Lamb Of God – Disco non disco

Dopo l’esperienza terribile passata da Randy Blythe non era così scontato un ritorno discografico dei Lamb Of God. Per un po’ infatti la sensazione generale era quella di un uomo che ne aveva avuto abbastanza di tutto quanto e che per metabolizzare quel grande impiccio avvenuto in Polonia dovesse trascorrere un bel po’ di tempo lontano dalle scene, dal metal e dalla bestiale vita in tour. Nel caso di un nuovo disco con i L.O.G., dovuto magari più a obblighi contrattuali che a una genuina voglia di rimettersi a berciare invettive contro la società, io immaginavo però qualcosa di davvero estremo, esasperato, vulcanico, come una risposta idrofobica a tutta la merda piovuta su Randy e la band. Invece a sentire Sturm Und Drang pare che non sia successo nulla là fuori, nonostante un paio di brani costruiti su testi scritti dal cantante durante il periodo in carcere.

L’andazzo è più o meno lo stesso di Wrath e Resolution. I Lamb Of God infatti sono in piena evoluzione, cercano una maggiore orecchiabilità, immediatezza, e provano ad allargare un po’ il raggio d’azione dopo che per quattro dischi, i migliori della loro carriera, si sono mossi tra i Pantera, i Machine Head di Burn My Eyes e gli Slayer anni 90 senza mai sognarsi di pisciare un po’ più in là dei confini tracciati da queste grandi band. È vero, c’era un collante hardcore molto più preminente e ferino rispetto a quello che condiva i dischi dei nomi metal che li hanno influenzati, ma allo stesso tempo una frustrante carenza di melodia (e soprattutto di Ironmaidenitudine) che forse ha sempre condizionato la band e gli ha impedito la consacrazione vera a livello internazionale. Anche le strutture, con quella ricerca maniacale del breakdown, hanno spesso risentito di un effetto spezzatino, con momenti magari da grande scapoccio ma che al fine risultavano slegati dal resto della canzone e avevano pure l’ardire di esserne la chiusa.

Il nuovo disco offre qualche variabile (Torch e la semi-ballad in stile Alice In Chains Overlord) dei picchi di grande virulenza punk (Delusion Pandemic) e un paio di classici per il futuro (512, Still Echoes), ma conferma l’inquietudine creativa di una band che prova a crescere e mettersi in gioco raccogliendo molto meno di quanto stia investendo (e che già non è sto granché). Prima o poi usciranno ancora con un grandissimo album heavy metal ma ci vuole tempo. Sturm Und Drang per il momento è solo una tappa del cammino necessario a realizzarlo, non un felice epilogo. Auspicherei un autentico lavoro di rottura, magari ipermelodico e con grandi orchestrazioni. I Lamb of God sanno scrivere splendide melodie, è un peccato impedirglielo solo perché da pischelli amavano grooveggiare e sputare sul pubblico.