Se andate a controllare quali sono in questi giorni maggiori dischi metal scaricati illegalmente sui vari siti torrent trovate i Kreator con questo EP e gli Halestorm con una monnezzuola intitolata Reanimate 3.0 The Covers (EP). Siamo proprio in stagione bassissima, quindi. In questa nuova rubrica ci occupiamo di tutto il metal (e anche in un’altra che partirà mercoledì con i Candiria). Pensavamo di farne una per il black e intitolarla Furia cavallo del Nord, una per il power e chiamarla Power Horses o qualcosa del genere ma non avrebbe avuto senso. Oggi le sotto-classificazioni non servono più a nessuno, sono talmente tante e sempre più così fantasiose e irrazionali che se leggo che i Blowyourmom fanno industrial shoegaze pirate parents metal cosa devo concludere? Boh… che per capire che cazzo suonano sono costretto ad ascoltarli comunque. Poi li sento e scopro che fanno classic doom blues metal. No, il metal si divide in due categorie, quello classico e quello moderno. Ora, sia chiaro: ci sono decine di band che vorrebbero essere classiche, anche se sono al primo disco suonano e si vestono come i Led Zeppelin ma sarebbe assurdo infilarle tra i classici solo per questo, no? Te lo devi guadagnare lo status di classico, non basta che ti travesti da anziano. E ci sono tante band vecchie di 30 anni che vorrebbero essere sempre all’avanguardia e moderne ma che a ben vedere non aggiungono davvero nulla da un bel pezzo: vedi Meshuggah. E via al dibattito.
Il vero elemento che determina la classicità e la modernità di un gruppo metal (come per tutto il resto) è il tempo. Se una band fa dischi da un sacco di anni è classica. Punto e basta. Se suona da due giorni è moderna. Potrei dire antica e moderna ma antica in fondo sembra un insulto (tipo vecchia) e chi ha superato i vent’anni di carriera, incidendo decine di album, non può che aver consolidato il proprio stile, aver detto quello che aveva da dire e se possibile, essere un punto di riferimento, un’influenza per i giovani musicisti che iniziano a darsi da fare oggi.
Un tempo se riuscivi a restare in giro per più di dieci anni era un traguardo confermato dalle vendite, dal seguito nei live, dal rispetto delle nuove leve. Oggi non è più necessario tutto questo. Posso fare dischi e girare in Europa pagandomi di tigna questo lussuoso hobby della rockstar e con il mio gruppo, gli Iron Soncazzo, rivendico un ruolo di militanza e da veterani del metallo vero… da Montefiascone.
Anche il discorso sul moderno beh… che si intende per moderno? Noi diciamo nuovo, anche se poi nuovo magari non è. Sta di fatto però che se un album è uscito nel 2017, a gennaio, si dice che è nuovo. Punto. Il nuovo è moderno? Ok? Non complichiamoci troppo la vita. Certo, a volte le cose vecchie suonano più moderne delle nuove ma che palle, qui siamo in un cazzo di blog metal e vi diciamo che ci sono solo due rubriche sulle recensioni metal: classiche e moderne. Punto. E in modo del tutto arbitrario e che vale solo per questo blog equino vi diciamo anche che noi dividiamo le band classiche da quelle nuove usando come spartiacque il 2001. A partire da questo anno andando a ritroso si parla di gruppi classici e dal 2002 a oggi di gruppi moderni. Chiaro? Questa è la rubrica dei gruppi classici e oggi parliamo di Kreator. Ah… che fatica!
L’EP Violence Unleashed è un tappabuchi che dovrebbe lasciarci intuire qualcosa sul nuovo di… no, aspettate proviamo a non chiamarlo più così… Insomma, Disco è un termine vecchio che non ha senso, vi pare? Allora io direi, il nuovo file mp3, ok? Lo abbrevio nella sigla FMP3, ok? Quindi, c’è poco da dire sul nuovo FMP3 dei Kreator. Tutti lo aspettiamo disperati. Dal singolo Gods Of Violence è abbastanza chiaro che Mille e i suoi hanno fatto ritorno ai lidi power-thrash pieni di armonizzazioni e melodie di Violent Revolution (2001). Dopo la sbornia in nome dei verdi anni quando si correva e si birrava e si scopava, adesso torniamo all’enfasi, la drammaticità e le tematiche impegnate.
Violent Revolution è il FMP3 è l’ultimo grande FMP3 della band fino a oggi e con molta probabilità anche di domani. I Kreator erano già dei nonni del metal ma avevano sedici anni in meno di oggi, cacchio! Quante cose vuoi che abbiano ancora da dire di fresco? GOV, messa in apertura di questo EP fa ben sperare, è bella, trascinante e arrapata il giusto ma superando la pur gradevole cover di The Number Of The Beast dei Maiden, arrivano le prime avvisaglie di ciò che potrebbe non funzionare nel nuovo lavoro dei Kreator perché sia Wolfchild che Iron Is Destiny, b-sides non inserite nella scaletta di oltre cinquanta minuti dell’album, sono una robetta senza sale e non è che si allontanino troppo per intensità e valore dagli ulteriori singoli estratti dal nuovo Kreator. Tutti e due i pezzi hanno la stessa coordinata compositiva di Gods… : melodie, cori, riffoni true e controcanti… messi tutti lì quasi sperando che a seguire la ricetta di Violent Revolution possa accadere sempre qualcosa. Ora, io non voglio fare il menagramo (cosa che mi riesce benissimo) ma l’esperienza mi dice che una band con più di 30 anni sul groppone non ha molte scorregge da sparare e che potrebbero esserci almeno 4 pezzi sullo stesso livello di queste due nel nuovo album. Intanto Satan Is Real è loffia quasi quanto i nuovi Slayer, che scopiazza nella parte centrale ed Earth Under The Sworld è discreta ma sembra di sentire i Blind Guardian di Follow The Blind su carta vetrata.
Quindi non facciamoci troppo la bocca sul nuovo Kreator o finiamo come per i Testament, il cui Brooterhood Of The Snakes è solo carino e con almeno quattro filler ma ha avuto recensioni entusiastico-isteriche solo perché è uscito nei paraggi del cagatone dei Metallica e da un mese già non ne parla più nessuno. Né di quello né di Hardwire to selfcoso.