Gli spagnoli Haemorrhage hanno seguito un percorso simile agli Exhumed mentre ricalcavano le orme insanguinate dei Carcass nei corridoi forensi. Sono partiti col grind e oggi producono un discreto death metal, con cui esplorano al lanternino manuali di patologia e autipsie.
Nonostante ciò nei loro lavori è possibile riscontrare spunti intriganti. Per esempio, nel primo album Emetic Cult, emergono purulenti fistole come in Dilacerate Sweet Diabetic Diabolism, in cui a liriche visionarie sui dannosi effetti del diabete si aggiungono spettrali tastiere sullo sfondo dei rantolosi riff di chitarra.
Si scorgono anche rimandi ai Pungent Stench nella doomeggiante Grotesque Embryon Pathology, dove un resoconto brutale intrecciato di sarcasmo rivela gli effetti dannosi di certi farmaci abortivi.
Ovviamente è tutta una finta per le ennesime descrizioni purulente e schifidose, non certo un brano pro-life. E sempre alla band austriaca è dedicato il ballabile Via-Anal Introspection, report immaginifico sulle devastazioni marcilente di un tumore nel retto, ammirate nel dettaglio da un catetere panoramico.
Grume non fa che ripetere le coordinate del disco d’esordio, tra smaltimenti di cadaveri infetti, elencazione esuberante delle soddisfazioni intestine di un patologo e la solitudine psicotica del necroforo, sempre in un alternarsi di grind e vaggiti death.
Si avvicendano quadretti sfiziosi di tossici del sezionamento, magari radiati dall’albo professionale e che si aggirano per i cimiteri o con il bisturi o con le posate rilucenti di luna.
Il terzo album, Anatomical Inferno non aggiunge quasi nulla, salvo spingere un po’ di più sull’elemento soprannaturale e incentrando la goliardia smembrante degli anatomo-patologi impazziti nel manifesto programmatico Treasures For Anatomy o nella dichiarazione di guerra di I’m A Pathology.
Se nella reiterazione delle tematiche è assicurato un effetto comico, di contro bisogna mettervi in conto la noia; il timido tentativo di sposare la visionaria macelleria, in Tritorium, con un’onirica descrizione del mondo dei morti da un pertugio sull’oltretomba, finisce per essere piuttosto scialbo e banale, mostrando un evidente calo di intensità.
Anche se c’è un evidente miglioramento nell’esecuzione tecnica, il discorso compositivo rimane pressoché inalterato nel corso dei lavori successivi, con una insistenza impenitente verso le gesta dei ghoul e gli psicopatici, i banditi in camice insanguinato e gli ipocondriaci invidiosi dei malati che si immolano alla quarantena.
I matti puri che si aggirano nelle camere mortuarie degli ospedali finiscono per diventare improbabilissimi personaggi come Obnoxious (The Surger Of The Dead) e il suo amico Corpsegrinder, liberi di infestare le povere membra inerte dei nostri cari, sia negli ospedali che nei cimiteri, e godersi in nome della scienza (e della sciemenza pura) i festini splatterpunk e gangbang chirurgiche, descritte con una schiettezza compiaciutissima e un tocco di umorismo burlone e profondamente malato, anche se nei limiti di una fissa emulativa della adolescenza carcassiana.