Lo Splatterpunk è un’etichetta. Tutto qui, ma come avviene nel mondo della musica, in cui appena un gruppo aggiunge quattro pernacchie su un brano country, ecco che un giornalista lo definisce fart-country rock, anche negli altri campi dell’arte è la stessa cosa. Qualcuno tenta qualcosa di diverso e viene etichettato da un critico o un giornalista in agguato. Viene da pensare ai commessi di un supermercato con l’etichettatrice spianata… Splatterpunk è anche e soprattutto il titolo di una delle antologie horror più riuscite di sempre. In essa sono presenti alcuni degli autori più brillanti e più brutali che si possano leggere. Brutalità e talento, sia chiaro. In questi racconti non troverete le descrizioni molto dettagliate di squartamenti e mutilazioni o di incidenti automobilistici, come i meno informati hanno sempre immaginato di trovare. Quello che gli scrittori splatterpunk riescono a suscitare non è il disgusto o lo shock, (roba tipo un bel cumulo di frattaglie che si arrotola attorno al collo di qualcuno) o meglio è solo la parte superficiale di tutta la faccenda perché questi autori vi faranno riflettere, che ci crediate o no. Clive Barker, Joe R. Lansdale, John Skipp, Mick Garris, Philip Nutman, Ray Garton, Rex Miller…
Alcuni li conoscete già, altri è la prima volta che li sentite nominare, ma vi assicuro che dopo non ve li scorderete più perché i loro racconti sono miracoli di creatività che vi snebbieranno il cervello e vi mostreranno in che merda di inferno siamo condannati a vivere. No, non siete ancora abbastanza lucidi da vederlo fino in fondo, credetemi. Ma un momento, non vi spaventate, qui si ride, anche tanto. La sola arma per non sprofondare nel pozzo nero ai nostri piedi è proprio l’ironia e qui ce n’è di quella buona. Clive Barker e Joe R. Lansdale sono i più noti della lista, ma se conoscete il primo per i suoi pallosi romanzi fantasy-horror stile Everville o Sacrament e il secondo per quei polpettoni mistery-horror-noir tipo In fondo alla palude o La sottile linea scura che tanto mandano in estasi i giornalisti radical chic di La Repubblica, io vi compatisco e soprattutto vi invidio, perché tanto avete da scoprire e gustare. E vi propongo di ripartire da qui: Macelleria mobile di mezzanotte, gioiello estratto dal primo dei sei miracolosi Libri di Sangue di Barker, dove lo scrittore inglese mette insieme la violenza urbana più sanguinaria e spietata e i Grandi Antichi di Lovecraft, oppure La sera che si persero il film dell’orrore, esempio perfetto di quel mostro di bravura che era Lansdale prima che lo scoprisse anche Serena Dandini. Il racconto in questione è così doloroso che quasi vi farà mettere a piangere per la disperazione. Poi ci sono Film alle undici e Mentre lei era fuori, rispettivamente di John Skipp ed Edward Bryant, due esempi di come nell’horror serio e pieno di consapevolezza ci sia grande sensibilità per le vittime femminili e che queste a volte trovano la forza di reagire e trasformarsi in carnefici. Di solito nell’horror (ma un po’ in tutti i genere di puro intrattenimento fino a verso la fine degli anni 80) le donne in particolare fanno sempre la parte delle galline starnazzanti che si agitano inutilmente davanti al pericolo. I racconti che ho menzionato sono due esempi per zittire chi accusa di misoginia la letteratura violenta degli Splatterpunk. Si può essere violenti ma in modo umano, sensibile e poetico. Qui gli esempi abbondano. Nella parte finale dell’antologia c’è anche un saggio di Paul M. Sammon sullo Splatterpunk. Quest’uomo sostiene il nuovo genere e lo considera un vero e proprio movimento artistico, a dispetto della diatriba tra vecchio horror tradizionale e nuovo horror violento e truce che non esita a raccontarci attraverso i battibecchi tra i vari Charles L. Grant, John Skipp, Robert Bloch e Stephen King. Quello che posso dire io è che la vera differenza tra questi scrittori presunti Splatterpunk e i vari H.P.Lovecrat, Stoker, Fritz Leiber e compagnia, è che mentre quelli tentavano di spaventare il pubblico con le storie di spettri, vampiri e mostri degli abissi del cosmo, l’orrore di cui raccontano i nuovi scrittori in questione è vero, reale, comunque lo è potenzialmente. I mostri descritti in queste pagine vi toglieranno il sonno perché sono fuori della porta di casa vostra e non sono propriamente i freak, i maniaci e i cannibali metropolitani ma il razzismo, l’incesto, la pedofilia, lo stupro, la necrofilia e la bomba atomica. Cose di questo tipo. Certo, ci sono anche le teste che esplodono, gli accoltellamenti, la violenza coreografata, ma credetemi, tutto quanto è lì perché la realtà è fatta così e bisogna parlarne. Io amo gli scrittori che non mi dicono cazzate. Anche chi usa la violenza ne dice, magari rendendo le panzane ancora più credibili a colpi di sangue e interiora, ma questi tipi sono sinceri e hanno qualità. Ogni scena disgustosa è per comunicare qualcosa di profondo e non è una smania di schifare e far parlare di sé (per quanto poi non trovi nulla di male in questo, adoro la pornografia, così come l’horror più infame, e ne faccio largo consumo). Se però vi dico che avventurandovi nella lettura di questi racconti, troverete un aborto fatto mediante cunnilingus, oppure gente deformata dalle radiazioni che si ciba di testicoli di bambino, messa così potreste pensare si tratti solo di una marea di scemenze alla Cannibal Corpse, ma vi assicuro che, proprio come i dischi di Chris Barnes e compagni, si tratta di arte al cento per cento. Basta non fermarsi alle apparenze. Quando avrete letto alcune delle pagine più truculente di questo libro, vi ritroverete non a sghignazzare, anche se, ripeto, vi capiterà pure quello e spesso, ma soprattutto vi sorprenderete a commuovermi e a pensare a questo mondo terribile in cui ogni giorno riusciamo a sopravvivere senza dare di matto o di stomaco. Vi direi di correre a comprarlo in libreria o di ordinarlo subito su Ibs, ma il libro in questione, come molta della letteratura che vale sul serio qualcos, è di difficile reperibilità o fuori catalogo, quindi potete solo provare su E-bay e sperare di trovarne una copia a un prezzo non troppo alto.
Detto questo, passiamo all’intervista. Anzi, la mezza intervista. Grazie a facebook sono riuscito ad avvicinare uno degli uomini che più ho adorato nella mia sudata e pruriginosa adolescenza: Paul M. Sammon, curatore dell’antologia che mi ha aiutato a sopravvivere anni e anni. Dopo molto insistere sono riuscito a farmi spedire la prima parte di un’intervista assai lunga e sospirata. Ho deciso di darla in pasto alla rete. Poco importa se non avrò mai il seguito.
Ciao Paul e benvenuto su Sdangher.com – Sono passati molti anni dalla pubblicazione dell’Antologia “Splatterpunks: Extreme Horror”. Grazie a essa, il termine “splatterpunk” si è diffuso in Italia ma nella maggior parte dei casi viene usato a casaccio. I soliti critici poco professionali lo hanno affibbiato a una serie di scrittori del nostro paese, che vennero in seguito chiamati “Cannibali”. Mi arrabbiavo parecchio per questo, poiché non ho mai considerato i “cannibali” sullo stesso livello qualitativo degli autori splatterpunk americani ed inglesi che tu promuovevi. Vi era un fondamentale elemento che trasformava il gore e le viscere in poesia: il talento. Scrittori come Nutman, Barker, Rex Miller, ne avevano, mentre i nostri autori pasticciavano con la violenza, prendendo molta ispirazione da Pulp Fiction ma senza alcuna conoscenza di Burroughs, Jim Thompson, Harlan Ellison o De Sade. L’unico vero autore Splatterpunk italiano era Paolo Di Orazio, hai mai sentito parlare di lui?
Il termine “Splatterpunk” è stato mal interpretato (e usato a sproposito) anche negli Stati Uniti, alla fine degli anni ottanta e inizio anni novanta. Il malinteso non era solo da parte dei critici letterari ma anche da parte di molti scrittori horror. Entrambi, credo, furono confusi dal termine in se stesso.
Quel che non compresero era che lo Splatterpunk era un atto di ribellione creativa. Durante gli anni 80, la narrativa horror era divenuta estremamente popolare negli Stati Uniti, e una buona fonte di guadagno per gli editori mainstream. Ma dopo dieci anni, buona parte delll’horror era divenuto commerciale, mal scritto, senza alcuna credibilità. Quindi, in maniera simile al movimento Punk alla fine degli anni 70, che rigettò la fiacchezza e la commercializzazione della musica rock, lo Splatterpunk tentò di rivitalizzare la letteratura horror facendola tornare alle proprie radici.
Il risultato fu fiction ben scritta e che andava dritto alle viscere, senza freni, che esibiva un’attitudine ribelle ed esaminava gli aspetti più oscuri dell’umanità. Che era esattamente ciò che autori come Burroughs, Thompson, Ellison e De Sade, o Clive Barker e così via, ottennero con le loro opere. Reagirono contro quello che ai tempi veniva considerato “buon gusto”. Ma non sarebbero stati nulla senza il loro naturale talento e abilità di scrittura.
Non so come chiunque abbia potuto comparare gli autori “Splatterpunk ” agli autori “Cannibali”. A meno che, come tu suggerisci, chi lo ha fatto sia ignaro degli elementi coinvolti.
So che Paolo Di Orazio è uno scrittore, artista e musicista che viene considerato un importante creatore di fumetti horror italiani, libri e graphic novels. Il suo lavoro è sconosciuto negli Stati Uniti, sfortunatamente, non essendo disponibile in Inglese. Tuttavia ho letto alcune interviste online rilasciate da Paolo. E’ una persona che vorrei davvero incontrare!
2) Dopo il 1996, Book Of The Dead, Slob, The Cleanup e The Light At End vennero pubblicati in Italia. Nonostante ciò, se escludiamo Joe R, Lansdale, i cui libri sono usciti tutti anche da noi, non vi è mai stato un gran successo commerciale del genere. Cosa ci siamo persi in questi anni? Hai scoperto nuovi autori Splatterpunk?
Artisti Splatterpunk notevoli continuarono ad apparire durante gli anni novanta, anche se alcuni di loro non apprezzavano tale definizione, per ragioni personali o professionali.
Un autore eccellente e durissimo fu Richard Laymon (che Morì nel 2001). Laymon scrisse oltre 30 romanzi, come Quake nel 1995, e più di 60 racconti. Molti dei suoi lavori scritti tra gli anni 80 e 90 erano nella vena Splatterpunk.
Altri autori dei 90 che raccomanderei ai fan italiani dello Splatterpunk sono: Bentley Little, conosciuto per alcuni romanzi raccapriccianti (The Revelation del 1990) e racconti (Murmurous Haunts del 1997 è un ottima raccolta) John Connelly , un autore irlandese di romanzi polizieschi che sono divenuti best seller e un mio personale favorito. La sua narrativa è allo stesso tempo cupa e violentissima ed estremamente poetica. Le sue storie hanno un protagonista ricorrente, il detective privato Charlie Parker, che è spesso coinvolto in casi efferati, intrisi di aspetti occulti. Connelly è meritevole di essere scoperto. Ecco alcuni dei suoi romanzi: Anime Morte, Tutto ciò che muore e L’angelo delle ossa.
Credi ancora in questo genere?
Sì. Ed esiste ancora, anche se lo Splatterpunk è evoluto in qualcosa di più complesso di quanto fosse negli anni 80 e 90.
Benché esista ancora qualcosa che io considero come “puro” Splatterpunk, identificabile coi lavori di David J. Schow, che creò in origine il termine “splatterpunk” e tuttora scrive opere d’impronta Splatter, ci sono molti nuovi autori incredibilmente dotati che combinano una prosa perfetta a storie assolutamente agghiaccianti.
L’autore Laird Barron, fa parte di questa categoria. Il racconto Strappado che può essere trovato nella raccolta di racconti Occultation, parla di un gruppo di annoiati membri dell’alta società che visitano una scandalosa esibizione di performance-art underground nei quartieri poveri di Mumbai. Ciò che troveranno …. beh. Considero Strappado una delle più notevoli e davvero terrificanti opere Splatterpunk dei tempi recenti.
Qual è la tua opinione di Jack Ketchum?
Jack Ketchum incarna l’etica Splatterpunk. Sono stato un ammiratore dei suoi lavori fin dal 1980, quando il suo primo romanzo Off Season, comparve. Quel libro fu come un terremoto. Scosse tutto dalle fondamenta. Brutale, onesto, diretto, carico di suspense, viscerale, realistico. Tutto questo è Ketchum.
Quel che trovo particolarmente affascinante in Ketchum (il cui vero nome, tra l’altro è Dallas Mayr) è come basi frequentemente i suoi romanzi su eventi autentici. The Girl Next Door ad esempio. Il romanzo del 2005 fu ispirato dall’autentico omicidio di una giovane donna avvenuto nel 1965. I suoi lavori sono stati adattati in due buoni film: The Girl Next Door e The Woman, che raccomando entrambi vivamente. Infine, trovo che Ketchum sia lievemente incompreso. Come il termine Splatterpunk. Alcuni critici lo hanno attaccato per ciò che percepivano come eccessive descrizioni di brutalità nei confronti delle donne. Ma in realtà i lavori di Ketchum sono una denuncia di tale violenza, un comportamento prettamente maschile. La maggior parte degli uomini nelle storie di Ketchum sono mostri. Mostri immaturi. Sono come teenager privi di coscienza. E a volte le donne che sono vittime della loro misoginia reagiscono e li distruggono. Quel che Ketchum tenta di dire davvero è che la società americana è violentemente sessista ma che le donne possono riguadagnare potere reagendo e combattendo contro l’ingiusta sottomissione fisica che i maschi tentano di esercitare sulle femmine.