The Size Of John Entwistle!

Io non so se per tutti è così ma quando ho le mie di crisi depressive si tratta di beccare il momento buono tra un crollo e l’altro. Durante la giornata non sto sempre in un angolo a piangere per cose che a ripensarci dopo mi farebbero quasi ridere. Capita che all’improvviso mi rimetta in sesto e l’umore inizi a galoppare con il passo di un Varenne. Allora quello è il momento di approfittarne e fare qualcosa: giocare con le mie figlie, fare l’amore, scrivere qualcosa. Mentre scrivo mia moglie è a far la spesa e le bimbe stanno davanti alla TV, quindi io ne approfitto e sparo il mio pezzo su uno dei dischi che mi tengono compagnia in questi giorni neri. Presto!, prima che tornino i nuvoloni dei sensi di colpa, la paranoia, le paure di abbandono…

Dopo i deliri patentati di Roky Erickson, ecco un altro tipo piuttosto particolare. John Entwistle. Sapete chi è no? Anzi, chi era… il bassista degli Who, bravi. Non molti sono a conoscenza che ebbe una carriera solista bizzarra e ricca di humor tetro. Il suo esordio si intitola Smash Your Head Against The Wall, e la cosa è tutto dire.

Attenzione, non credo sia un lavoro imperdibile. Si tratta di una cosa piuttosto discontinua. Non so perché ma alle dovute proporzioni mi ha ricordato l’eccletticità di Freak Out! mescolata agli episodi più strambi di Alice Cooper (o sarebbe meglio dire degli Alice Cooper, quando erano una band) e che rispetto alle cose degli Who non regge proprio. Eppure dentro c’è qualcosa che non accetta di spegnersi e almeno ai tipi sdangheri come questo cavallo, continua a trasmettere un certo tepore.

Entwistle è uno dei più grandi bassisti nella storia e bla bla. Una delle canzoni che sul serio mi fanno impazzire degli Who è Boris The spider (esempio riuscitissimissimo di Horror Rock primordiale) e Boris The Spider è una canzone di Entwistle. Pare che My Size, in apertura di Smash Your Head… sia un’ideale prosecuzione. Non a caso il finale cita proprio il riff del pezzo aracnofilo degli Who. E anche qui si tratta di un uomo con gravi problemi mentali che resta ossessionato e finisce per risolvere la cosa spappolando tutto e non pensandoci più. Nel caso di Boris basta un libro e in fondo chiunque può essersi trovato a nutrire una sorta di piccola ossessione per un ragno sul muro, specie sotto effetto di qualche droga. Ma se il prossimo ragno da spiattellare al suolo è una donna carina che non vuol dare confidenza, le cose sono molto più serie. My Size è né più né meno che la storia di uno psicopatico ridotto alle dimensioni di un ragno da una donna carina e un po’ altezzosa. E chissà perché fa pensare che in fondo Entwistle abbia trovato dentro se stesso, sia il ragno che il libro che lo schiacciò in Boris, e così anche il maniaco e la donna con la testa fracassata di My Size. Il brano ha un bel riffone alla Sabs e apre il disco in modo piuttosto sconvolgente. Poi c’è di tutto: si passa da ballate malinconiche sullo stare lontano da casa a necro-song in stile Beatles (Ted End) e ovunque si avverte una strana eco di passi lungo un bianco corridoio: quello di qualche manicomio asettico e imbottito.
Tra i pezzi migliori c’è You’re Mine, che a sentirla distrattamente pare una blanda love-song alla Creedence su un tipo caparbio che sa di conquistare l’amata. Poi a metà si crepa una fessura nel buio e un arpeggio schizzato inizia a rintoccare mentre la voce allucinata di Entwistle parla di Satana e del fatto che tutti possiamo finire nelle sue grinfie. Le strofe in effetti non dicono nulla su una donna ma elencano varie nefandezze umane: violenza sugli animali, omicidi, furti e che chiunque commetta questo genere di cose è mio, ovvero del diavolo. Stupisce che tra le schifezze da Inferno c’è pure il far la guerra. Io ci avrei messo l’amore, a questo punto… La voce in prima persona però si smentisce quando il pezzo diventa lugubre e il cantato rivolge una sorta di scongiuro verso il maligno. Non si capisce più chi sia a parlare, se il diavolo o un dannato senza scampo…

L’Inferno, il peccato, il Paradiso, l’eterna giovinezza… sono temi ricorrenti in Smash… No.29 (Eternal Youth) parla di patti satanici, per esempio. Entwistle recupera persino un brano scritto con gli Who: Heaven And Hell, e lo rifà (peggio), pur di aggiungere un altro tassello a una specie di mini-concept che denota una visione complessiva non si sa quanto cinica o credulona. E riguardo al credere, Entwistle spiazza tutti con I Believe In Everything, che al tempo uscì come singolo, in cui dice chiaro e tondo che lui crede in tutto, dalle streghe a Babbo Natale, Topolino e Biancaneve, gli elfi e Rudolph la renna con il naso che si illumina. Questa è la cosa più semplice di tutte: credi a ogni leggenda, a ogni magia, all’amore a prima vista, al deja-vù.

Ok, probabilmente è solo una provocazione ma ci pensate per un momento come sarebbe la vostra vita se ogni fantasia, ogni mito, diventassero veri? In fondo siete voi a scegliere questo. La scienza vi può confermare e incoraggiare ma non sempre è sufficiente a levarvi dalla testa i miracoli o la speranza dell’impossibile che si avvera. E se la smettessimo di rifiutare ciò che il cuore nostro ancora vorrebbe? Se questo Natale scrivessimo una letterina a Santa Claus? Se andando per i boschi parlassimo al piccolo popolo dichiarandogli tutto il nostro affetto? Se guardando il cielo salutassimo gli alieni che ci stanno guardando? La conseguenza sarebbe quel lungo corridoio di passi lenti da turno di notte, il manicomio, ma a volte a me pare solo di aver scelto la follia sbagliata in cui esistere.