Metal Is Religion #8 – Zeus! Questa non è una recensione di metallo italiano

La musica italiana fa schifo. Uno non può andare in pizzeria con gli amici e vedersi passare alla TV su RTL, si avete capito bene RTL, Luca Carboni & Fabri Fibra in duetto. È come vedersi passare un porno gay slavo mentre sei sulla tazza a cagare un figlio marrone: diventa un cesario.
Non parliamo quando in TV ti sorbisci Sanremo, non perché lo vuoi tu, ma poiché i tuoi familiari apprezzano (e solo Dio sa il perché) quell’annuale offesa alle nostre orecchie. Ecco che cantano i Modà, che sono affiliati sempre a quella dannata di RTL, e discutono sul perché dei loro testi. La loro poesia, il loro significato.
Te lo dico io cosa significano senza troppi giri di parole: BRA, Braccia Rubate all’Agricoltura. Tornate a zappare la terra, terroni.
Se abbiamo ancora un minimo di cervello e ce lo vogliamo bruciare abbiamo ancora una vasta scelta nell’underground nostrano.
Non ti sparo i soliti nomi con i quali lo staff di Metalitalia ci si è comprata la Ferrari, perché leccano il culo alle Label patinate come la copertina di Playboy.
No, a noi piacciono zozzoni proprio come il negro che si ripassa la nonna e pure lo scheletro della bisnonna per ricordare i tempi d’oro quando si producevano film dove i negri venivano in Italia solo per violentare le donne del sud. Che poi è come dire che King Kong è un immigrato clandestino.
Gli Zeus! sono per chi vuole bruciarsi il cervello con gli acidi. Partoriti nel manicomio dietro la chiesa dove avrebbero fatto la cresima e comunione con Bud Spencer e Terence Hill, mangiando fagioli capiscono che le loro scoregge non devono rimanere bloccate tra le quattro mura di quel posto di merda. Nell’ottobre del 2010 in un rave decidono che quella musica fa schifo. Capiscono che i Napalm Death e tutti quelli che da loro hanno imparato a fare grind sono dei vecchi rincoglioniti.
Luca Cavina prende il basso, ci sbatte sotto dei pedali per non distinguere più le note tra loro e ci filtra pure la voce sopra.
Paolo Mongardi compra la batteria da Giorgio Mastrota, che come insegnano i Nanowar è cavalier custode dell’acciaio inox.
Nello stesso anno esce il loro primo demo, che se non l’hai ascoltato spiega perché il tuo cervello si muove ancora in modo regolare come quello d’un truzzo: dove va la topa  va la tua lingua, perché il metallo, quello vero è contro la topa.

ZEUS! aims at using the minimum in order to get the maximum and is: not metal, not punk, not math, not noise, not prog, absolutely not jazz-core, neither post-whatever. In case, a sum of micro compositions of these times, picassian and psychodelic, insofar as the peculiar melodies “liberate thought from social conventions superstructures”.

Per quanto mi riguarda sono la cosa più pettinata dell’ultimo decennio (Solo Macello©), talmente pettinata che quando mi sveglio come una giraffa che ha preso il viagra devo far partire Giacomo Leopardi per farlo tornare giù come un elefante che si sveglia con una maiala nana.
Quest’anno per gli affezionati è uscito pure il loro primo album ufficiale: Opera. Più grind, più math, meno metal, ma pur sempre più avant-garde. Attenzione può provocare immunodeficienza e dipendenza da concerti. Basta poi leggere i titoli dei pezzi per capire quanto prendano sul serio la loro dipendenza anfetaminica:
Lucy in the Sky with King Diamond; Sick and Destroy; Giorgio Gaslini is our Tom Araya.
Una serietà pari a quella d’un bradipo che va al gabinetto a mezzanotte.
Se dopo aver ascoltato Opera, ricordate Opera degli Zeus!, mi sento ancora dire che il metallo italiano fa schifo… non gli dirò un cazzo.

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