4 – Prove tecniche di scioglimento!
L’ascolto finisce qui. Ma a giudicare dalle facce dei presenti, tutti sembrano soddisfatti. Sanno che hanno avuto una grande possibilità e, perché no? anche una gran fortuna: quella di ascoltare in anteprima un album molto atteso che s’è rivelato strepitoso: e che al momento del suo arrivo nei negozi cambierà sicuramente il volto del metal di questo 2003. Fabrizio Massignani – Metal Hammer 2003.
Il brano qui sopra è tratto da un report del grande Massignani per Metal Hammer. È l’esempio del perché andare alle anteprime sia dannoso e inutile sia per le band che per le riviste. Fabrizio deve avere una corsia preferenziale con i Nevermore perché poco prima dell’incontro tra la band e la stampa per l’ascolto del nuovo album lui è con due di loro, in macchina, per le vie di Seattle, mentre Loomis e Dane si trovano già da molto sul posto, incazzati, in attesa dei ritardatari. E sono in ritardo mostruoso. Il problema è che non hanno neanche voglia di sbrigarsi, sia Van (Williams) che Jim (Shepard) sono ubriachi e preferiscono farsi ancora un giro prima di virare per quella noia mortale.
Il batterista è al telefonino e cerca di convincere la moglie ad andare con lui alla presentazione. Niente da fare, riattacca e dichiara di sentirsi un po’ scoglionato. Squilla il cellulino e lui risponde in modo quasi meccanico. C’è mamma Dane dall’altra parte e si sente che è fuori di testa. Sembra di ascoltare l’attacco di Poison Godmachine in chiave brutal che esce da un paio di auricolari lasciati in giro. No, non sembra molto contento per questo loro ritardo. Val ingoia e una volta chiusa la conversazione dice che a volte Warrel fa troppo il “capetto” e che se non fosse per l’affetto e la stima che c’è tra loro, i Nevermore sarebbero finiti da un pezzo.
Questo piccolo screzio è la vera, autentica e sola preziosa anteprima scaturita dall’articolo di Massignani: sullo scioglimento dei Nevermore. Il resto è tutta fuffa. Tequila e Margaritas vanno giù per il gargarozzo di tutti e tre, i due musicisti e Fabrizio. Una volta che raggiungono il resto degli invitati e della band, sono fuori come cassette postali. Ci credo che il giornalista, “lesso” e amicissimo del gruppo, abbia infine “reportato” le parole che ho trascritto all’inizio dell’articolo. Vi immaginate il distacco critico e la lucidità? Chi avrebbe avuto poi il coraggio, tra uno stuzzichino e un cocktail, quel pomeriggio di quasi quattordici anni fa, di andare da un torvo Warrel Dane e dirgli che Enemies… era uno schifo? Cosa che del resto già sapeva bene da solo, no?
Durante quello e i successivi incontri con la stampa, i Nevermore non fanno segreto della loro separazione dalla Century Media. Si rimettono sul mercato e attendono offerte. Non possono dire che l’album sia una merda ma nel caso il mondo lo trovasse così la colpa è dell’etichetta. Dane è quasi sempre fuori di testa, in quei mesi e durante il tour si presenta sul palco ubriaco e fuori forma. Anche il resto del gruppo non sta proprio al massimo e si sa, non stai facendo punkabbestia con patate, suoni il metal più tosto e impegnato che ci sia, se non ci stai di testa e di corpo va tutto a puttane. In ogni caso: “con la Century abbiamo chiuso, largo a nuove avventure!”
Abbiamo firmato per la Century Media addirittura nel 1994. Da allora abbiamo realizzato cinque album, un mini, siamo andati in tour in mezzo mondo. E non è stato possibile cambiarlo, nonostante che più di una volta abbiamo bussato alla porta dell’etichetta per chiedere un adeguamento, un aggiustamento dell’accordo. Ma non c’è stato niente da fare. Ecco perché questo è l’ultimo disco con loro. Warrel Dane – Metal Maniac 2005
E infatti per il successivo The Godless Endeavor escono con la Century Media…
5 – Il periodo più difficile è ieri.
Il periodo più difficile in assoluto per me è stato durante il tour di EOR. A quel tempo bevevo davvero troppo ed ero sempre ubriaco. Ho passato momenti difficili a livello personale e sono arrivato a un punto in cui dovevo decidere cosa fare di me e della mia vita. Ho scelto di tornare sobrio e riabilitarmi. Sai all’inizio, specialmente da giovani, è molto facile per chi suona lasciarsi trascinare dall’idea dei party, sesso, droga e r n r. all’inizio ci stai, ti diverti, ma arriva il momento in cui entri nel music biz e devi focalizzare la tua vita, crescere sotto un’altra ottica. Mi piace ancora fare i party ma cercando di rimanere lucido. Warrel Dane – Metal Maniac 2005.
Quando il gruppo si ripresenta alla ribalta per The Godless Endeavor sembra tutto rimesso a posto. Dane è un tantino smagrito ma pulito. I giornalisti lo fanno notare a Loomis e Shepard ma i due glissano dicendo che lui ha solo smesso di fumare. Certo, quando uno si leva quel vizio diventa un’acciuga, no? Solo io misi su dieci chili in cinque mesi, nel 2000… In realtà le cose sono un po’ più complicate ma lo scopriamo anni dopo. Dane ha il diabete.
“Ho il diabete”, dice anni dopo, “ed è un bel problema ma adesso sono a posto”. Allora, io ho un amico che soffre di questo problema, ha anche crisi depressive dalla prima adolescenza e ci beve sopra. Se non fosse che con la musica non ha mai combinato niente sarebbe spiccicato a Warrel Dane. Vi assicuro che non è semplice ragionarci con il mio amico, tanto che non lo è più da tempo. Il casino cresce quando finisce in ipoglicemia. Capace che ti chiama e bofonchia di odiarti perché tu non l’hai mai invitato a vedere un film assieme a lui. Cose così. Immaginate Dane che fa queste cose tutti i giorni a Williams e Loomis. Nonostante l’affetto, il lavoro che c’è di mezzo, può anche venire la voglia di mandare tutto a puttane, prima di tutto lui!
Non fatico a immaginare quanto sia diventato quindi complesso coabitare con Warrel Dane dal 2003 in poi. Lui e Loomis da lì continuano a scrivere grande musica e anche se The Godless Endeavor non è proprio il disco “impossibile” di cui si parla, ammetto di averlo giudicato male in passato. Si tratta di un lavoro eccellente, prodotto alla grande e con almeno quattro nuovi classici per la band. Secondo me ci sono un paio di riempitivi, cosa che nei primi quattro lavori dei Nevermore neanche l’ombra di un fottuto filler, era tutto palle fumanti e urgenza espressiva. Però è un grande album, TGE. Fuori discussione. Il brano conclusivo poi è enorme, con quell’arpeggio inziale che sembra scritto dai Nevermore in collaborazione con Paul McCartney. Poi buuuuum! Eccovi una mandria di accordi mastodontici e quando ancora non vi siete ripresi arriva quella melodia eterea di Dane, bellissima, angelica, che fluttua sopra gli accordoni come una inarrivabile arca della salvezza che veleggia sul dorso dei giganti armonizzati di Annibale. Dopo purtroppo le cose finiscono per complicarsi un po’ troppo e diventare la consueta tiritera di riff tecnici, scale, invettive vocali e assoli shredding mentre la magnificenza di quell’incipit maestoso non si recupera quasi più. Chi se ne frega però, eh? Solo una band gigantesca può creare due minuti e mezzo così vasti, evocativi, catartici. Oh, cazzo, ho scritto catartici! Va beh.
Anche qui, durante le interviste promozionali sembra tutto un lieto fine. C’è persino un remix del precedente Enemies… rimesso in commercio dopo che ci ha combattuto Sneap (perché il sound di Grey era un dolore nel culo, citazione testuale della band durante l’ennesima intervista a Massignani, stavolta per Metal Maniac).
A sentire il nuovo mix non è che EOR sia tanto meglio ma va beh, forse andava proprio rifatto da capo quel disco come i due Marriege dei Virgin Steele. In ogni caso la band ora ha alle spalle un frontman tornato in salute e ripulito dai suoi mali alcolici, con venti chili in meno. Nel video di Final Product sembra il fantasma de La Madre, avete presente?
Well, spesso i fan vedono i musicisti come persone che non fanno niente tutto il giorno, si divertono e non hanno il minimo problema. Ma non è così. Purtroppo W ha avuto diversi problemi personali che lo hanno portato a buttarsi sull’alcool. Io posso non essere d’accordo con ciò che ha fatto, ma non me la sento di condannarlo senza appello! Essere musicisti significa anche trovarsi per molti mesi lontani da casa, dalle persone care e dagli amici, e non sempre si è sufficientemente coriacei da combattere e sconfiggere ogni problema. Ciò che conta è che da un bel po’ di tempo W ha smesso di bere ed è una persona completamente ripulita. Jeff Loomis – Rock Hard, 2005
Ma con la Century Media? Dopo tutte le dichiarazioni di addio, come mai avete finito per far uscire il nuovo disco proprio con loro?, chiede un temerario Massignani.
Beh, semplice, ci hanno fatto l’offerta migliore. Terminato il contratto che ci legava a loro ci siamo messi sul mercato. Abbiamo avuto contatti co altre etichette, eravamo arrivati al punto di firmare con NB. Ma proprio all’ultimo la CM ci ha offerto un nuovo contratto e delle condizioni economiche soddisfacenti. E così abbiamo deciso di restare. Anche se ci sono difficoltà nel nostro passato siamo sempre stati con loro. Noi conosciamo loro e loro noi. Jeff Loomis – Rock Hard, 2005.
E comunque, chiudendo su Enemies…
FABIO RODIGHIERO METAL MANIAC: EOR è stato criticato da fan e addetti a causa di una produzione non all’altezza (ma a ben guardare è il mixing a risultare scandaloso): problemi con la casa discografica, budget limitato per la realizzazione del disco e problemi conseguenti.
Nel 2005, la formazione è finalmente tornata a cinque elementi. Nonostante Loomis sia un chitarrista debordante, impossibile da eguagliare e unica voce in capitolo su tutta la parte musicale dei Nevermore, lui è il primo a chiedere un partner, soprattutto per le esibizioni dal vivo, poiché il sound della band è pensato per due chitarre e non una. Purtroppo il ruolo di seconda chitarra è maledetto. Probabilmente è la vendetta di Larry Ruthledge, stufo di sentirsi accollare da vent’anni le colpe dello scioglimento dei Sanctuary. No, scherzo ma è un fatto che per qualche ragione chi arriva scappa appena può.
Apriamo la parentesi e facciamo un rapido percorso di tutti i guitar hero che ci sono stati dall’inizio e poi non gli ha retto la pompa, volete?
Intermezzo 1 – LA LEGGENDA DEL POSTO DI CHITARRISTA MALEDETTO
Su Politics Of Ecstacy e In Memory, come seconda chitarra, c’era Pat O’Brain e in parte la scrittura di quei lavori è anche opera sua. Nonostante la consapevolezza di aver preso posto in un capitolo fondamentale del metal anni 90, appena gli capita, Pat fugge con i Cannibal Corpse già dopo l’EP In Memory.
Al suo posto arrivò Tim Calvert dei Forbidden, che suonò solo su Dreaming Neon Black. Prima che la band iniziasse i lavori per Dead Heart In A Dead World decise anche lui di passare. Non per filarsela in un’altra band: si ritirò proprio dalle scene, tipo gli allenatori dopo l’esonero all’Inter.
La formazione restò a quattro sia per quel disco che il successivo Enemies. Poi dal vivo assoldarono Curran Murphy come turnista (già negli Annihilator 2002-2005) ma prima di The Godless Endeavor introssero ufficialmente un nuovo membro fisso: Steve Smyth, già nei Testament per un po’. Lui era bravo e aveva una certa personalità. Il nuovo album era anche opera sua. Oggi che ha alle spalle molti progetti solisti e tanti chili in più non parla volentieri dell’esperienza Nevermore. Nemmeno Warrel ripensava volentieri a lui già nel 2007.
Già dall’agosto 2007 Steve era sicuro che non avrebbe continuato con i Nevermore, a causa di rogne personali incompatibili con la band… vorrei che passassimo a un altro argomento, parlarne mi infastidisce parecchio e la ferita è ancora fresca. Non eravamo d’accordo su un sacco di cose, sia dal punto di vista economico sia per quanto riguarda il ruolo di ognuno nella band… alla fine è stato meglio così. I Nevermore sono senza dubbio una band migliore ora che lui non c’è più. Warrel Dane – Rock Hard 2008
Per due anni la band tornò a quattro elementi, poi nel 2010, Loomis annuncòa il papabile Attila Voros, giovane ungherese di grandi capacità che si unì alla band prima in via provvisoria per il tour estivo e poi ufficialmente come quinto elemento.
Purtroppo abbiamo avuto sfortuna con i chitarristi, erano bravi ma spesso si rivelavano persone difficili con cui andare d’accordo. Oppure quando andava tutto liscio hanno preferito andarsene per una band che gli potesse garantire un po’ di soldi in più, come ha fatto Chris Broaderick. Jeff Loomis – Rock Hard 2009
Ah, già, nei Nevermore c’è passato pure il figone svisone Chris Megaderick. Lui suonò con la band nel DVD The Year Of Voyager ma non comparve nemmeno sulla copertina, perché?
Perché era solo un turnista, non era parte della band e quindi non avrebbe avuto senso metterlo in line-up. Warrel Dane – Da qualche parte nel 2010
Che tradotto significa: sto pezzo di merda ha scelto uno stipendio con i Megadeth e ci ha mollato facendoci fare la figura degli sfigati mentre avrebbe dovuto baciarci il culo per averlo reso parte della Storia della più grande heavy metal band di sempre, cazzo! Quindi non lo nominiamo nemmeno, è nei titoli di coda, come merita una volgare comparsa!
La cosa più sconvolgente detta dalla band al tempo di The Godless Endeavor è che finalmente, grazie al nuovo contratto con la Century Media, potevano vivere di musica e non stare più in cucina a farsi il mazzo tutte le notti. Purtroppo campare solo con i concerti porta un aumento dello stress e il periodo di rinnovamento testimoniato dal sesto disco, si rivela qualche anno dopo come il passo dal baratro dello scioglimento.
6 – Il periodo più difficile è ieri, parte seconda.
Al termine del tour di TGE eravamo arrivati al punto di non riuscire più nemmeno a guardarci in faccia. Non ci sopportavamo più. Avevamo bisogno di una pausa. Jeff Loomis 2010
Quando Hanneman negli anni migliori degli Slayer stava per dare inizio a un suo progetto hardcore/punk, Rick Rubin lo fermò dicendogli che sono queste le cose che fanno dividere una band. Sembra un luogo comune e ogni volta che un membro di un grande gruppo si dedica a un album in solitaria subito rassicura che non ci sono problemi con la casa madre ma è sempre una bugia.
Quando nel 2008 escono sia il disco solista di Dane che quello di Loomis, è solo una inevitabile conseguenza dell’esaurimento nervoso di poco tempo prima e un segnale chiaro e tondo che le cose stiano volgendo al termine.
Intermezzo 2 – IL DISCO SOLISTA DI WARREL DANE
Scritto assieme a un Soilwork, Peter Wichers, che poi l’ha anche prodotto, il disco di Dane si intitola come un qualsiasi brano dei Nevermore: Praise To The War Machine, ed è piuttosto carino. Massignani ovviamente ne parla come se fosse il Tea For The Tillerman dell’heavy metal ma non è un brutto lavoro e bisogna ascoltarlo almeno una volta. Lo stesso anno, guarda un po’, esce anche il primo lavoro in solitaria di Loomis, un disco noioso e fuori contesto ma va così. Oggi per un guitar hero avrebbe più senso una serie di tutorial su you tube che un album creativo in cui far sfoggio della propria bravura e allo stesso tempo tentare di scrivere sigle per il MotoGP. Jeff è sempre andato in fissa per i dischi dei Cacophony e l’idea di fare una cosa del genere gli ronzava in testa da anni. La Century Media gli aveva già offerto la possibilità di farlo e quale occasione migliore della pausa dai Nevermore perché il signorino Warrel deve sfogare le sue velleità autoriali in un album da solo? Ed ecco quindi Zero Order Phase, il classico lavoro che ci si sarebbe aspettati da Loomis. Mentre Dane un pochino stupisce sia per un sound più scarno e uno stile musicale meno Nevermore, la splendida ballad Brother e le due cover, una dei Sister Of Mercy Lucretia my reflection e l’altra, Patterns di Paul Simon, resa irriconoscibile alla stessa maniera di The Sound Of Silence su Dead Heart… Entrambi i lavori, sia quello di Jeff che quello di Warrel nell’insieme sono dignitosi ma non molto altro, dicono chiaramente dove si trova il punto di frattura nel loro songwriting in tandem nei Nevermore.
Il disco di Loomis, se escludiamo le bizzarrie arabeggianti di Cashmere Shiv sembra una roba dei Nevermore mentre Warrel è in bagno bloccato da una cistite emorragica. Il disco di Dane pare invece uno degli altezzosi rock albums dei Queensryche del dopo De Garmo, ovvero una cosa di Geoff Tate. Spazio alla voce, riff sincopati, taglio autoriale, incertezza sulla via stilistica da prendere. Jeff vuole svisare, Warrel vuole cantare ed esprimere concetti. Mi sembra naturale che sia così. Solo che i due percorsi in solitaria rendono duro il rientro alla casa base perché tutti e due i Nevermore ci hanno preso un gran gusto a fare le cose di testa propria. O almeno Dane sì. Jeff magari non si trova tanto male neanche lì. Alla fine le musiche sono tutte sue, c’è solo da farci cantare sopra Warrel e lui un posto lo trova sempre, senza rompere. Almeno così era fino a quel punto. Il ritorno sotto lo stesso tetto ripresenta Jeff tale e quale e Warrel un po’ cambiato. Me lo immagino mentre inizia a dire a Loomis che i Nevermore hanno bisogno di più aria, di canzoni-canzoni, ritornelli da urlare tutti in coro, strutture più semplici. Warrel aveva detto questo durante le interviste promo del disco solo:
Il songwriting dei Nevermore si basa sulle chitarre. Nel mio disco solista la voce e le linee vocali sono l’elemento principale e la struttura dei brani è più diretta. Warrel Dane 2008 – Rock Hard
Ok, vero e sembra un normale distinguo ma una volta tornato nei Nevermore qualcosa deve essere successo perché altrimenti non si spiegherebbero queste parole di Loomis:
Nel nuovo album The Obsidian Conspiracy siamo più heavy e più thrash ma allo stesso tempo più diretti, più lineari e forse anche più catchy. Le melodie sono fatte per catturare immediatamente l’attenzione dell’ascoltatore e non confonderlo nei meandri di un sound troppo complicato. Mi rendo conto che ero io il problema, nel senso che ero io, in lavori come DNB o DHIDW a costruire i brani nettamente prog-metal, con tempi dispari e strutture a-melodiche. Ma questa vena creativa mia era dettata soprattutto da un complesso d’inferiorità, dal voler dimostrare a tutti i costi di essere un musicista capace di fare quelle cose. Jeff Loomis all’uscita di The Obsidian Conspiracy
Era lui il problema? Ma quale problema, di cosa? The Godless Endeavor era un mastodonte di classe e potenza, l’ennesimo grande album dei Nevermore e adesso scopriamo che c’era un problema? Il chitarrista sembra fare non uno ma dieci passi indietro. Le dichiarazioni sul nuovo corso creativo della band però sembrano frasi d’amore verso Dane ma con la pistola puntata alla testa.
In questo disco ho lasciato più spazio a Warrel. Riascoltando i lavori passato dei Nevermore, mi sono reso conto che le parti strumentali, in un modo o nell’altro, spesso sovrastavano quelle cantate e questa non è una cosa buona, primo perché Warrel ha una voce eccezionale e merita di essere valorizzata in pieno e in secondo luogo perché la voce deve essere il pilastro principale di una band. Per questo motivo, ho deciso di comporre brani che avessero un andamento più lineare e che fossero, allo stesso tempi più aggressivi. Per la prima volta, chiuso nel mio studio a casa ad elaborare riff su riff mi chiedevo: come si può inserire qui la voce? Oppure, Quale linea melodica sta meglio su quest’arpeggio? Per me è un passo avanti grosso, perché fino a ora non mi ero mai preoccupato di questo aspetto, lasciando che Warrel con la sua innata bravura, trovasse le migliori linee vocali per ogni giro ritmico, anche il più impossibile. Sentite in particolare The Blue Marble and The New Soul.
L’abbiamo sentita ed è una bella canzone ma nulla che non sia stato già fatto su Believe In Nothing, per dire. Cosa è successo di tanto eclatante su The Obsidian Conspiracy? Forse c’è solo voglia di maggiore immediatezza, di più orecchiabilità e magari, Loomis sente di aver dimostrato le proprie doti e può concedersi qualche quattro quarti da selva di telefonini accesi? Le cose però sono un tantino più complicate di così, altrimenti nel suo secondo disco solista, Plains Of Oblivion del 2012, non ci sarebbero ancora tutte quelle cazzo di svisate e quei riff complicatissimi. Invece siamo di nuovo dalle parti di The Godless Endeavor, guarda un po’.
C’è da dire che i Nevermore hanno sempre avuto una discreta sfiga. Malanni e dolori vari si sono presentati ciclicamente, specie per Dane e Shepard. Quest’ultimo alla fine deve lottare con il cancro e si separa dalla band per il tour. Al suo posto c’è una donna. Io assisto al concerto di Firenze, quello assieme a Symphony X e un altro gruppo che ora non ricordo, ah sì, gli Psychotic Waltz. Resto abbastanza deluso ma non so perché. L’affiatamento non è che sia proprio il massimo e anche l’approccio di Warrel è un po’ scazzato. Eppure qualcosa non mi quadra. Dopo qualche anno scopro che la fine del gruppo si consuma proprio durante quella data del tour in Europa.
A Sanctuary for Nevermore!
Durante il tour con i SYMPHONY X io e Van parlammo con Warrel (Dane, voce) nel backstage e gli dicemmo che non volevamo proseguire con la parte americana del tour. Volevamo prendere una pausa per permettere al gruppo di ricaricarsi e aspettare il rientro di Jim (Sheppard, basso), dal momento che stava guarendo dall’intervento al cervello. A Warrel l’idea non andò a genio ma io e Van rimanemmo convinti che sarebbe stata una mossa intelligente fermarsi e ripartire poi più freschi. Tutto iniziò da quella discussione, perché il promoter americano si lamentò e venni a sapere che avremmo anche potuto ricevere una denuncia per quella cosa. Fu più o meno in quel momento che io e Van rilasciammo un comunicato circa la nostra uscita dalla band. Semplicemente ne avevo abbastanza. Voglio fare altro dal punto di vista musicale e credo sia stato meglio lasciare la band. Jeff Loomis
Inevitabile seguire e confrontare le mosse di Loomis e Dale anche poco dopo la rottura. Il primo si è messo al lavoro su un nuovo disco solista in cui oltre alle consuete tracce strumentali ci sono tre canzoni cantate. Se dobbiamo basarci su quelle, beh, è chiaro che Loomis da solo non può andare tanto lontano. Warrel invece mette insieme a sorpresa i Sanctuary e fa uscire un terzo album con loro. Non è un disco irrinunciabile ma di sicuro è di qualità e regge botta magari non con Into The Mirror Black ma almeno con The Obsidian Conspiracy. Dopo quello anche Dane inizia a incartarsi, però. Prima rimpiange Loomis, che invece è entrato da stipendiato negli Arch Enemy di Mike Ammott, poi sostiene che i Nevermore non sono morti e che lui ha già scritto i testi del nuovo disco. Poi ancora si mette in tour e porta in giro tutto Dead Heart da solista. Operazione commerciale che lo mostra in pessime condizioni di salute e con la voce quasi andata. Al Colony, davanti a duecento persone, con le parti alte dei brani fatte cantare al pubblico, Warrel sta solo chiedendo pietà.
A chi gli domanda dei Nevermore, Dane ammette di volerli tirare di nuovo su in futuro ma non senza Loomis. “Il batterista non serve, tanto non sono mai andati molto d’accordo”, dice. Val Williams, sempre considerato poco per le doti tecniche e l’importanza all’interno del Nevermore sound, non la prende molto bene. Tra l’altro sta passando un brutto momento a causa dei problemi di salute della moglie.
In Dane si avverte il rammarico per una situazione finita in merda causa eccessivo stress e scarsa lucidità. Un po’ come per i Sanctuary nelle interviste del 1995 lui non si rassegna e ne parla male dando tutta la colpa agli altri. Peccato che allora avesse per le mani una nuova band dal grande avvenire mentre adesso c’è un vecchio progetto rimesso in piedi per nostalgia e per sfruttare l’effetto revival mentre i Nevermore, proprio come il nome che portano, sembrano sempre più irrecuperabili. L’ultima novità poi è che Shepard è stato espulso dai Sanctuary per idee inconciliabili con il resto della band. Che sarà successo, stavolta?