Buona domenica, cari sdangheristi. Oggi io me ne vado in un posto lontano a fare un provino. No, ma che porno! Voglio entrare in una band, tornare a suonare, immergermi nella musica. Se mi prendono, ovvio.
Sono quasi dieci anni che non faccio più parte di un gruppo, sapete? Era una cosa importante di me: esibirmi, scrivere i pezzi, cazziare il batterista perché non si concentrava abbastanza o insultare il cantante che non capiva mai come pronunciare Through o Enough. Mia moglie a vedermi senza chitarra in mano dice che è come se mi mancasse un pezzo. Questa cosa mi riempie di piacere…
Ho attraversato una lunga crisi. A un certo punto bisogna arrendersi con certi sogni. A vent’anni inizi a pensare, ok, non sarò calciatore. A venticinque ti dici, ok, non sarò mai un medico, un avvocato, un direttore d’orchestra o un pianista sull’oceano. A trenta devi dirti, va beh, non potrò andare sulla luna, non pubblicherò il mio primo romanzo in età da prodigio, come Moravia con Gli Indifferenti (a pagamento sì ma era pischello). Se mi dice male sarò come Proust (che esordì sempre a pagamento ma poco prima di schiattare).
Ora, a quaranta mi tocca ammetterlo: non sarò mai una rockstar. Posso ancora tentare con: il pornodivo, il tronista per tardone, il presentatore televisivo, dato che Carlo Conti tiene in gioco almeno fino ai cinquantenni, ma io e il metal intendendo me come parte attiva del discorso, ormai dobbiamo salutarci.
Poteva andarmi peggio, sapete? Non mi lamento. Ho pubblicato dei libri. Sono uno scrittore: ho fatto un bel giro nel carrozzone dell’editoria, ho assaggiato la fama e mi è passata la fame.
Poi vediamo… ho una moglie che adoro, svariati amici e sono un cavallo anche se tutti pensano che scherzi quando lo dico.
Ma io non potrò essere il prossimo guitar hero di Ozzy. Non entrerò mai a far parte della prossima power band italiana rivelazione. Posso ancora fondare un gruppo black da una persona, il monogruppo alla Burzum e magari posso creare una certa sensazione negli ambienti underground, chiamandomi Nguastito e suonando pezzi con nette influenze folk-beat romanesche ma insomma, se penso che Steve Harris, alla mia età, già spostava montagne di amplificatori da un continente all’altro con la sola forza del suo portafogli. Dice che abbia un borsello così grande che lo usa come bodyguard. Io quindi rispetto a lui direi che sono in madornale ritardo.
Ma c’è sempre tempo per nuovi sogni, no? E magari possiamo ridimensionare o rimodellare i vecchi, senza buttarli completamente a mare. Per dire: non sarò mai un calciatore, ma se mi ci metto di impegno potrei allenare i pulcini del Vetralla Calcio. Non riuscirò mai a entrare in TV ma se inizio a farmi dei video con la maschera da cavallo mentre recensisco ristoranti del viterbese sta a vedere se non divento un caso. Umano? Meglio equino. Un caso equino.
E posso ancora entrare in una band metal italiana con un gran disco all’attivo e buone possibilità di firmare contratti, per quel che valgono, ormai. Fare concerti, suonare, suonare, e magari un giorno ritrovarmi al Roxy Bar a pisciare sulle scarpe di Vasco Rossi e Red Ronnie.
Posso anche sperare di vedere le mie bimbe grandi e realizzate, in un mondo migliore di questo, magari lontane da qui, in Australia o su Marte, sposate a dei simpatici alieni con una posizione decente.
Si sogna per sognare, mica è vietato.
Ma per quanto ogni giorno che passa un nuovo sogno ci muore dentro, possiamo sempre contare sugli incubi. Per quelli c’è sempre tempo. Per dire: ho l’incubo di morire precipitando con l’aereo. Mica che dopo i quaranta non può capitare più. Oppure, ho l’incubo di prendere l’Aids. Sapete che un tipo l’ha beccato a 78 anni?
Si è sempre giovani abbastanza per l’Aids, per morire sotto un trattore o annegare in un lago, svegliarsi con un pitone nel letto o magari divenire obesi.
Ok, dopo questi vaneggiamenti eccovi una comunicazione di servizio. Nei prossimi giorni, mesi, anni, inseriremo i vecchi articoli di Sdangher 1.0 nel blog. Lo faremo con calma, un po’ per volta e solo quelli che ha ancora senso riproporre. Per evitare di intasarvi lo scroto con delle inutili notifiche, voi lettori fedeli, per nulla persuasibili a rileggere le vecchie cose, abbiamo deciso di non condividere i post su facebook. Li pubblicheremo solo qui, così da rimetterli in circolo e magari attraverso i tag, rimediare qualche nuovo visitatore.
Passate bene questo giorno bianco. Padrecavallo vi saluta e galoppa verso il sole all’orizzonte. Ovvero la credenza, dove c’è un nuovo barattolo di Nutella che sta solo aspettando di essere sverginato dal mio coltello. Altro che Fuck With A Knife!