mssBUKphot_00030, 1/5/10, 2:09 PM, 8C, 5098x7001 (1575+1868), 100%, Default Settin, 1/30 s, R85.4, G68.0, B76.5

A Donne con Bukowski!

Le donne… Ci fregavano sempre: sapevano programmare e organizzarsi. Mentre gli uomini guardavano le partite di football e bevevano birra e giocavano a bowling, loro, le donne, pensavano a noi, si concentravano, studiavano, decidevano… se prenderci, scartarci, scambiarci, ucciderci o semplicemente lasciarci. Charles Bukowski – Donne

Questo è un altro romanzo sulle peripezie di Hank Chinaski. E di solito un romanzo con il suo alter ego, Bukowski parla di tre cose: lavoro, sesso, bere. Donne, rispetto ai due precedenti Post-Office e Factotum tralascia il lavoro e affronta quel che resta: sesso e bere. Spesso le due cose non vanno d’accordo. “Se vuoi scopare molto, devi bere poco”. Purtroppo lui, Hank, ama entrambe le cose e spesso finisce per ammosciarsi e crollare di fianco alla partner di turno, depresso e avvilito e in cerca di un’altra birra.

Altre volte invece Chinaski se le lavora come un autentico massacratore rosa, sia di bocca che d’uccello, ma in fondo alle cronache compiaciute delle peripezie carnali c’è solo un’altra dipendenza. E lo sa.

Lui se la tira con la storia dello scrittore in cerca di conoscenza. “Sono un uomo e so tutto degli uomini. Per conoscere le donne devo approfondire” ma non ci crede tutti i giorni. Di contro, il non-mestiere della scrittura sembra dargli gran frutti da assaggiare.

Dopo essere arrivato quasi alla trentina vergine e aver trascorso altri vent’anni da sposato, da padre, postino e scrittore poco letto, Hank/Charles è sui cinquanta e gli piovono in casa, un giorno sì e uno no, quintali di fica pregiata, ragazze appena maggiorenni, culi e tette da scoppiare, lettrici infoiate che vogliono scoparlo, succhiarlo, rapirlo, ucciderlo, derubarlo e quasi sempre mollarlo dopo una serie di scenette grottesche.

Hank se lo dice che la girandola non può durar sempre, che è vecchio e sempre più ridicolo appresso a ragazzine di poco maggiorenni, ma non può fermarsi. Appena ne mette sull’aereo una, ecco che arriva la lettera o la telefonata di un’altra sventolona desiderosa di trascorrere qualche giorno a casa sua.

Lui deve rifarsi di tanti anni passati a infilarlo dentro un buco nel muro. Poco importa che alla fine, tutto quello sfilare di fighe non lo conduca da nessuna parte. Hank sa che andare oltre il sesso significa fare il bagno nel dolore, la delusione, il conflitto, la rabbia e la noia. Avere tante donne può condurre a una crisi d’identità… (per me ne è bastata una, a dire il vero).

“Le relazioni durano una media di due settimane prima che declinino in qualcosa di increscioso. Il massimo del tempo in cui due anime possono convivere prima di tentare di sbranarsi psicologicamente è due anni e mezzo”. Non si sa dove pigli simili statistiche, Charles, ma il suo Hank non chiede mica conferma! Lui è convinto che la vita sia tutta lì: scopare, cacare, bere e morire. E se non si muore allora si scrive. E poi di nuovo in pista per un altro giro di merda, birra, fica e morte. Salvo clamorose smentite.

Bukowski è Chinaski eppure non lo è. Sappiamo tutti come funziona la solfa dell’Io che vive e l’Io che scrive. Sappiamo anche quanto la biografia dello scrittore sia simile a quella del suo alter ego, al punto che talvolta sembra proprio che Bukowski ci stia dicendo proprio quello che gli capita, senza un lavoro da geometria romanzesca dietro. Anche se c’è, badate. Deve esserci, altrimenti non filerebbe tutto così liscio. Non arriveremmo al fondo convinti di trovarci chissà cosa…

Non ci infastidisce il comportamento incoerente di certi personaggi, non ci straniamo quando talvolta le storielle di Charles non ci conducono da nessuna parte. La vita è così, ci diciamo. Lui è solo sincero ed è sempre simpatico, a modo suo. Anche profondo. Di sicuro non ci dice cazzate.

Eppure Donne è un romanzo, è narrativa. Bukowski non potrebbe mica ricordare con tanta lucidità ogni fatto che racconta, se teniamo presente che spesso beveva al punto di non reggersi in piedi. Un mio amico alcolizzato dopo averlo letto mi ha detto: “cacchio, doveva avere un gran cervello per ricordarsi quello che combinava di notte, con tutto quel whiskey in corpo!”In realtà lui non se lo ricordava affatto. Ma creava. Rubava al brutto mondo che frequentava, tra gli scommettitori di corse e altri alcolizzati come lui e rubava a se stesso e chiunque gli andasse vicino.

La sua mente di scrittore assorbiva, fotografava, raccoglieva episodi, particolari di vita e una volta alla macchina da scrivere li ricomponeva in qualcosa di coerente, divertente, suggestivo ed estremamente realistico. Se Charles non fosse stato un grande scrittore, avremmo avuto solo i deliri di un alcolizzato, pieni di buchi e di visioni. Invece c’è la lucidità e la precisione di un cronista in una mareggiata di birra e di fica, di violenza e di miseria

“Il problema del bere è che quando una cosa ti va bene, si beve per festeggiare. Quando qualcosa va male si beve per tirarsi su e quando non succede niente si beve per far succedere qualcosa!”

E il sesso è altro carburante per i suoi libri. “Per me”, gli dice una delle tante donne con cui va, “tu scopi le donne solo per poterne raccontare nei tuoi cazzo di libri”.

Vero? Potrebbe essere, dice Hank. Il sesso e il bere sono l’antidoto alla noia. La noia non si può raccontare senza essere noiosi e chi annoia e si annoia muore, in letteratura come nella vita stessa.

In Donne viene fuori la paura di Hank. Il bisogno di bere per affrontare il pubblico litigioso ai suoi Reading, per non deludere le ragazze che lo vogliono incontrare convinte di avere davanti chissà quale stallone insaziabile e per non morire di vergogna di fronte a qualche cameriere con la spocchia o un commesso che ne sa più di lui su quali scarpe o giacche dovrebbe acquistare.

Bukowski ha sempre ammirato non oltre un certo punto Hemingway: gli pareva grande come scrittore ma lo giudicava tetro, disperato. Nella sua opera non c’era mai gioia, non ci si godeva mai nulla della vita. Eppure i due erano simili come scrittori. Entrambi usavano la propria esistenza per inventare romanzi e non il contrario. Ernest arrivò a rischiare di morire più volte pur di avere qualcosa da riferire ai propri lettori. Charles faceva lo stesso. O meglio, si convinceva che fosse così. Beveva e fotteva più che poteva per scrivere. Io però ne dico un’altra. Beveva e fotteva e nonostante questo riusciva a scrivere.

In realtà per infilare tutti i suoi volumi nei nostri scaffali, Bukowski dovette stare ore e ore seduto in cucina a battere e battere su quei tasti, ogni giorno. I suoi amici lo chiamavano da sotto casa ma lui li scacciava. La sera usciva e si perdeva. Il giorno dopo riprendeva a lavorare con la puntualità e la fermezza del postino che non aveva mai smesso completamente di essere, trascriveva quelli che potevano essere sogni o realtà, per quanto ricordasse. Erano divertenti, interessanti. Tanto gli bastava.

Un grande romanziere non ci fa mai pesare la voce, la storia, lo stile. Neanche dovremmo accorgerci che sta rifilandoci l’ennesimo romanzo. Charles è bravo in questo. Ce lo mette in culo senza che ce ne rendiamo conto. Cento, duecento, trecento pagine di scopate. Donne non è molto più di questo. Esperienze sessuali e qualche scenetta deprimente, paradossale, di contorno. Sesso sporco, pesante, brutto, penoso, trionfante. Sborrate in bocca, nel culo, nella fica senza badare ad altro che alla propria soddisfazione personale. E noi giù a divorar pagine senza neanche ritrovarcelo duro una volta.

E ci si domanda ogni tanto come tutte quelle donne giovani e avvenenti possano accettare di fottersi un individuo grasso, che non si lava mai, che le insulta, le prende in giro ed è così ubriaco da vomitarsi addosso. Ma così è e noi gli crediamo.

Le donne sono un mistero, restano un mistero. Hank Chinaski è l’ennesima dimostrazione di questo mistero. Lui tromba e noi no. Questo è quanto. E crediamo a lui più di quanto abbiamo creduto ad altri priapei della macchina da scrivere. Henry Miller, a cui Bukowski si vedeva paragonato ogni due giorni, era solo un provocatore. La maggior parte delle scopate di cui parlava non erano vere, solo sberleffi, dispetti alla critica che adorava le sue volate su Dostoevskij, sulla vita e persino le mangiate ghiotte, ma che sprezzava le parti col cazzo e la fica. E lui non poteva fare a meno di metterci pure il cazzo e la fica e il sesso più inverosimile, nei suoi mattoni d’autore, forse per paura di risultare troppo rammollito, chissà? Philip Roth è un altro grafottitore di prima linea, e pure lì c’è troppa letteratura, tra una sbarrata e uno scivolone sulla vaselina.

Charles non mette alcuna fantasia nelle sue sveltine con le ammiratrici, le puntane di strada, le sconosciute raccolte su dai bar. Si sente che sono quello che sono. Punto. Le rappresenta con la stessa smargiassa fedeltà che usa per informarci sulle sue cacate e sulle sbornie. L’unica cosa di cui ha il pudore di non dir quasi nulla è la sua dipendenza più grande, la più seria e malefica di tutte: l’arte. La scrittura.

Hank odia l’umanità intera, in primis gli scrittori. Accetta di ricevere le sue ammiratrici, specie se non parlano di libri, di racconti, di poesia e gli fanno un pompino di corsa. E questo perché lui è uno scrittore e sa quanto gli scrittori siano pessimi individui, i peggiori che si possa incontrare a questo mondo. Gli offrono di conoscere William Burroughs ma lui preferirebbe mangiar topi.

La scrittura è come il sesso, quando la si pratica non se ne deve parlare, sembra dirci Hank. E noi continuiamo a seguire la storia. Pendiamo dalle  labbra di Chinaski/Bukowski e lui da quelle delle sue donne. Aspettiamo assieme a lui qualche rivelazione al termine della notte sudata ma non ne arrivano mai. Lo scrittore, il beone, il satiro, enfio di Vodka-7 e vitamina E, per darsi la carica, sguazza in tutta la carne che gli piove dal cielo. Si lamenta di non vedere uno scopo ma da nichilista incallito la sua cecità è solo una conferma di come stanno le cose per lui. E nell’incertezza se le scopa tutte quante.

E quando incontra Sara, in fissa con la cultura biologica e votata alla castità fuori dal matrimonio, dopo essersi lasciata convincere da un santone di periferia, lui vorrebbe solo farsela. Ci riesce e poi la tradisce con un’altra. E glielo dice pure prima di farlo. Ma tra lui e lei non finisce così. Anzi, potrebbe iniziare qualcosa di serio proprio da questo punto. Forse.