Certo, i Beastmilk non fanno metal, però mettono insieme i Cure, i Sister Of Mercy, i Bauhaus, i Joy Division e riescono a scrivere grandi canzoni e non ridurre tutto a un carosello nostalgico della citazione spinta. Brani come Genocidal Crush per esempio riescono a scuotere ogni cellula del mio rattrappito corpaccio, mentre cose più contenute seducono la mente e la spingono a sporcare il passato: Ghosts Out Of Focus ha quel piglio alla Simple Mind troppo strafatti per reggersi in equilibrio nelle filiformi grate della Grande Classificha Dei Dischi Più Venduti.
Stilisticamente siamo sempre nel recupero certosino, intransigente e un po’ testardo di cose già incise nel passato. Robe consolidate, fermate nel tempo. Per capire e amare i Beastmilk bisogna conoscere e comprendere a fondo il post punk, tutto il movimento di Manchester, la rivolta putrida, il disfacimento romantico, il vampirismo come ideale eternizzazione della dolce e pietosa madre notte. Fortunatamente, il recupero del post punk, genere nato e morto nell’arco di tre anni a essere larghi, permette ancora di fare cose interessanti e vispe, e questo praticamente è impossibile per quel vecchio catorcio dell’heavy metal, che si ridesta pochi sudati secondi a patto di pigiare duro con il defibrillatore delle commistioni inverosimili, tipo i grugniti del maiale sotto casa o le campane a morto di un montone pasquale devoluto al grande Satana.
Oppure chiamando Kurt Balliu, produttore metal/postcore con cui gli Skeletonwitch hanno creato il loro capolavoro summario del brullo pianeta metallo, Serpent Unleashed. E sempre grazie al lui i Beastmilk riescono a prendere gli abiti polverosi del vecchio dark, come lo chiamavamo solo noi in Italia e farlo rinascere.
A differenza dei modelli originali citati sopra, questo è un album pieno di energia pur essendo introspettivo, oscuro, malato. Quando sento la roba dei Joy Division me li vedo arrancare sugli strumenti, tanto sono dimessi, tristi, disperati. Se ascolto Nuclear Winter o Love In A Cold World invece mi viene voglia di ballare e trombare una zoccolona gotica cicciosa e ubriaca. E sebbene siano inevitabili le citazioni stilistiche di cui sopra, queste sono circoscritte per lo più alle prodezze canterine di Kvhost, vocalist dei Dodheimsgard, gruppo avantgarde black disumano che non c’entra una ceppa con i Beastmilk. Costui si concede rimandi a Smith, Peter Murphy, Curtis ma sul piano musicale la band in fondo ha un impatto che gente come i Sister Of Mercy o i Cure non si sognavano nemmeno. Ricorda anche lì i gruppi post punk ma solo quando incidevano live.
Dal vivo c’era l’abrasività e la concretezza hard, mentre in studio ricercavano più un suono asettico e glaciale. Ecco, i Beastmilk hanno tolto quel passaggio. Climax è un disco molto live e puro, non ha niente di altri generi. È post punk, punto. Se vogliamo, solo una band di quel movimento seppe picchiare in modo così deciso e robusto, i Killing Joke.
(Francesco Ceccabiani)