Dopo dieci anni dal primo e ultimo MCD Black Karma, Bjørnar E. Nilsen torna con i suoi Black Hole Generator e il nuovo A Requiem for Terra. In questo lungo periodo il suono dei BHG ha decantato, si è discostato da quello industrial (pur mantenendone alcune soluzioni) che dominava Black Karma e ha iniziato a muoversi verso qualcosa di più eclettico, vicino all’avantgarde black metal. Bjørnar ci accompagna con passo lento, quasi doom, in una passeggiata in un mondo post atomico, che si trasforma ben presto in un galoppo dal sapore black. Non c’è nulla di scontato in questo album, ogni suono, ogni parola, ogni riff di chitarra è lì per esprimere al meglio il concept che sta dietro al titolo. Non è un disco per tutti, questo sì, con le sue continue sperimentazioni e l’approccio di ricerca, ma un ascoltatore avvezzo a un certo tipo di lavorio innovativo e fuori dagli schemi avrà una bella soddisfazione nell’ascolto di tutto l’album. A Requiem for Terra si muove fra tetri paesaggi desolati, attraversando un’ampia gamma di emozioni che si estende dalla titletrack, meditabonda e carica di un peso incombente, all’ipnotica e ossessiva Moloch, passando dall’orecchiabile folkeggiante Beneath a Chemical Sky fino alla selvaggia Emerging Pantheon.
Degna di nota a parte Titans, lungo pezzo dal taglio quasi progressive che scava in profondità fino a raggiungere la potenza graffiante del black/death dopo un’intro alla Omnium Gatherum, dove il basso e la voce di Nilsen la fanno da padrone.
Dal punto di vista della produzione, A Requiem for Terra ha suoni curati e facili da ascoltare e con accenti improvvisi che tengono alta l’attenzione dell’ascoltatore.
Ospiti dell’album Arve Isdal negli Enslaved dal 2003 e Gjermund Fredheim, chitarrista e “smandolinatore”dei Taake.