Tra un Poe-film e l’altro Roger Corman gira questo piccolo cult movie dal titolo pruriginoso: L’uomo dagli occhi a raggi X, in Italiano, anche se l’originale è semplicemente X è la storia è scritta dal Ray Russell (autore tra gli altri del bellissimo romanzo Incubus) che si occupa anche della sceneggiatura. La parte principale dello scienziato che si caccia nei casini è il “sepolto vivo” Ray Milland.
L’idea di partenza riporta alla mente quegli occhialini magici pubblicizzati sulle riviste tipo L’Intrepido, fino agli anni 80. Sapete, quelli che promettevano di poter spiare donne nude attraverso i muri o vederle attraverso i vestiti? È esattamente ciò che capita al protagonista del film, uno ricercatore determinato a potenziare la vista umana grazie a un fluido di sua invenzione. All’inizio i risultati sono incredibili, entusiasmanti, poi però, come sempre in questo genere di storie, l’uomo si fa prendere la mano, esagera col dosaggio, la brama di conoscenza e si ritrova a vedere non più solo attraverso i vestiti, con effetti esilaranti e leggeri (come nel party improvvisamente “nudista” dei suoi colleghi di lavoro) ma oltre i tessuti, sotto la pelle, può vedere gli organi, le ossa. E più va avanti a mettersi gocce negli occhi e più la sua vita diventa un inferno rivelato. Uccide dopo una colluttazione un collega determinato a frenarlo nella sua irresponsabile sperimentazione e poi fugge, ricercato, in un luna-park dove per tirare avanti si presta a far da stregone in grado di “vedere” i contenuti delle tasche, i biglietti nelle tasche.
La scienza trasforma un uomo in un mostro rifuggito da tutti, il peggiore dei diavoli della superstizione. La smania di vedere tutto quello che c’è da vedere crea in lui una super-vista ma non una super-mente in grado di gestirla. L’uomo impazzisce e a forza di superare le barriere, andare oltre ogni apparenza, finisce per precipitare attraverso strati e strati di materia fino a diventare praticamente più cieco di prima. Nella fuga finale raggiunge il deserto, precipita lungo una scarpata con l’auto ma sopravvive e si ritrova ai piedi di un predicatore, in una chiesa di campagna zeppa di fedeli giubilanti. Davanti a quella piccola congrega un po’ bigotta lo scienziato irrompe con l’andatura da ubriaco e il viso sanguinante. Prende la parola e dice di vedere “una città mai nata, la carne dissolta in una luce acida, una città di morti. Oltre l’oscurità e dopo quella c’è un occhio che tutto vede” A parte lo stereotipo del grande bulbo onnisciente, quello che colpisce è, attraverso il mirino di una lastra potenziata l’umanità si scopre per ciò che è: oltre l’epidermide siamo esseri mai nati, perenni scheletri destinati a cadere e cadere, spezzarsi, consumarsi fino a sparire.
Il predicatore, con la sua saggezza da Antico Testamento suggerisce all’uomo di strapparsi l’occhio che l’offende. Il professore è stanco, desidera un po’ di buio e di pace. E così decide di farla finita e strapparsi gli occhi a mani nude.
Piccolo classico horror premiato al festival del cinema fantastico di Trieste del 1963, è un esempio di come Roger Corman, l’autore celebre per aver guadagnato un mare di soldi tirando la cinghia, arrangiando il budget fino all’inverosimile e sfruttando la “magia del cinema” fino alla tirchieria, di contro ha lanciato e fatto da anfitrione a una schiera di giovani talenti destinati a rivoluzionare Hollywood. L’uomo dagli occhi a raggi X è uno dei suoi film più riusciti e va riscopertoe. Non dimenticherete mai quelle pupille dense come il sangue di bue mentre descrivono ciò che non è saggio cercare di conoscere.