Io collaboro con la rivista Classix Metal, alcuni di voi lo sanno. E sono felice di questo. Sia chiaro quindi che ciò che sto dicendo NON è per fare polemiche, solo rendervi partecipi di alcune perplessità che ho: a volte mi sembra di essere fuori posto. Ok, lo provo in qualsiasi luogo della mia esistenza, da sempre, ma in ambito musicale, scrivere di metal è sempre stato un po’ come sentirmi a casa, parlare alla mia gente, affrontare argomenti che sento nel profondo. Trovo tuttavia che alla mia età sia ancora abbastanza prematuro rifugiarsi in un tempio eretto in onore del grande passato di un genere che per quanto mi riguarda continua a esistere, a trasformarsi, evolversi e involversi.
Io ho l’obbligo di scrivere del mio tempo e non del tempo di qualcun altro. Io faccio parte di questi giorni, ho 34 anni, sono al limite ma ancora capisco e soprattutto ho voglia di capire l’adesso. Uno come Gianni Della Cioppa, professionista, veterano, grande conoscitore di musica metal non può comprendere gente come gli Inferi, i Coffinworm o gli Hour Of Penance. Già al tempo di Elegy non riusciva più a capire gli Amorphis e immagino cosa possa aver pensato dei Darkthrone… Fuzz per esempio non adora i Carcass e tanto meno i Morbid Angel. Può decifrarli, classificarli, riconoscerne le influenze ma non li ama perché non riesce a capire il bisogno di vomitare sul microfono. Ed è naturale che sia così. C’è un tempo in cui i vestiti, i film, la musica parlano a te e tu sei immerso in un mondo che ti appartiene fino in fondo. Poi a un certo punto gli album nuovi non ti dicono più granché, i film ancora meno, la gente veste in modi assurdi, col culo di fuori e tu inizi a non capire più, e prima che te ne renda conto sei già in un gruppo di facebook a postare video di album dimenticati, aggiungendo commenti che vacillano tra l’amaro e l’orgoglioso. Questi si che suonavano! Ecco la vera musica!
Non sto dicendo che gli anni 90 siano paragonabili a oggi e che se vi appaiono migliori gli Anathema e i Paradise Lost dei Ghost e i Red Fang siete vecchi. Ci sono stati periodi oggettivamente migliori di altri per determinati generi artistici. Ogni forma d’arte ha avuto o sta avendo il suo Rinascimento e se me lo chiedete quello del metal fu negli anni 90. Molti di voi penseranno alla decade prima e se parlate con Santo Premoli lui vi spiegherà che il meglio sta avvenendo ora ma tutti sono presi a scavare negli archivi polverosi della NWOBHM o nei vicoli sudici e olezzanti della Bay Area e non se ne accorgono che il metal è vivo e pieno di cose straordinarie oggi come ieri e molte cominciano per nu o finiscono in core. Dipende dai punti di vista ma difficilmente tutti i metallari della terra si troveranno d’accordo su questo argomento delle date.
Io non so, dico solo che le riviste come Classix, Classic Rock e Outsider, siano una specie di oasi in cui giornalisti che un tempo combattevano in prima linea ora possono continuare a parlare del proprio tempo e col proprio tempo, cosa che non gli riuscirebbe se andassero ancora in trincea dietro a band di gente dell’età dei loro figli che scrive di rabbia fuori dalla scuola e masturbazione con i cavalli. Come un qualche salotto o dentro vecchie discoteche in soffitta, Buti, Fuzz, Trombetti se ne stanno immersi nei ricordi, nei frammenti sonori del loro mondo che non tornerà più e che il presente non sarà mai in grado di sostituire. Oggi Francesco Pascoletti non vuol più sentir parlare di metalcore, per lui ci sono da risentire i Trapeze, da ricapitolare la storia degli Humble Pie e così via. Lo apprezzo, lo rispetto, lo ammiro, ma non mi sta bene che un ragazzino di quindici anni legga solo di quella roba e stia lontano da gente come Ed Gein o Avenged Sevenfold o Baroness perché tanto il rock è morto nel 1978 con i Kiss discodance. Può pensarlo uno di 45 anni ma non uno di dodici. Io ho ancora troppa voglia di presente, di futuro, per offrirmi una pensione anticipata. No, non è una lettera di addio alla rivista metal di Pascoletti, solo uno sfogo personale che si riallaccia alla recensione degli Inferi. In effetti il loro disco mi fa credere che nonostante tutto questo mio entusiasmo per il moderno e il recente, inizio pure io a non capire più la musica che amo.
Questa band è un pezzo di metal che io non riesco ad approvare pur riconoscendone indiscutibili qualità. Il loro discorso non mi trasmette nulla o quasi ma a gente di dieci anni meno di me fa impazzire. Sarebbe ingiusto attaccare quindi una tipologia di gruppo che non fa ciò che io mi aspetto dal metal. Come chi disprezza i Death per via della voce groul. Tanti metallari non sono andati oltre il 1992. Il gutturale fu una specie di scossa tellurica che produsse una crepa troppo fonda e larga per saltare oltre e mezzo popolo metallonzo rimase di là a guardare gente come At The Gates, Dimmu Borgir, Berserker sicuri di essere loro i fortunati rimasti sul pezzo di terra giusto, quello dei Motley Crue, Skid Row, Twisted Sister, Saxon e Uriah Heep.
Io inizio a sentire il desiderio di defilarmi non quando ascolto roba tipo una delle dodicimila brutal death band americane che si chiamano come un testo scartato di Jeff Walker, quella è robaccia che non mi piace perché non vale nulla. Sento che forse la mia fermata si avvicina quando ascolto roba tipo gli Inferi. Sono fichi ma tutto quello che provo dopo dieci minuti di ascolto è solo un gran desiderio di lanciare il cd via e sperare che non cada in una delle scrivanie di Giannatiempo. Sono buoni, ottimi. Mi ricordano le band nostrane: Hour Of Penance, Fleshgod, Eyeconoclast. Quel tipo di death lì: molto tecnico, esasperato, monotono, isterico e ipervitaminizzato. Credevo mi piacesse ma dopo averci ripensato a lungo ho realizzato che no, manco per il cazzo. Secondo me è il vero industrial metal di oggi. Nel senso che le prestazioni dei musicisti sono così tirate, bestiali, che uno pensa a delle macchine più che agli uomini. Sono dischi che non riprendono quasi mai fiato, se non qualche momento qui e là.
Gli Inferi mi hanno fatto pensare un pochino anche ai Cradle Of Filth quando la voce stridula e quella groul si sovrappongono o si alternano, ma in generale ho avuto solo la sensazione di essere tagliato fuori. Non li capisco. La prima canzone che ho sentito, Destroyer (titolo che pare roba anni 80) sorprende per la velocità, la pulizia, i continui passaggi di riff e soli delle chitarre incessanti e poi la digressione sinfonica nella seconda parte è stupenda, mi fa pensare a quando andavo a Sant’Angelo per lo sposalizio dell’albero, da bambino e poi la mamma mi comprava il panino con la porchetta alla fine della passeggiata… quel pezzo ha un impatto disumano ed è così eccitante. Sono oltre sei minuti spossanti per quanto menano. Il problema viene fuori quando si ascolta l’intero album, perché anche le altre dieci canzoni sono più o meno la stessa cosa. Circa sei minuti di durata per ogni brano con rallentamento arioso fisso al centro. Un potenziale del genere neutralizzato in una sterile ripetizione volta a dimostrare potenza. Trovo che sia l’heavy metal nella sua manifestazione più idiota, quella che ci criticano tutti gli amici del Rock di Virgin Radio e XL. Gli Inferi sono come questo gigantesco pugile che butta giù un muro con un micidiale sinistro lasciando nel silenzio l’intero Madison Square Garden. Solo che poi anziché fare l’incontro con l’avversario ecco che il bestione continua a ruggire e buttar giù muri, ottusamente, incessantemente, fino a che non ci ritroviamo tutti in strada. Molti ridono, altri se ne vanno straniti ma c’è una parte della platea che segue il molosso nella sua crociata di devastazione, euforizzati da tanta potenza, isterici e fedeli seguaci di quel nuovo dio scemo dalle pugna scassoniche.
Io in fondo all’album non ho il mal di testa come dopo l’ascolto di una produzione di Morabito, (ottimo produttore, per carità, ma dovrei mandargli il conto delle aspirine che mi sono preso quest’estate dopo ogni ascolto del nuovo disco dei Fleshgod) però l’impressione è sempre quella di non averci capito un cazzo, di non ricordare nulla. Possibile che non arrivi mai il momento di un quattro quarti tamarro che faccia riordinare un po’ le idee? No. Sembrano brani concepiti su un assolo di batteria incessante. Il problema però è solo il mio, ribadisco, perché nel mondo ci sono tanti metallari più piccoli di me che si esaltano davanti a un lavoro del genere. Poi c’è anche il Biani, che è un vero cyberpunk della critica metallara e magari ribadirà il suo punto di vista con frasi nette tipo: “disco death metal melodico dell’anno!” Lavoro disumano!” Boh. Per me è una gran rottura di coglioni. Lo ascolto e riascolto ma la mia mente non trova appigli. È una galleria di tecnicismi continui, fraseggi interessanti ma sempre incastonati in questo vortice di arrapamento costante fatto di putaputaputaputa etapapapapapapa tipipipipipipipi bribribribribrib e vaffanculo un attimo!
Insomma dispiace che questi ragazzi così dotati finiscano per ribadire sempre lo stesso concetto ma i ragazzini non hanno bisogno di variare il discorso, evidentemente. Gli sta bene che tutte le canzoni suonino simili. Non sentono la necessità che il metal abbia qualche pretesa a parte quella di essere metal. Non sto criticando, dico solo che non capisco. Non penso sia meglio come la vedo io rispetto ai pischelli. Ammetto che a me non basta e non è colpa degli Inferi o degli Hour Of Penance. Sono io che sto invecchiando. Vorrei che qualcuno mi dicesse di no ma è così.
(Francesco nemicodeigiovani)
Se avete voglia di leggere uno che la pensa all’opposto di me, beccatevi il buon Max di Rude Awakening Metal!