Urlatothep! Il film sul Necronomicon

Urlatothep! Necronomicon, ovvero un film a episodi di Christopher Gans (si pronuncia ghenz) un tipo asiatico e Yuzna in grandissima forma!

 “Sono stanca di fare le bolle…” – Emma De Lapoer

Inizio a pensare che sia inutile e anche un po’ stupido recriminare sulla mancanza di fedeltà delle opere cinematografiche rispetto a quelle letterarie da cui sono tratte. Se i tipi di Hollywood tradiscono i romanzi e i racconti con scelte spesso, almeno su un piano superficiale, prive di senso, un motivo ci sarà e non si tratta solo di ragioni economiche. Lovecraft ha subito varie trasposizioni per il cinema e quasi sempre a opera della coppia Yuzna/Gordon. Che i due abbiano pescato dai racconti meno amati dal “solitario di Providence” è di secondaria importanza. Che il più delle volte i loro film centrino poco con l’originale cartaceo ancora meno. Bisogna riuscire a giudicare i film per ciò che sono e non per quello che avrebbero potuto essere o che sono sempre stati nelle nostre menti di lettori accalorati: film buoni o brutti, comunque. Necronomicon prende spunto da tre racconti di HPL. Il problema è che, escludendo il secondo, se non fossero dichiarati nei titoli di coda, sarebbe un gioco da fanatici riuscire a individuarne la fonte. Il primo, diretto da Christopher Gans e intitolato Il manoscritto ha giusto un paio di indizi, il cognome del protagonista e il nome del posto in cui avvengono i fatti. Al solo sentire Delapoer, il lettore lovecraftiano avverte un brivido lungo il corpo. De La Poer, lo stesso del casato infame di uno dei racconti più riusciti e significativi dell’autore dei Granti Antichi: I ratti nei muri. A parte il nome però nel film non c’è nulla. Nulla. Neanche il mostrone chiamato in causa nel finale è quello giusto: Chthulu anziché Nyarlathotep. Ma non si tratta di sviste o di un bluff. È che il cinema funziona così. Il film è a episodi e la cornice è affidata allo stesso Lovecraft, interpretato da Jeffrey “Herbert West” Combs, che con quella protesi in lattice che gli allunga il mento somiglia più ad Ash di Evil Dead che allo scrittore americano.Che poi HPL, al cinema è quasi sempre dinamico e avventuroso come mai nella vita vera, un tipo aitante e svelto, cosa inaudita. Nel film il personaggio entra in una biblioteca molto esclusiva dove si dice venga custodito il Necronomicooooooooooonnnn! (Coraggio, prendete fiato e ditelo sussurrando, possibilmente in una stanza priva di mobili). I monaci di un ordine strano e neanche tanto riconosciuto vi fanno la guardia (in realtà sono i cattivi di Mr Crocodile Dundee 2, lasciamo perdere, però). Loro permettono a HP di prendere le chiavi della cassaforte, andarsene indisturbato nei sotterranei e mettere le mani sul grimorio. (Ho sempre voluto usare questa parola, grimorio). Una volta con il libro tra le mani, Lovecraft inizia a sfogliarlo e con un taccuino al fianco trascrive i tre racconti inspiegabilmente ambientati negli anni 90 anche se lui è negli anni 30. Il primo inizia con un tipo che sembra uscito da un videoclip di Brian Ferry o di Tom Petty, un tormentato attore di serie b (Bruce Payne) che rileva un albergo di famiglia in pessime condizioni. Lì dentro il protagonista vi trova il Necronomicoooooooooonnn! Lo scopre subito dopo aver letto il contenuto in una lettera di un avo lasciata in consegna al notaio insieme ai documenti di proprietà (l’unica cosa che non si saprà mai sul racconto i Ratti nei muri). In pratica nell’opera letteraria si racconta tutto tranne di quel lascito scritto a mano contenente un segreto che i De La Poer si trasmettono a ogni passaggio di consegne. Nell’episodio si pretende di raccontare proprio quello. Non voglio fare spolier ma un indizio lo devo dare: il primo episodio sembra il fumetto Contratto con Dio di Will Eisner in chiave Chtulhu, con un ulteriore salto temporale in cui l’avo del protagonista (interpretato da Richard Lynch, il cattivone di The Barbarians di Ruggiero Deodato che tra l’altro ho scoperto essere scomparso pochi mesi fa: R.I.P.) perde moglie e figlia e caccia Dio dalla sua casa. L’episodio non è malaccio, ci sono scene d’azione, mostroni giganteschi degni di Disneyword e una storia d’amore al nero di seppia ma abbastanza sciapa, tutto sommato è un primo piatto che va giù e fa pensare: ok, non lo definiremo mai un pranzo riuscito però aspettiamo il resto del menù in programma. “Aria Fredda”, il secondo episodio è diretto da Shusuke Kaneko (non chiedetemi chi diavolo sia) ed è migliore del primo. Non siamo ancora a un livello che possa giustificare un recupero, sembra un episodio qualsiasi di Masters Of Horror. Anche qui c’è una bella serie di cambiamenti rispetto al racconto: storia d’amore inesistente, il protagonista è una donna anziché un uomo e ci sono scene splatter che Lovecraft non si sarebbe mai sognato di inserire. Il testo originale è considerato dai più come una delle migliori cose di HPL ma io questo lo trovo inspiegabile. Per quanto mi riguarda è una rivisitazione abbastanza pacchiana del Valdemar di Edgar Poe, solo un po’ più necrotica.

Brian Yuzna, che si concede il classico cameo Hitchcockiano (spero di averlo scritto bene) interpreta l’autista che scorta Lovecraft in libreria e si tiene il finale. Un grande finale perché rispetto ai primi due registucoli giganteggia. Il suo è ispirato a uno dei racconti migliori in assoluto di HPL, sempre secondo gli “intenditori”, Colui che sussurrava nelle tenebre (anche se il film in parte sembra assai più vicino ai Ratti nei muri di quanto lo sia il primo episodio di Gans)  Yuzna si prende le sue belle licenze mettendoci dentro un serial killer dal nome quanto mai atipico e inventivo: il macellaio.(!) Personalmente adoro le commistioni tra violenza urbana spicciola e grandi antichi. Ho una fissa per i due racconti capostipite: Macelleria mobile di mezzanotte di Clive Barker e Il guaito dei cani battuti di Harlan Ellison ma non è tanto per questo che ho apprezzato ciò che ha fatto Yuzna. La protagonista poliziotta incinta che invece di starsene a casa a riposare o quanto meno chiamare la centrale e mandare avanti gente più in forma di lei, decide per senso del dovere di catturare il maniaco trovando una brutta fine (che non è la morte, ma qualcosa di peggio) rende la trama abbastanza inverosimile e forzata ma il livello di visionarietà raggiunto del regista è goliardico a dir poco. Il vecchio Brian si scatena e mette in scena un carnevale di visioni infernali che come al solito non hanno nulla a che vedere con Howard Philips. Gli effettoni speciali di Screaming Mad George in quegli anni erano il marchio di fabbrica di Yuzna. Oggi fanno un po’ sorridere, ma suscitano anche affetto. Affetti speciali, diciamo. E parlare di affetto in momenti che nelle intenzioni di Brian dovrebbero farci scappare dal cinema gridando Urlatoteeeeph!, in fondo non è quello che lui avrebbe auspicato, ma nell’insieme, per quanto non terrorizzi, il terzo episodio di Necronomicon è uno dei momenti migliori della filmografia di Yuzna e se non l’avete mai visto vi consiglio di andarvelo a recuperare. Potete anche skippare subito lì, se avete fretta.