LaColpa – Mea Maxima Culpa

NOI SIAMO IL CAPRO ESPIATORIO
NOI SIAMO LA VOSTRA COLPA

La mia colpa è stata chiedermi se potessi recensire o meno questo cd, poiché io (Super) Mario il cantante lo conosco, lo seguo, lo ammiro, ne ho già parlato e vi ho anche collaborato. Ho avuto paura di non sembrare obiettivo. Ma parlare male dei LaColpa significa solo essere fuori dal genere, dalla melma in cui sguazzano, guariti dal malessere di vivere, capaci di apprezzare il sole che sorge la mattina, augurandoci un nuovo giorno senza una sigaretta e un dito medio allo specchio, con la goccia di sangue che cola copiosa e calda dal mento dopo essersi rasati con una lametta arrugginita, perché sei povero e le usa e getta ti costano troppo e devi scegliere tra queste o la carta igienica, ed è un mese che mangi sempre lo stesso nocciolo di pesca, cagato e ringoiato, per solo placare la fame, una fame che neanche più gli acidi dello stomaco sollecitano.
E nel frattempo io ascolto assiduamente Mea Maxima Culpa, sentendomi in colpa di non saperne fare a meno, dopo averli attesi per poco, quando il demo l’ho consumato poco.
Se siete avvezzi a rumorose sonorità, riff minimalisti, esplosioni improvvise d’odio, timpani che fischiano,  avversione nei confronti dell’esistenza, certo non rimarrete sorpresi, perché del resto qualcuno potrebbe dire ‘ma sai io quanti ne ho sentiti come questi?’. E se poi sei il solito blackster borchiato potrei correggerti. Ma se non siete mai usciti dal vostro orticello di merda, preparate i sacchetti del vomito, perché sarete svezzati con tre calci ben assestati alla bocca dello stomaco.
Eppure anche voi che del resto raggiungete Sdangher! perché mi conoscete, vi conoscete e sapete cosa cercate, perché allora dovreste ascoltare Mea Maxima Culpa? Perché è il disco di questa estate? Perché innanzitutto l’estate è finita, quindi possiamo finalmente dire addio alle musiche latine che hanno letteralmente tempestato radio e tv, quindi ergo si necessita d’una pulizia degli orifizi. I cotton fioc possono danneggiarti il timpano, allora ficcatevi gli auricolari che almeno il suicidio diventa piacere.
Tre tracce per più di trentotto minuti. Soil ci aveva già deliziato nel precedente demo con un gretto mix, ma secondo me il meglio del disco lo si ha con Fragments (Of A Smiling Face), spacca ossa al punto giusto. Chiudo gli occhi nei momenti più black, e non perché sono sul treno e sto crepando di sonno, m’immagino moshpit sotto il palco, denti che volano, un dolore al braccio e anche oggi ci si ritira con il segno del morso di zio Tibia sulla schiena. Dovete pogare con le cinture, mentre i pantaloni cadono e le mutande formano la bandiera della nazionale della strisciata della merda.
Un ascolto essenziale per nessuno, col cazzo che io sto disco lo condivido con qualcuno, perché nessuno può ritenersi degno d’arrivare alla sua conclusione e essere capace di commentarlo. Camminare s’un filo del rasoio, tra droni e black metal, perché di questo per me ce ne è tanto. Il noise accentua nelle prime due tracce una grande difficoltà d’ascolto, perché ossessive, ambientali quasi, per qualcuno forse soporifere, perché Scars a molti non dirà nulla, ma le cicatrici sono ferite rimarginate, che rimangono dentro, che ti logorano, una sofferenza psicologica e non più fisica. Come un baccello che cresce nella testa, e poi esplode come un fiore, una morte improvvisa, una vena che scoppia, una gomitata sul viso, il pogo all’improvviso, e quando Mea Maxima Culpa finisce ci si chiede quando sia iniziato, quando ci sia stato quel passaggio tra una traccia e l’altra, fuse come un’unica sessione, un collante, un’avventura, una storia non a lieto fine perché del resto nessuna storia che finisce è un lieto fine, perché quando muori c’è solo la triste conclusione. Puoi sempre però tornare indietro con un semplice tasto, e allora perché non farlo?
Nessun senso di colpa, perché l’estate è finita, i latini sono andati in letargo. Diamo spazio alla vera musica. Per me disco delle mie estati, quelle che non ho mai vissuto e mai vorrò vivere.