Speciale Monster Magnet! Vita, morte e resurrezione del mostro magnetico Dave Wyndorf.

1 – Inizia il viaggio

E allora il vecchio hippie alla consolle disse: “Hey, amico, questo è il ritorno del drug rock! Yeaaah”

Nel 1989 c’erano in giro solo band hair metal e thrash metal, ma la gente iniziava davvero a stancarsi di quella roba e le etichette erano in cerca di cose diverse su cui reinvestire. Dave non odiava gli anni 80, solo non li aveva mai capiti. Passava il tempo in qualche scalcinata fumetteria a leggere Flash Gordon oppure si passava e ripassava i primi due album degli Hawkwind o dei Sabs. Suonava con una insignificante punk band chiamata Shrapnel e ogni giorno si scervellava alla ricerca di una scusa per lasciarla e formare un nuovo progetto, più vicino alle sue esigenze artistiche. Per farlo avrebbe dovuto prima di tutto capire quali fossero queste sue benedette esigenze artistiche.

Poi incontrò due tipi mezzi matti, John McBain e Tim Cronin e la loro band, i Dog Of Mistery. Erano strani e facevano roba mai sentita, molto sperimentale. Dave combinò qualche jam con loro e si divertì parecchio anche se in fondo non concluse granché. Poi gli vennero fuori quei riff pesanti, lenti, aggressivi e lui li portò a quei due ragazzi per vedere cosa ne avrebbero fatto. Ne uscì una cosa davvero insolita, molto eccitante. Dave propose di dar vita a un nuovo gruppo partendo da quella roba e aveva in mente anche il nome: i Love Monster.

La band si esibì per la prima volta al City Garden, New Jersey, nel 1989. Salirono sul palco con in mente una scaletta ma successe che attaccando con la prima canzone la cosa divenne via via più divertente e non riuscirono a smetterla prima di una trentina di minuti. In fondo si trattava di una jam abbastanza di merda ma l’importante era essersi divertiti, pensò Dave prima di salutare e andarsene. Il bello venne dopo perché il pubblico aveva preso sul serio quel gran casino. “Questa è arte, fratello” sentì dire Wyndorf da uno spettatore. “Sperimentale, coraggiosa, imprevedibile, magnetica”

E poi quell’hippie che faceva il fonico urlò qualcosa a proposito del ritorno del rock tossico come se fosse una bella notizia. Lo era? Mi sa di sì. Dave e John e Tim si guardarono e con uno strano sorrisetto si dissero che forse avevano imbroccato la via giusta per combinare qualcosa di veramente fico.

2 – Che ci facciamo con questi Monster Magnet?

Cambiammo nome un milione di volte prima di arrivare a quello che conoscete: Monster Magnet.

Le cose andarono veloci dopo che esplosero i Nirvana. Le label iniziarono a far firmare tutte le band che proponevano qualcosa di impossibile da etichettare con i vecchi generi. Roba diversa e c’erano anche i Monster Magnet che in poco si ritrovarono addosso ben due label: la Glitterhouse e la Caroline Records. Siccome Dave e i suoi avevano da parte una quantità inverosimile di materiale, pensarono bene di farsele entrambe. Con la prima la band fece uscire un EP (Monster Magnet), una manciata delle migliori canzoni acide e fattone del repertorio consolidato e con l’altra Tab, con quel brano di oltre mezzora che ancora oggi per molti fan rappresenta la massima creazione artistica di quel mucchio di sballati. Da dove cacchio venivano quei tipi? Sembrava che una macchina del tempo li avesse sputati lì dal tempo dei Vanilla Fudge!

Una settimana dopo Tab, il gruppo registrò il primo disco vero e proprio Spine Of God e poi iniziarono i concerti in giro per l’Europa fino a quando un tizio molto cooool si avvicinò a quei puzzolenti consumatori di acidi e gli disse la frase che ogni potenziale rockstar vorrebbe sentirsi dire: “ehi mi piace ciò che fate e vorrei che veniste a farlo nella mia grande casa discografica. Vi renderemo ricchi e famosi”

E non si trattava mica di una balla. Superjudge uscì nel 1993 per la A & M Records. Il problema però era uno: il tipo che gli aveva spinti a firmare il contratto, promettendo un sacco di belle cose, come avviene in queste grosse società, sparì. Al suo posto arrivarono dei signori in giacca e cravatta che non sapevano cosa farsene dei Monster Magnet. Nonostante la gestione poco entusiasta, il singolo Twin Earth, accompagnato da un videoclip dove il gruppo si esibiva su un palco a forma di croce rossa (che neanche più i Black Sabbath) suscitò l’attenzione di parecchia gente.

C’era stato un cambio significativo in formazione: il chitarrista McBain se ne andò e al suo posto arrivò Ed Mundell, chitarrista biondo, bello come la luce e punto saliente del videoclip: al momento del solo alla Tony Iommi la telecamera inquadrava Ed e per il sottoscritto, pischello già non più imberbe, fu una specie di piccolo orgasmo.

Visto che le cose non erano andate proprio di schifo, la A & M convinse la band a diventare un po’ meno dispersiva e tirare subito al punto perché secondo loro il potenziale c’era ma spesso le canzoni duravano troppo. Dopes To Infinity si rivelò molto più pop dei precedenti lavori ma non perdeva in personalità e ispirazione. Il singolo Negasonic Teenage Warhead andò benone ma la casa discografica non pensò di investire in altri brani, visto che erano troppo diversi dalla roba che andava per la maggiore. Poi però il rock morì e per i Magnet le cose diventarono ancora più complicate.

3 – Quando il rock diventa una roba da sfigati

Sono cresciuto con l’idea che essere una rockstar fosse il massimo del divertimento. Poi Cobain, che era la più grande di tutte le rockstar, dal suo trono ci fece sapere che era una merda star lì e si fece saltare la testa. Cosa potevamo fare noialtri, laggiù, agli occhi della gente? (Dave Wyndorf)

I colletti bianchi della A & M continuavano a domandarsi cosa dovevano farne di quei Monster Magnet. Dopes… non era andato così bene come si aspettavano e in più per i gruppi rock le cose iniziavano a essere troppo difficili, commercialmente parlando. E così Dave smise di ascoltare quegli stronzi, si rifugiò in Nevada e scrisse il nuovo album senza pensare ad altro che buttar fuori la cosa più vicina a quello che aveva dentro. E c’era una gran rabbia in lui, per come era stato trattato dalla casa discografica, per la gente che non comprava i suoi dischi nonostante lui avesse cercato di essere meno estremo e fuori tempo. Detestava quel mondo in cui non era più fico indossare un paio di pantaloni di pelle, imbracciare una chitarra e fottere il mondo.

Powertrip avrebbe potuto essere la fine dei Monster Magnet. Di sicuro dichiarava definitivamente chiusa la stagione degli esperimenti e le divagazioni lisergiche. Fu un successo enorme e forse il miglior album del gruppo. Di certo la nuova formula più incentrata su un hard rock essenziale, cazzuto e agonistico piaceva alla gente. L’attacco abrasivo di Crop Circle, l’isterismo punk di Powertrip, la maestosità orgiastica della stratosferica Bummer e la lugubre essenzialità (sì, lo so, ho un overdose da aggettivi) Baby Gotterdamerung portano la band a un nuovo livello e la mostrano matura, essenziale, dritta al punto come l’etichetta implorava sin dai tempi di Superjudge.

Peccato che God Say No (2000) anziché ridare al pubblico quella rabbia e potenza, cambiò direzione verso il freakettonaggio spinto. Non era un brutto disco, a suo modo coraggioso e da rivalutare. Queen Of You e soprattutto la sbarazzina Take It recuperavano un po’ con la componente dark di Powertrip. La seconda è senza dubbio uno degli episodi più interessanti. Dave gioca con l’elettronica anni 80 e dipinge un quadro soleggiato dove alcune ragazze mezze nude sniffano, vomitano e si sentono male (so che non centra niente con la canzone ma questo è ciò che ho sempre immaginato ascoltandola).

Visto che il pubblico non aveva gradito molto il cambio verso la leggerezza e la nuova sperimentazione di God Say No, Dave tornò nei lidi di Powertrip con Monolithic Baby (2004). Per molti è l’ultimo grande disco dei Magnet e in un certo senso è vero. Dal punto di vista della salute, la potenza e l’ispirazione lo è, ma per il resto era già la fine. C’era tutto quello che il pubblico voleva: la formula heavy quadra di Powertrip e un singolone irresistibile come ai tempi di Negasonic, Unbroken (Hotel Baby) ma tra composizioni stupende e trascinanti come Monolithic e soprattutto Master Of Light c’erano dei cali di lucidità evidenti. Del resto la vita privata di Dave stava andando a puttane e quindi il disco era venuto anche troppo bene.

4 – Calling the rock and roll doctor…

Andai dal medico e gli chiesi qualcosa che mi facesse addormentare di botto.

Wyndorf ha sempre portato bene i suoi anni. Oggi molti trovano incredibile che ne abbia sessanta, ma il suo fisico non sarebbe d’accordo. E al tempo di Monolithic Baby già era abbastanza provato. Era il tipo da accusare molto l’eccitazione del tour. Stava alzato tutta la notte a fottere, bere e dire cazzate con gli amici e spesso l’adrenalina non lo abbandonava per molto ancora. Non dormiva praticamente più e la voce iniziava a risentirne, oltre ovviamente al cervello.

Così andò dal primo dottore che trovò e gli chiese una magia. Un farmaco in grado di farlo addormentare dove, come e quando avesse voluto. Il tipo gli diede uno dei più potenti calmanti che ci fossero sul mercato, il Temazepam. E per un po’ le cose andarono bene a Dave, che appena ingurgitava quella merda cascava al suolo. A un certo punto però l’effetto diminuì, quel medico fu arrestato per non ben precisati motivi e lui si ritrovò ad avere un grosso problema di intossicazione.

Intanto c’era da scrivere il nuovo album e mentre Wyndorf rassicurava gli altri di star bene e aver iniziato a buttar giù il materiale migliore da molti anni a quella parte, con la testa iniziava a sbandare di brutto e quel farmaco lo stava rendendo ancora più folle. Fino a quell’overdose che per poco non se lo portò via. Ma Dave non voleva morire cazzo, e appena poté parlare diede disposizioni: consegnò a biondocrine Mindell tutta la roba che aveva buttato giù per il disco e si fece mettere su un aereo dalla ragazza con cui viveva in quel periodo per tornare a casa e disintossicarsi.

Tutto andò bene, salvo che quando raggiunse gli altri in sala d’incisione e riascoltò quello che avevano registrato, seguendo pedantemente tutto ciò che aveva inciso prima di sballare, lui non lo capiva per niente. 4 Way Diablo per molti è il peggior album della carriera dei Magnet ma in un certo senso è un autentico capolavoro. Perché uscire da quella fogna non era semplice e anche se oggi il disco suona fiacco e poco convinto è il minimo, visto che nell’arco della sua realizzazione, Wyndorf era impazzito, poi morto e infine risorto. Che cazzo volete da un essere umano? Che nel mentre scriva anche un discone meraviglioso?

5 – Ritorno in differita

Per certi versi, il vero ritorno dei Monster Magnet è questo nuovo album la cui uscita è prevista a giorni. Sta per uscire e molti attendono speranzosi. La maggior parte della gente non sa che tra 4 Way Diablo e questo c’è stato Mastermind. Evidentemente la promozione non fu granché e il disco pure. Per carità, è più combattivo e voglioso del precedente, ci sono brani pesanti, tirati, ma nell’insieme trasmette un senso di affanno, soprattutto nella prima parte che va da Hallucination Bomb fino a Gods And Punk, che è truce, sabbathiana, plumbea, ma è come se al vostro walkman stessero finendo le pile (qui mi capisce solo la gente nata prima del ’92). La voce di Dave inoltre è comprensibilmente distrutta e quando supera una certa tonalità si sente. In un certo senso è bella anche disastrata in quel modo, più roca, catarrosa e consunta fa molto rock ‘til dead o cazzate del genere, ma bisogna ammettere che in fondo è anche un po’ triste. Mastermind in fondo è forse l’album più heavy metal della band. A tratti ricorda Blackie Lawless e i suoi W.A.S.P. ma dopo aver camminato quindici miglia a piedi con gli amplificatori in spalla.

Lanciarsi in previsioni sul nuovo lavoro è inutile. L’abbandono di Mindell non incoraggia di certo l’ottimismo. Dave non sta più molto bene e dovrebbe abbassare il tiro, tornare a quei sentieri acustici e sperimentali di qualche anno fa e smetterla di mostrare i muscoli come quel cazzone di Jourgensen dei Ministry. I Magnet comunque hanno dato. Almeno due dei loro dischi sono capolavori e anche se si dice poco e ancora in modo molto timido, storicamente la band ha influenzato tanta gente, dando la spinta al fenomeno stoner rock, tanto quanto gli ultracitati Kyuss.

A volte anche io li sottovaluto e li sminuisco, ma questo dipende dal sogno ricorrente che faccio: Wyndorf scopa mia moglie e io lo lascio andare senza alzare un dito. Lui ammicca, mi saluta e fugge dalla finestra che spesso è al primo piano e altre volte al terzo. Non si fa mai niente, comunque. Sparisce. E il giorno dopo io scrivo qualcosa di brutto sulla sua band. Ora è un po’ che non mi capita e quindi posso dire che i Magnet sono stati grandi. (Francesco Ceccamea)