Mi hanno già chiesto quale sia stato il mio gruppo sorpresa di questo 2016, ma facciamo finta siate stati stronzi e abbiate evitato a priori il mio questionario. Oh, nessuno che lo nega? Graaaazie. Qual è stato il mio gruppo preferito di questo 2016? Beh guardate, so’ stati tanti. Ho ascoltato così tanta musica, obsoleta e recente, che un giorno le mie orecchie sono andate a farsi una vacanza. Ma poniamoci una domanda diversa: qual è stato il gruppo ispirazione per me stesso, i miei progetti e i miei propositi musicali? Nel corso degli anni ne ho sempre trovati vari, ma ho raggiunto il cuore del carciofo a furia di pelare le foglie, l’ho strizzato e ho tirato fuori un ottimo liquore. Due nomi sono rimasti e il primo, in ordine cronologico non certo per qualità, magari lo recuperiamo un’altra volta, perché dietro c’è una sua storia con piccoli risultati. L’altro nome lo avete già visto nel titolo, ma facciamo finta che siate veramente stronzi e non abbiate letto manco quello e Sdangher l’abbiate scoperto solo in questa sua incarnazione 2.0.
I Sedem Minút Strachu (Sette Minuti di Paura) sono il mio gruppo del cuore. Sono quel nome, che pure non l’ascoltassi più, porterei nel cuore come un tenero ricordo, un po’ come la fidanzata prima di beccarla con Armando tra le coperte un giorno che hai deciso di uscire prima dal lavoro.
Ho avuto la fortuna di conoscerli (grazie facebook), parlarci, preparare una bella sorpresa che non vedo l’ora veda la luce, intervistarli (devo recuperarla), ma sopratutto scoprire giorno dopo giorno, come dolci in una calza bucata, piccole chicche su di loro. Il nome nasce da una fusione dei loro due gruppi principali; Seven Minutes Of Nausea and Fear Of God.
Il loro mio disco/Ep preferito, Sedem Minut Samurai, non solo è stato registrato in Giappone, ma vede anche la partecipazione di Ryohei, batterista dei Final Exit, negli ultimi trenta micidiali secondi del suddetto disco. Ultimo, ma non per importanza, io pensavo General Fucking fosse solo una fighissima T-Shirt, ma a quanto pare è anche il loro primo album ufficiale prodotto dalla At War With False Noise records.
Una volta concluso l’ascolto devo ammettere che nei suoi diciotto minuti circa questo disco ha letteralmente non dico scalciato via il citato EP dal mio cuore, ma il primo posto del podio se l’è preso di diritto. Vuoi per una maggiore… maturità ottenuta sia nella produzione che nella costruzione delle tracce, vuoi che nella prima serie di tracce che non hanno un titolo si distinguevano dei “riff”, ignoranti ma c’erano, vuoi la batteria che fa tupa tupa, vuoi che tra un rutto e un nitrito è stato come sentirsi a casa. Non lo so, ma posso dire che la naturalezza con cui mi è scivolato dentro questo disco ma mi ha lasciato di stucco. L’unica nota negativa che posso ammettere è che a un certo punto finisce. Farlo più lungo avrebbe minato la natura grind della sua struttura, io però ho sempre apprezzato dei Sedem Minút Strachu la scelta di fare una sola sessione di fila, quante più tracce si possono gettare nel calderone, anche gli scoréggi fanno grind come un rutto; e se il cavallo nitrisce. Non penso sia un omaggio a me, ma se fosse… no dai, impossibile.
Mi hanno sempre detto “se non senti il baso è grind”, qui ragazzuoli se ne sentono due. Rado da un lato, Richard dall’altro e Jan alla batteria, mai lasciata al caso. Qualcuno crede che quando fai noisecore il batterista va un po’ per cazzi propri, e nei gruppi del cazzo la storia è quasi sempre questa, ma non qui, non oggi, non con loro. Seppur sia convinto che questa sia nata come jam session, il risultato finale è il primo disco ufficiale e già il migliore della loro discografia.
Non aggiungo altro, chi mi conosce sa i miei gusti, ed è per questo che in virtù di ciò invito ogni cosìddetto ‘fan del grind della domenica passata’ a buttare orecchio a General Fucking. I più audaci possono già ordinare l’edizione vinile sul sito.