Ecco, una cosa che mi ha un po’ disturbato degli Skyclad, e che in parte riflette l’irrequietezza e l’isteria creativa di Walkyier, è l’eccessiva produzione, hanno pubblicato continuamente album, talvolta anche 2 in uno stesso anno; grazie a Dio, o a Pan, non hanno mai fatto grossi tonfi, però sono convinto che se si fossero trattenuti un minimo, facendosi vivi magari ogni due o tre anni anziché ogni 6 mesi, avrebbero potuto concentrare in un disco tutte le migliori idee senza diluirle in 10 release (senza contare annessi e connessi e i due titoli senza Walkyier).
Il ’92-’93 è un biennio bomba per i figli di Newcastle (come i Venom, eh già), esce anche Jonah’s Ark, altro immenso capolavoro tutto vita agreste e culto delle bacche. Fritha Jenkins, la violinista, entra in pianta stabile nella line-up che già comprendeva Graeme English e Steve Ramsey – entrambi provenienti dai Blind Fury di Les Claypool e dai Satan (poi Pariah), mica pizza e fichi! Le liriche di Walkyier sono uno dei punti di forza della band, ironiche, sarcastiche, piene di humor ma anche incazzerelle, poggiate su giochi di parole e soprattutto intinte di logorrea virulensis.
Prince Of The Poverty Line (’94) e The Silent Whales Of Lunar Sea (’95) sono due dischi che per causa di forza maggiore ho ascoltato un po’ meno. Avevo le cassettine registrate e poi non sono più riuscito a reperire i vinili o i cd. Potrei acchiapparli su Amazon ma credo siano fuori catalogo da un po’, però sapete quanta roba compro e devo comprare ogni giorno su Amazon?? Ricordo che non erano male (per alcuni Poverty Line è addirittura il top della band), ma per qualche motivo mi impressionarono meno di altri (…forse perché erano delle cassettine.).
Irrational Anthems (’96) e Oui Avant-Garde á Chance (’96) costituiscono una bella coppia di album, per altro sempre benedetti da degli artwork meravigliosi e molto suggestivi, come le foto della band, che indossava costumi di scena ricercati e “pagani” (senza ricorrere a vaccate pacchiane come il facepainting).
The Answer Machine? (’97) è forse un pelino più modesto ma si ascolta sempre volentieri. Decisamente superiore Vintage Whine (’99), disco che riporta un po’ in auge il monicker Skyclad dopo i difficilissimi – per tutti – anni ’90. Album molto quotato fra i fan e che ricevette critiche lusinghiere.
Folkémon (2000) diverte più per l’umorismo di fondo dell’idea di mischiare Pokemon e folk che per il reale valore del songwriting. In effetti le idee sembravano essere venute a mancare una volta di troppo ed è qui che Walkyier, l’irrequieto, il leone in gabbia, si rompe le palle e pianta baracca e burattini. Per andare a fare cosa? Prima gigioneggia con i Clan Destined, che non vanno da nessuna parte se non alle sagre rionali delle rane fritte, poi si inventa i Return To The Sabbat, perché gli prende la nostalgia della band che aveva sfanculato dopo appena due fantastici album. Ma pure questi nuovi Sabbat non sono mai approdati a granché, anche perché nel frattempo Andy Sneap è diventato un produttore discografico quotatissimo e non ha più avuto tempo neanche per pulirsi il sedere. E poi Walkyier ha organizzato il proprio “funerale vichingo”, ovvero con la scusa di non voler più suonare i pezzi degli Skyclad ha suonato i pezzi degli Skyclad, per alcune date, contate, da qualche parte in Inghilterra.
Ecco, ma English e Ramsey nel frattempo che hanno fatto?
Hanno pubblicato live e raccolte, e pure due nuovi studio album di inediti, A Semblance Of Normality (’04) e In The…All Together (’09), carucci ma francamente niente di che (pure la foto della line-up senza Walkyier…fa tristezza no?). Lo scampanato Martino, con tutte le sue paturnie ribelli, è uno che non puoi sostituire tanto facilmente. Già l’aspetto da moschettiere ha il suo fascino, poi il cervello fino, estroso, creativo, genialoide, pur non essendo un’ugola, tecnicamente parlando, di grandissimo livello. Però carismatico.
Gli Skyclad nacquero dall’incontero tra Walkyier e Ramsey e dalla loro volontà di creare la ultimate pagan metal band. L’idea di ricorrere stabilmente ad un violino fu coraggiosa ed innovativa per il periodo, e lo stesso mix di suoni che emerge dagli album della band è piuttosto originale e personale. Se non vi sta bene considerare gli Skyclad i fondatori del folk metal, perlomeno dovreste farli rientrare senza esitazione tra quelle poche band che ne hanno la responsabilità. Ed è un fatto che a oggi nessuno sia riuscito a rievocare con pienezza quella atmosfere (neppure gli Elvenking che ci hanno provato con tutto il cuore).
(Marco Benbow)