A volte il rock and roll realizza i sogni di gloria di qualche giovane incazzato offrendogli i soldi, le donne, la fama e ogni sorta di piacere. Tutto questo ha un prezzo così alto che quasi tutti al momento di saldare si pentono di aver realizzato i propri sogni. Il demone però chiede sempre un compenso e accetta un solo tipo di moneta: il dolore.
Il dolore ci vuole per invocare il demone e sempre il dolore serve per mandarlo via. A volte il pagamento è dilazionato in tante comodissime disgrazie, altre volte è tutto alla consegna, senza possibilità di sospensioni o rinvii. È il caso di Buddy Holly, ragazzo perbene dall’aria innocua, cresciuto al sicuro tra un bel paio di fette di torta di mele nella provincia americana ma così attratto dalla frenesia del nascente rock che ci si butta con la smania di un suicida all’ultimo stadio.
Nato a Lubbock, Texas, nel 1936, Buddy comincia presto a darsi da fare con il canto e la chitarra, esibendosi nei locali. Il repertorio della sua band, i Western & Bop Band, è incentrato sul tradizionale country/western. Il ragazzo però è irrequieto e non gli basta. Dopo una breve sortita a Nashville in cui registra alcune mediocri e dimenticabili ballate country, torna a Lubbock e forma i Crickets, con cui una sera fa di spalla a Elvis.
Dopo aver assistito all’esibizione del re, Buddy Holly capisce una volta per tutte che è il rock and roll la musica da suonare.
Il suo primo successo arriva nel 1957 con That’ll Be The Day, titolo preso da una frase di John Wayne nel film Sentieri Selvaggi e, sempre nello stesso anno, un altro singolo Peggy Sue, ancora più clamoroso, lo rende celebre in tutto il paese.
Not Fade Away, Everyday e decine di altre canzoni composte e registrate nell’arco di un anno e mezzo spediscono questo tipo mingherlino, con gli occhiali e l’aria di chi fa sempre i compiti prima di uscire, a turbare le ragazzine al fianco di Elvis Presley.
Perfetta antitesi della classica figura aggressiva e ruvida del “rocker”, Buddy quasi riesce a scalzare tutta la concorrenza debosciata dai cuori delle adolescenti. Un incidente aereo però se lo porta via a 22 anni, in quello che è conosciuto da tutti come il giorno in cui la musica muore.
Insieme a Buddy Holly in quel volo muoiono anche The Big Bopper, autore di Chantilly Lace e Ritchie Valens, quello di La Bamba.
Per il mondo del rock and roll è l’inizio di un periodo nerissimo in cui gli alfieri di quella che è una vera rivoluzione culturale cadono uno dopo l’altro a colpi di tragedie e scandali. Le associazioni in difesa dei valori tradizionali prendono la rivincita dopo aver assistito impontenti per due anni allo stravolgimento sensuale della gioventù di razza bianca.
Little Richard, Chuck Berry, Jerry Lee Lewis cadono annientati sotto la clava dell’opinione pubblica, sdegnata dalla musica e soprattutto dalla condotta privata di quelli che sono solo pericolosi esempi per la gioventù americana. Ma ciò che secondo alcuni è una serie di spiacevoli coincidenze, in realtà, è la prima di tante mietiture con cui il demone del rock rinverdisce il suo giardino di delizie e offre nuovi miti e nuove leggende necessari ad alimentare lo spirito dei futuri eroi della musica del male.
In tutto questo, Buddy Holly rappresenta una specie di riscatto: il suo aspetto pacifico, lo stile morbido, dolce e a tratti infantile sarebbe utile a far ricredere tanti adulti convinti che le star della musica giovanile siano solo un branco di delinquenti con il diavolo nelle mutande.
Quasi tutti scordano però che poco prima di morire Holly lascia i Crickets ed esprime il desiderio di spostarsi su altri generi musicali poiché sente di aver detto tutto quello che aveva da dire con il rock. Se ne va a vivere con sua moglie al Greenwich Village e lavora ad alcune composizioni per orchestra quando parte con un pullman mezzo scassato per quello che sarà stato l’ultimo tour della sua vita.
I dischi che usciranno postumi sono pieni di materiale avanzato durante le sessioni di registrazione dei primi tre album e per un decennio tengono Holly in vita nelle stesse rassicuranti fattezze che hanno portato il pubblico ad amarlo, ma è opinione diffusa che se fosse sopravvissuto, probabilmente avrebbe proposto cose molto diverse, rimettendo in discussione la sua prima incarnazione di divo “pulito” del rock.