La storia artistica dei Genesis si divide in due parti quasi inconciliabili. La prima dominata dalla figura dell’istrione Peter Gabriel, immersa nel genere progressive con lunghe e complicate partiture rock a metà tra il musical e la fiaba.
La seconda è rappresentata dal duttile Phil Collins, con la band ridotta da quintetto a trio, spostata su un pop rock di facile presa e secondo molti premiato eccessivamente dal pubblico.Gli ammiratori di fatto si dividono e difficilmente riescono a prendere sul serio entrambe le incarnazioni. Chi adora la prima parte disprezza la seconda giudicandola troppo semplicistica e frivola, chi ama i Genesis di Invisible Touch sopporta male tutte le velleità artistoidi e le eccessive complicazioni strutturali di album come The Lamb Lies Down On Broadway.
In tutti e due i casi, bisogna riconoscere alla band la capacità di riuscire a rigenerarsi (regenesis ahahahahahahaha… ehm pardon!), dominando prima la scena progressiva e poi guadagnandosi un nuovo seguito e interpretando meglio di tanti giovani l’edonismo da classifica di una decade, quella degli anni 80, davvero riottosa a quei gruppi tipo i Genesis stessi!
I Genesis del resto non iniziano neanche come complesso prog. Il loro esordio, From Genesis To Revelation (1969) risente fin troppo dell’influenza beatlesiana; è un doloroso ma in fondo giusto insuccesso e gli costa l’immediato licenziamento da parte della Decca, spingendoli a cambiar nome in Revelation per un breve periodo di confusione e scoramento.
Un anno dopo però la band è di nuovo in carreggiata con il nome Genesis ma rivoluzionata nello stile: i brani della loro seconda uscita ufficiale Trespass, tre per ogni facciata del disco, sono lunghi, creativi, pieni di ambizione e al servizio della tormentosa e allucinata verve artistica del leader Gabriel.
Nursery Crime, album del 1971, prosegue sulla stessa strada ma con maggiore ispirazione e consapevolezza: Harold The Barrel, The Return Of The Giant Hogweed sono i primi picchi, tagliati su misura per la grande capacità interpretativa del singer che dal vivo si concede travestimenti non sempre apprezzati dagli altri componenti della band ma che il pubblico mostra di gradire molto, pur accusando una iniziale destabilizzazione. Dalla testa di volpe al collare a forma di margherita, il cantante guida gli spettatori in un tortuoso e inquietante duello tra bene e male, luce e buio.
Selling England By The Pound (1973) e The Lamb Lies Down On Broadway (1974) rappresentano l’apice creativo dei Genesis progressive. Dancing With The Moonlight Knight, The Battle Of Epping Forest, I Know What I Like per il primo e la ballata Carpet Crawler per il secondo portano la band nelle zone alte della classifica e consolidano il successo maturato nel giro di cinque anni.
Secondo la critica, il lungo concept in due dischi di The Lamb… è la definitiva, prolissa, comoda dimensione per le doti canore, interpretative e creative di Peter Gabriel che però, sorprendendo tutti, dichiara conclusa la sua esperienza in seno ai Genesis e se ne va.
Non sono in pochi a credere “spacciata” la band, orfana del suo leader accentratore e ci si chiede chi possa solo azzardarsi a sostituirlo in un contesto musicale che fino a quel punto non ha fatto altro che adagiarsi sui respiri, le pause drammatiche, la fantasia del cantante.
I Genesis, con una mossa forse ancora più sorprendente e audace della dipartita di Gabriel, promuovono a vocalist un membro interno. Phil Collins è batterista di grandi capacità ma insospettabile come potenziale front-man. I due dischi che nascono dopo questo traumatico cambiamento di line-up, sono meno dolorosi e modesti del previsto. A Trick Of The Tail (1976) e Wind And Wuthering (1976) proseguono infatti sullo stesso genere dei precedenti capolavori, con un repertorio all’altezza e Collins che convince sul serio come cantore di nuovi classici quali Dance On A Volcano o Eleventh Earl Of Mar.
Affiorano però i primi segni del successivo alleggerimento che si concretizza quando anche il chitarrista Steve Hackett lascia il gruppo per una interessante ma elitaria carriera solista. Come dice il titolo del nuovo album (ripreso ironicamente dalla filastrocca dei Dieci Piccoli Indiani) …And Than There Were Three (1978). I nuovi Genesis non si arrendono e virano convinti verso il pop, firmando il primo vero grande singolo di successo, Follow You Follow Me.
Dopo questo salto, il trio si prende una pausa e pensa bene alla prossima mossa. Duke del 1980 e Abacab dell’anno dopo segnano il distacco definitivo dalla complessità del passato, resa meno dolorosa dalle vendite, con risultati mai raggiunti nell’era Gabriel e preludio al vero e proprio best seller del 1986 Invisible Touch, raccolta di singoli infallibili che concludono temporaneamente il cammino discografico del gruppo ripreso sporadicamente, sempre come trio, negli anni novanta ma senza più ottenere risultati tanto remunerativi e coinvolgenti.