Gli Anatomia sono un nome di culto per i seguaci del death/doom orientale. Suonano come gli Autopsy, ma devono molto allo scenario horror nostrano, specie nell’ultimo Decaying in Obscurity che tanto mi ha riportato alla memoria i mai dimenticati Goblin. Gli piace l’horror italiano, e si sente. Quest’anno è uscita la loro prima compilation Dead Bodies in the Morgue: quarantacinque minuti di marcio death metal che ripesca i due demo – Demo 2003 e Human Lust del 2009 – più alcune tracce sparse nella discografia. Sarebbe stata preferibile una bella riunione di tutti gli split in un doppio disco come fatto a suo tempo dai compaesani Coffins. Resta un’ottima trovata per chi vuole iniziare un percorso musicale nel marcio mondo del death giapponese.
(Voto 7 su 10)
Tutti a parlare del nuovo dei Deafheaven che dopo Road To Judas hanno attratto l’attenzione della stampa e non solo. È per colpa di Sunbather e della sua copertina rosso chiaro che fa discutere il mondo dei blackmetaller che invitano all’odio dicendo ‘quella è la musica che può piacere solo a Gaahl’ che l’unica cosa che ha fatto di male è stato dichiararsi vegetariano dopo aver cantato con teste di capra impalate sul palco, la gente non si è resa minimamente conto che il batterista, Trevor Deschryver, ha abbandonato le fighette di sopra per riformare i Lycus. Tempest è funeral doom metal nudo e crudo. Quarantuno minuti suddivisi in tre monolitiche track. Chiunque apprezzi il genere si ritroverà tra le mani una delle migliore uscite di quest’anno sul generis.
(Voto 8 su 10)
Non è che tutto ciò che Stephen O’Malley (Sunn O))); Khanate) tocca si trasformi in oro. La sua ultima creatura, gli Ensemble Pearl, sono l’ennesima dimostrazione che lui non ha vita fuori dallo studio di registrazione e la sua mente creativa non conosce confini. Accompagnato al basso da Bill Herzog (Jesse Sykes & the Sweet Hereafter), alla batteria Atsuo (Boris) e alla seconda chitarra Michio Kurihara, questo è un super gruppo con gli attributi, ho pensato subito, peccato che le mie aspettative siano scemate presto come l’aria in un palloncino bucato. Volumi abbassati, distorsioni e riverbero tenuti con le briglie. Siamo distanti dai monolitici suoni dei Sunn O))), più votati ad atmosfere post-rock. Album allo stato embrionale che i fan di O’Malley apprezzeranno chiudendo un occhio sui suoi evidenti limiti: fra tutti l’eccessiva durata che può portare alla noia anche se si è nella predisposizione giusta. Ai neofiti invece spero piaccia il post-rock ambientale, altrimenti questa sarà l’ora peggiore della loro vita.
(Voto finale 6 su 10)