Possiamo interpretare la figura del lupo mannaro in un’ottica freudiana ma fino a quando non ostenta un’erezione (il lupo mannaro, s’intende, non Freud) oltre al grugno e alla coda, possiamo considerarlo scevro da implicazioni sessuali. Per quanto mi riguarda ritengo che una simile, caparbia ingenuità sia perversa e che l’opera d’arte vada fruita fino al limite massimo! (Clive Barker, dall’introduzione all’antologia Il sesso della morte di Ramsey Campbell, 1987)
In effetti, quale migliore presentazione per questo libro? Le parole di Barker magari sono la base che ne ha ispirato la nascita ma non ci è dato saperlo. Di sicuro anticipano ciò che S.P. Somtow realizzò poco tempo dopo con La Danza Della Luna. Due anni più tardi, per l’esattezza. Quando al licantropo si rizza!
TRAMA:
Sul finire dell’800, un clan di lupi mannari europei si trasferisce nel vecchio west per vivere e sbudellare esseri viventi in santa pace, lontano dalla civiltà e le superstizioni del vecchio continente. Dovrà vedersela con una tribù di indiani mannari e ancor più temibili uomini normali senza scrupoli. Al centro della contesa c’è Johnny, un bambino metà uomo e metà lupo che secondo i pellerossa porterà pace tra i figli della luna e secondo i licantropi europei guiderà una sanguinaria epoca di grande prosperità per i figli della notte. Gli uomini uomini invece avranno per lui piani assai più spregevoli e remunerativi.
La Danza Della Luna (Moon Dance), edito nel 1992 dalla casa editrice Armenia viene presentato come un capolavoro splatterpunk in grado di “fare epoca”. Al di là della sparata promozionale colpisce che il libro non venga nemmeno citato da Paul M. Sammon nella sua antologia decisiva Splatterpunk (Mondadori). Il promotore americano del sottogenere più vivace e discolo della letteratura horror degli ultimi trent’anni evita di mettere persino l’autore nel suo elenco dei fuorilegge: S.P. Somtow per lui non esiste. La cosa è inspiegabile perché oltre a mostrarsi indiscutibilmente una delle migliori penne splatterpunk mai esistite, Somtow a ben guardare contribuì alla piccola rivoluzione splatter grazie a un originale e pimpante romanzo vampirico estremo: Vampire Junction del 1984 e lo stesso fece qualche anno dopo col mito del lupo mannaro nel volume di cui stiamo parlando ora.
Somtow è un tipo di scrittore con una storia piuttosto singolare: thailandese trapiantato in Inghilterra, audace direttore d’orchestra, iniziò componendo musica moderna troppo originale per gli standard culturali del suo paese. Successivamente, per ammazzare il tempo durante un blocco creativo col pentagramma, si diede da fare come scrittore di fantascienza e horror ottenendo risultati sorprendenti.
La Danza Della Luna è del 1989 e in Italia non se lo ricorda quasi nessuno. Questo romanzo avrebbe meritato una maggiore attenzione, inutile dirlo ma quando uscì, all’inizio degli anni 90, si confuse tra le decine di proposte horror con cui la Mondadori, la Sperling e la Bompiani ingolfarono inspiegabilmente il mercato, prima di sospendere tutto, data la scarsa reazione del pubblico e metterci una pietra sopra in eterno.
In effetti poi le storie di lupi mannari attraggono molto meno di quelle sui vampiri e di sicuro, il tentativo di Somtow, in gran parte riuscito, di ridefinire i parametri del genere licantropico e di spostarne i confini molto più avanti in termini di violenza e sessualità esplicita non avrebbe potuto allora (e tanto meno oggi che le creature della notte sono varianti romantiche e bizzarre di Dawson Creek o Beverly Hills 90210) trovare un riscontro considerevole.
PREGI:
Il discorso di Somtow è intelligente: per far tornare il mito del lupo mannaro ai livelli conturbanti e disgustosi che gli spettano occorre darci dentro con il pene e la vagina. L’organo sessuale maschile è tenuto presente in ogni descrizione. Sia che venga asportato e messo carinamente su un comodino accanto alla vittima, sia che metta il pelo, eiaculi, urini, si indurisca e affondi; non passano due pagine senza che Somtow ce ne ricordi la presenza. Del resto i lupi mannari sono bestie in balia del proprio istinto e i fluidi corporei li usano per marchiare il territorio ed esprimersi. Di conseguenza è inevitabile, durante, prima o dopo una trasformazione, che i licantropi svuotino la vescica un po’ ovunque: sulle vittime, su ciò che non gli piace, su quello che amano.
Uno dei film più coraggiosi dedicati all’uomo lupo, in termini sessuali spinti, è L’ululato di Joe Dante, precedente di otto anni al libro di Somtow. Ricorderete la scena di sesso tra belve come una delle più disturbanti, eccitanti e dolorose dell’horror anni 80. Ebbene il romanzo di Somtow parte da quel punto e non si ferma più. Per citare anche un libro, La Danza Della Luna, uscito un anno dopo di Dance With Wolves di Michale Blake (da cui poi nacque Balla Coi Lupi di Kevin Costner) potrebbe esserne la versione per adulti pervertiti e cinofili.
Anche la vagina svolge un ruolo di primo piano. Oltre alla pipì spesso le licantrope perdono succhi mestruali durante la trasformazione (e capirai visto il rapporto tra fasi lunari e marchese).
Tutto questo generale effluvio lupesco di succhi e liquami produce un odore a tratti insopportabile e disgustoso e allo stesso tempo è l’ingrediente istintivo di un’attrattiva invincibile per le vittime stesse, le quali tra conati di vomito ed erezioni prorompenti avanzano fino a consegnarsi alle fauci dei predoni ululanti. Urina, sangue, muschio, sudore bestiale, tutto si mescola e scatena nel naso degli umani un fortissimo desiderio sessuale che i licantropi sono ben contenti di soddisfare prima di avere il loro buon pasto serale.
In un certo senso La danza della luna è uno dei romanzi più “nasali” che siano mai stati scritti. L’attenzione che l’autore rivolge agli odori è maniacale, compulsiva, insistita alla nausea. In gran parte il disgusto e l’insostenibilità derivano dalle descrizioni olfattive e non da ciò che vediamo. Per certi versi è un libro irrespirabile e geniale proprio perché tenta di corrompere non l’occhio ma le mucose dell’immaginazione del lettore. Yeah!
DIFETTI:
Le vicende sovrannaturali si svolgono davanti agli occhi ignari di Sigmund Freud, Calamity Jane, Buffalo Bill e Toro Seduto. Costoro passano in mezzo alle vicende raccontate in un pittoresco carro carnascialesco, alla stregua del giochino di Forrest Gump, Piccolo grande uomo o se volete I Promessi Sposi. Peccato che l’inserimento di questi “reali” protagonisti dell’epoca storica, sia tutto sommato troppo ammiccante, divertito, ma poco necessario. Esempio: il Freud cocainomane perduto che dispensa dosi di polvere bianca a destra e a sinistra, procurando una dipendenza anche a una delle protagoniste femminili, è divertente e simbolicamente ci sta da paura, ma come elemento funzionale alla trama è meno credibile dei lupi mannari stessi, quasi una macchietta. È proprio l’aspetto storico che non funziona benissimo nel romanzo di Somtow, a dirla tutta, sebbene il vecchio west descritto da lui sia ancora più brutale e spaventoso di qualsiasi film di Leone o Questi e alla pari con le cose più spinte di Lansdale.
I danni maggiori però sono da mettere in conto allo sguardo moralista e sentimentale dell’autore, il quale scivola nella retorica pro-pellerossa vs cattivo uomo bianco che nemmeno l’ironia, dispensata alla pari per tutti, riesce a mitigare.
Somtow traspone la dualità anche in termini fantastici: da una parte c’è la moralità discutibile ma genuina dei licantropi e dall’altra quella marcia persa degli esseri umani. Da una parte c’è il licantropismo spirituale e ben integrato nel ciclo della natura della tribù indiana e dall’altra quello indecente e compiaciuto dei lupi europei in trasferta. Indovinate con chi sta lui? Ecco, questo spregiudicato parteggiare è un danno che uno scrittore in generale non dovrebbe mai commettere. Ci rimettono tutti: lui, il suo libro, il lettore stesso. Individui come il baro pedofilo Claggart e il generale dell’esercito Sanderson, autentico orco divoratore di innocue famigliole indiane, sono tra le creazioni più felici dell’intero romanzo ma risultano infastidite dal moralismo freak che aleggia sulle loro disgustose teste. Il conte von Bachl-Wolfing e i suoi licantropi ammazzano con gusto, divorano donne e bambini, sbudellano e smembrano con grande voluttà ma noi uomini siamo peggio, sapete? Certo, come negarlo? Beh, questa solfa dopo due o trecento pagine inizia a stancare, rammollisce tutto, rendendo la vicenda troppo melodrammatica.
Anche il tono spiritualistico e poetico così indulgente, quando Somtow parla degli indiani e del percorso interiore del ragazzo lupo Johnny, sprofondano il lettore nella noia. La protagonista femminile poi è insopportabile! Speranza è la vera eroina che si prende a cuore le vicende del piccolo ibrido Johnny e pur dando la vulva ai licantropi di continuo è tormentata da seri dubbi che affondano nel puritanesimo d’appendice e la spingono a lagne sempre più inverosimili; la coca che le manda Sigmund da Vienna in graziosi pacchettini non migliora certo le cose. Inoltre è vinta da un bisogno materno che la spinge sempre più a fondo verso i casini violenti e perigliosi che riguardano Johnny ma anche ad accumulare aborti licantropici alla faccia del suo amante/protettore, principe dei lupi. Due palle.
CONCLUSIONI:
Ovvio, non sarebbe un gran romanzo horror se i buoni fossero più fichi, più intriganti dei cattivi e su La Danza Della Luna non lo sono: Claggart e Sanderson rubano la scena persino ai lupi mannari. Il primo è talmente abietto da massacrare ragazzine pur di orgasmare e il secondo prende a calci neonati pellerossa e sfoggia, anziché nasconderselo sotto un cappello, lo scalpo che un giovane indiano gli ha procurato durante una delle “eroiche razzie” dei soldati bianchi negli accampamenti dei nativi.
I momenti assolutamente splatterpunk inoltre si sprecano. Chi ama la narrativa tosta qui ha pane giusto per sbriciolargli la ganassa. Dal Sanderson che scopa una licantropa fino ad ammazzarla, bambini smembrati, impalamenti, sbudellamenti come piovesse, Claggart che eiacula dentro i buchi del cadavere di una prostituta e tante altre belle robine. C’è persino un cazzo fantasma! Inoltre è fuori discussione che La Danza Della Luna sia scritto molto bene, con passaggi davvero ispirati e una trama dal respiro epico che, sebbene ricchissima di personaggi e resa quasi isterica da copiosi salti temporali, non si perde mai davvero per strada. Da riscoprire.