Parole grosse, lo sappiamo ma cosa pensare di “The Appetite” o “Curses And Epitaphs” dove alla solita muraglia riffona e ruffiana di guappa metallarìa, si mescolano delle belle pennellate di toccante e ariosa melodia? Certo, rimane la sensazione che i brani in scaletta siano troppi e non tutti necessari, inoltre che la band finisca col ripetersi in una lunga serie di scream e bordate panterose ripetitive e scontate ma gli arpeggi uggiosi che aggrediscono a metà del parapiglia thrasharolo riempiono inaspettatamente il cuore. Peccato che il solito pubblico dei Devildriver non abbia bisogno di commuoversi e accoglierà queste varianti ricercate come indizi di un temibile ammorbidimento, mentre gli ascoltatori meno carogneschi e burini li snobberanno a prescindere, convinti che non ci si debba aspettare niente di nuovo dalla band di Daz Fafara. È a loro che si rivolge questa recensione. Andate su You Tube e sentitevi “Sail”, poi ditemi se non vi siete ricreduti almeno un po’. (Francesco Ceccamea)
poetica truculenziassss! |