padrecavallo

Cari domenicani – qui è Padrecavallo che vi scrive

Cari domenicani, siamo qui riuniti per celebrare le gesta di Padrecavallo. Volete sapere le ultime? Ok, mettetevi comodi su quel pagliericcio lì. Sì, lo so, i cavalli si rilassano in piedi ma vi assicuro che io ne ho visti pure sdraiati in terra a rigirarsi come coccolosi micini. Tra l’altro vi è mai capitato di avvistare un cavallo mentre dorme in piedi? Io sì ed è una visione vagamente inquietante. Era una mattina un po’ nebbiosa e passando davanti a un pezzo di terra recintato, c’era questo bel maremmano fermo, immobile. Intorno a lui veli di bruma che aumentano la visione di sinistri risvolti.

Ho rallentato con la mia macchina e sono rimasto lì a fissarlo per qualche minuto. Ho persino abbassato il finestrino per guardarlo meglio. Lui niente, fermo, sprofondato in chissà quale sogno equino. O magari nel sogno era un bambino? Vi è mai capitato di sognarvi cavalli? A me sì. E mi ci sento anche da sveglio. Non per questo mi chiamo Padrecavallo. E che il dio Mustang vi benedica col suo zoccolo dorato. Avrà uno zoccolo dorato? Bah, che cosa importa?

Questa settimana ho avuto la bella pensata di ridurre il dosaggio della pasticca che prendo. Sapete che prendo una pasticchina che mi tiene bello tranquillo e motivato? Ecco. Se non la prendo io mi trasformo in licantropo antisociale. Se la mando giù tutte le mattine, al dosaggio giusto, sono un buon papà, amante affettuoso e comprensivo (non si legga coglione, però) e volenteroso lavorante con in pugno un volante. Ma se non la prendo per nulla o anche solo la metà inferiore di quanto necessiti… ecco la mutazione. Per farvela breve, sta settimana ho fatto piangere mia moglie, l’ho trattata malissimo, l’ho accusata di tutti i mali del mondo e poi sono fuggito al cimitero.

Mi è venuta a raccattare all’Ipercoop mentre bevevo una birra a stomaco vuoto, alle due del pomeriggio, mezzo sbronzo. Capirai, io non bevo mai, per di più ero a stomaco vuoto… Quindi eccovi un Bukowski bello e pronto. Tornati a casa abbiamo urlato e pianto per ore. I motivi non contano. Altrimenti sarei ancora arrabbiato, anche ora che ho ripreso la mia pasticchina nel giusto quantitativo. Ricordo di aver detto a Mara: per stare con te mi sono dovuto drogare.

Brutta cosa da dire alla donna che ti ama, però l’ho detta, mi è scappata. E forse un fondo di verità c’è. Per stare con te non è esatto, però. Avrei dovuto dire: per essere come sono. Per rispondere delle responsabilità che mi sono preso, per rispondere dei sogni che vorrei realizzare, per essere il fico che sono destinato, mio malgrado, a essere, io mi devo drogare. Altrimenti fuggo, urlo, odio. Me stesso. Mara la amo anche quando urlo, fuggo e odio. Vi giuro.

Ora eccomi qui. Sano e salvo, bello manzo. E mi chiedo: ma io chi sono? Quello di alcuni giorni fa o quello di adesso? Chi è il vero me? Il renitente alla vita o l’integrato con la spocchia anticonvenzionale? E soprattutto chi dei due ha ragione? Probabilmente entrambi. Tutti e due hanno le proprie ragioni. Mi piacerebbe farli incontrare. Sarebbero grandi amici, secondo me. Ecco, io credo che il buco per uscire da sto casino sia proprio questo: realizzare che il cavallo e il mannaro, sono dalla stessa parte. E che uno si arrabbia per tutto ciò che l’altro deve subire.

E l’altro invece e in modo affettuoso gli direbbe, tranquillo. Io amo tutto questo. Vale la pena tenersi buoni, tirare i freni fino a logorarsi perché se non lo facessi mi resterebbero le tombe di un cimitero, una birra e un libro di storie di vampiri da rileggere. Un giorno sarò di nuovo solo. Potrà non succedere ma se mia moglie muore prima di me o mi lascia e le figlie se ne vanno al diavolo con i propri mariti e infanti da allevare, io sarei di nuovo in giro, alle due del pomeriggio, con una birra in mano, un libro nell’altra e un cimitero come meta. Proverei un senso di libertà? O di profonda tristezza? Ora, il me impasticcati direbbe: che desolazione! Ma sono sicuro che il mannaro gioirebbe e condirebbe il piatto suggerendomi di spaventare le vedovelle saltando fuori da dietro una lapide o magari addormentarmi tra i pinzi verdi, sognando pecore elettriche. O cavalli che dormono.