a come la gente se lo immagina.

Musicalmente, dopo i Black Rose passò ai Brats e infine ai Mercyful Fate. E proprio quando le cose iniziano a farsi interessanti io mi fermo e vi do appuntamento a domani. (Fine prima parte) 

e vai così con le foto merdose!

(Francesco Ceccamea)