A parte l’intensità, la violenza dei suoni, ciò che mi ha sempre spinto verso la musica è il bisogno di essere spaventato, inquietato. O meglio, diciamo che ho sempre dato la precedenza ai dischi da cui la mia fantasia indifendibile potesse librarsi in visioni e scene tremende, paurose o alla meno peggio grottesche.
Inevitabile il mio amore per il metal estremo e per il rock sulfureo degli anni 60/70, il cosiddetto dark sound, ma ho sviluppato un’ossessione anche per le colonne sonore e tutti quei compositori o quegli ensamble di musicisti che usano i propri strumenti per suscitare irrequietezza, meraviglia, orrore.
Uno dei critici musicali che ha più segnato il mio modo di scrivere di musica è Stefano Marzorati. Viene dalla scuderia redazionale di Dylan Dog e non è famoso quanto meriterebbe (meglio così, mi sento di aggiungere). All’inizio degli anni 90 iniziò a scrivere del rapporto incandescente tra horror e metal sugli Almanacchi della paura dell’indagatore, contribuendo alla diffusione di quelle nuove realtà estreme nate in Florida, Svezia, Austria e Inghilterra, ma analizzandole e giudicandole su aspetti che le riviste metallare prendevano in esame solo di sguincio: i testi, l’atmosfera, le dicerie melmose attorno ai gruppi dall’aura “satanesca”.
A breve seguito, dato il gradimento dei lettori per quelle poche pagine sugli Almanacchi di Dylan Dog, Marzorati provò a pubblicare un vero e proprio dizionario per la SugarCo che io comprai subito (e che avrò letto da cima a fondo qualche centinaio di volte). Dopo quello uscì un altro testo dal titolo Autostrada per l’inferno, con una serie di articoli d’approfondimento su varie vicende “sinistre” nella storia del rock e del metal.
Poi più nulla e con mio grande rammarico. Sentivo che l’argomento poteva essere esplorato molto di più e andava necessariamente aggiornato, viste le nuove band, le tendenze in ambito estremo venute fuori dopo i primi scandali in Norvegia, il fenomeno popular Marilyn Manson, il baraccone vampirlico dei Cradle Of Filth e così via.scary music
Non nascondo di aver accarezzato poi io stesso il sogno di poter raccogliere le redini di Marzorati e scrivere una nuova “bibbia” sulla horror music. Per fortuna, nel 2010 qualcuno mi ha risparmiato la fatica. Il duo Lazzati/Vitolo ha pubblicato con Arcana il fitto grimorio Horror Rock. La musica delle tenebre.
Rispetto a Marzorati, da cui gli autori, dichiaratamente prendevano esempio (c’è pure una breve intervista al lui), i due hanno preferito evitare la struttura enciclopedica per una serie di articoli da cui esaminare le tematiche predominanti, i fenomeni più significativi, i generi che maggiormente sono riusciti a creare un frutto succoso tra visioni sanguinarie e musica.
Purtroppo, anche nel loro caso (come in quello dello stesso Marzorati) si sono infognati nella palude del metal. Non vuole essere una critica, la cosa è praticamente inevitabile se nasce dall’intento lodevole ma increscioso di concludere in modo esauriente l’argomento. Si finisce per scrivere un libro sulla storia del metal, comunque.
Tra i suicidi sentendo i dischi di Ozzy al contrario, il patto diabolico accidentale dei Black Sabbath iniziali, l’avvento di pazzi finti come Glen Benton o veri come Burzum fino alle miriadi di sottoscuole del profondo underground, il bacino di musica oscura da analizzare è quasi infinito ma tutto metallico.
Altra tendenza diffusa è quella di fossilizzare l’analisi su una specie di kazzenger del rock and roll in cui, per motivi di spazio i fenomeni artistici legati al rock e l’esoterismo, la paura, presenti anche in nomi più celebri come Velvet Underground o The Stooges, Dead Kennedys o Pink Floyd sono citati in una specie di introduzione larga atta a dimostrare che gli elementi, i temi orrorifici hanno da sempre reso bene con il mondo rockettaro. Poi però giù a scrivere di tutti i suicidi strani, le dicerie vampiriche di David Bowie, la stregoneria di Jimmy Page, la sventura di certe star che hanno avuto un successo troppo rapido e facile per non dover dare alla sventura più sulfurea qualcosa in cambio… ogni anno esce almeno un malloppo cartaceo sulla natura esoterica o gli aspetti lugubri del rock and roll.
Personalmente non ho fissato le mie ricerche sul metallo o generi limitrofi. Ho capito presto che certe tematiche tipo: il succhiasangue lesbico, i serial killer, i Grandi Antichi… sono diventati degli stereotipi dei generi più pesanti. Ogni gruppo che si dedichi a generi molto rumorosi e reallyheavytihngs scrive canzoni su quella roba, ma non con la voglia di sperimentare nuove soluzioni, misurando certi suoni attraverso nuovi elementi tematici tenebrosi, ma solo perché di questo si parla, così fan tutti.
Molti artisti metal non sanno nulla di cinema horror o di folklore, riciclano le solite sbobbe in modo automatico. Ecco perché spesso ascoltare un disco death con un brano che si intitoli At The Mountains Of Madness non significa necessariamente che gli autori conoscano la fonte letteraria e se glielo chiedi magari ti dicono chesì, è ispirato al racconto di Edgar Allan Poe!
Altri si rivolgono a Satana senza nemmeno crederci (quasi tutti) e quelli che fanno sul serio con Belzebubbo finiscono per contestualizzare la loro musica in una specie di delirio spiritualistico pagano che trasforma l’inquietudine in un inno liturgico innocuo tipo quelli della messa domenicale filtrata dal coro dell’Antoniano composto però da tante piccole Cross Eyed Mary.
Dopo l’esplosione del black metal, con tutti quei tipi ricoperti di cerone e i loro proclama guerreschi e satanissimi, io già mi ero rivolto alle colonne sonore dei film che mi spaventavano sul serio. Era il 1995/6 e non si trovava quasi nulla in cd, a parte i classici come Profondo Rosso o Dracula di Coppola. E quelli me li ero procurati tutti approfittando della generosità della “padrona” di una stazione radio vicino casa mia. Lei mi permise varie volte di scendere negli archivi, prendere i dischi e passarli in cassetta.
Me ne stavo solo in quello studiolo, quando il dee-jay non c’era e mi registravo le colonne sonore di Zombi o Due Occhi Diabolici, La Setta e Halloween. Non immaginate quanto potessi diventare irrequieto in quello scantinato. Più di una volta saltai sulla sedia alla vista del mio stesso riflesso sul vetro che mi separava da altre stanze buie. Però erano giorni difficili per gli appassionati di musica horror.
Persino John Carpenter era un problema rimediarlo e così comprai un cavo che collegava lo stereo alla tv e al video e passai le giornate a trasferire su cassetta gli score di Hellraiser o Nightmare On Elm Street. Il risultato era leggermente meglio che se avessi piazzato un mangianastri davanti alla TV ma almeno potevo farlo anche di notte.
Oggi, con tutte le possibilità offerte dalla rete ho finito per ritrovarmi il problema opposto. C’è troppo da scoprire, sentire, comprare e scaricare. Ci sono artisti sconosciuti, amatoriali, che pubblicano le loro musichette horror su facebook e alcuni sono molto bravi. In ambito metal sono nate alcune band davvero intriganti (i Portal) che hanno il principale intento di usare la musica per sconvolgere la gente o annientarla.
Mi rendo conto che molte delle cose che dico andrebbero approfondite ed è quello che farò. Ho deciso di avviare una nuova rubrica che analizzi la Scary Music. Tutta, non solo le classiche metal band e rock band. Su quelle è già stato scritto abbastanza. Parlerò di colonne sonore, di pop, ambient, qualsiasi genere o artista abbia cercato di far rizzare sul serio i peli della schiena ai propri ascoltatori.
Una delle domande che rivolgo alle persone (a parte se hanno dei vecchi fumetti porno da regalarmi) è quale disco o canzone li abbia spaventati di più e questo mi ha spesso fatto ottenere risposte meno scontate di quanto si pensi. Ne riparleremo dopo le feste. Intanto direi che per oggi possiamo chiuderla qui.