Terry Bozzio nasce nell’assolata e scoscesa San Francisco 1950 e per i suoi primi anni di vita si limita a giocare, frignare, scaccolarsi e fare scherzi ai gatti del vicino. Poi a sei anni riceve la chiamata dal dio del rock and roll il quale gli ordina perentorio di procurarsi una batteria e darci dentro. Terry ne chiede una a suo padre e sua madre ma loro non ci stanno a sganciar soldi per la fantasia di un bimbo di sei anni. Lui però ne vuole una sul serio e non riesce a darsi pace perché dentro sente un bisogno tanto forte, come neanche per il pupazzo di Big Jim!
Deve suonare, suonare una batteria e gli servono i tamburi e i piatti e tutto il resto di cose che ha visto pestare a Ringo Starr in TV. Così il ragazzino si ingegna, ne costruisce una e da buon sangue italiano si arrangia con quello che trova pur di riuscirci.
Recupera alcuni vecchi scatolini, bonghi e pezzi di carta tenuti assieme da un elastico per simulare il rullante. Si chiude in camera e ci passa i pomeriggi sani a far pratica. Percuote tutto quell’accrocco di robaccia con le frecce rotte del suo arco giocattolo.
Poi i suoi si inteneriscono e gliene regalano una vera e lui suona e suona senza che qualcuno gli spieghi mai nulla, senza che il dottore gli ordini di farlo. Ma un giorno capisce che non basta continuare in quel modo ed entra in una scuola di musica, anzi più di una: prima nella Sir Francis Drake di San Anselmo in California che lo lascia libero dopo un diploma conseguito nel 1969 e poi nel rispettabilissimo College di Marin County. Lì è preso in consegna da Chuck Brown, Lloyd Davis, Roland Kohloff, che non è importante sapere chi siano ma cosa fanno per lui: lo specializzano nell’uso sapiente delle percussioni e i timpani.
Terry però finisce per sentirsi riempire la testa di così tante nozioni e finisce per soffrire di S.I.M.T, ovvero la Sindrome da Indigestione Mentale Teorica.
La teoria di certo torna utile per la sua carriera ma in fondo, da sempre, ogni volta che si mette dietro lo strumento lui inizia un arrembaggio su tutta la sua ricca strumentazione da cui libera in un crescente parossismo (impastato di idee, sudore, intuizioni) il vecchio ragazzino scatenato che si dannava sul suo fantomatico kit creato a mano pensando all’esibizione dei Beatles all’Ed Sullivan Show.
Via la teoria, come un vestito soffocante e urticante; largo all’impulso selvatico di creare colpendo le note di un gigantesco tastierone percussivo.
Già all’inizio degli anni 70 il suo stile è a metà tra la foga disperata di un arrampicatore che afferra la montagna più che può per non cadere o il lottatore che tiene a bada i millemila incubi che defluiscono dagli occhi assaltatori di un avversario invincibile mescolati all’attitudine di un rigoroso studioso, un secchione che sa come affrontare le regole prima di scatenare l’inferno.
Un simile esemplare di strumentista così animalesco è destinato al rock, ma venendo da Bartòk, Stravinskij, Varese non può mica perdersi in una versione di seconda mano dei Free o i Grand Funk Railroad. C’è infatti un solo uomo in grado di mettere a frutto l’intero potenziale d’assalto di Terry e costui ha i baffi e un gran fiuto per le bestie di razza.
A cavallo tra il ’75 e il ’76 fa un’audizione per entrare nella band di Zappa. Frank gli da lo spartito di “The Black Page” (come a tutti gli sventurati prima di lui) un pezzo concepito apposta per mandare fuori di cervello un musicista. Al contrario degli altri batteristi subito pronti a immergersi con spavalderia nella disastrosa interpretazione di quello spartito così pieno di segni neri da suggerire il titolo al brano stesso, Terry prende il suo tempo per studiarlo come si deve e quando esegue la partitura non sbaglia letteralmente un colpo.
Zappa ne è entusiasta, ma non lo da a vedere. C’è un’altra cosa importante da testare prima di scritturare quel portentoso giovinetto: gli domanda se sa fare il verso del tricheco. Bozzio esegue con zelo e padronanza tecnica anche quello e per Frank è sufficiente: lo assume e se lo tiene al fianco in ben ventisei album.
È alle esecuzioni indiavolate immortalate nel documentario censurato Baby Snakes (1977) che Terry deve tutta la sua fama leggendaria. È costretto a suonare e interpretare niente meno che il diavolo nella sezione “teatrale” di Titties & Beer e soprattutto deve cavarsela nel doppio ruolo di cantante-musicista del discusso e temuto, Punky’s Whips, in cui ha anche la missione di dare carne a tutta una serie di presunte tendenze omosessuali suscitate da una foto del musicista Punky Meadows, chitarra androgina della glam rock band Angel.
Ma cosa distingue Terry Bozzio da tutti gli altri grandi batteristi? Solo un’invidiabile tecnica e una cura certosina nella preparazione? No, sono l’uso isterico e furente dei piatti e soprattutto la capacità di rendere protagonista la batteria oltre la rigida struttura-canzone, a farlo diventare un punto di riferimento nel progressive e nel metal, anche se Bozzio ha messo in affitto il proprio talento per la realizzazione dei più disparati dischi pop-rock: dai Korn a Steve Vai, da Don Dokken a Jeff Beck più una miriade di altri nomi ancora.
Con i Korn, nel 2007 muore sul nascere uno dei sodalizi più pazzeschi della storia della musica recente: la band nu metal per eccellenza e lui, Bozzio, pronto a entrarvi in pianta stabile… ehm, senza però che nessuno glielo abbia chiesto! Per Davies e gli altri, appena separati dal batterista storico David Terry, Bozzio dovrebbe solo suonare sul disco ma c’è qualcosa in quei ragazzi che a lui piace da impazzire (forse i soldi) e così inizia a pensar progetti su di loro e se stesso, considerandosi membro effettivo e chiedendo il 25 per cento sugli introiti. C’è grande imbarazzo da parte dei giovani miliardari della contaminazione in fissa con le tute dell’Adidas quando devono rifiutargli una simile pretesa e sbatterlo fuori.
I due progetti più noti di Terry Bozzio sono da sempre (escludendo l’attività con la famiglia Zappa) gli ormai quasi dimenticati UK (vi entra a sorpresa nel 1979 prendendo il posto del dimissionario Bill Bruford e completando un progressive rock trio poco memorabile) e la rock band di culto Missing Person creata assieme alla moglie Dale e al chitarrista zappiano di seguito nei Duran Duran, Warren Cuccurullo. I tre, con l’aggiunta di un altro paio di comprimari, realizzano cinque dischi e anche se oggi i cultori della british wave li rispettano molto, sono poco ricordati dalla gente e in fondo rimpianti da nessuno. Di sicuro i fan hanno rimosso il look darkettone alla Bahuaus di Bozzio e la sua attitudine post-punk d’occasione… messa fortunatamente in ombra dallo stacco fuoriserie delle gambe dell’amata consorte.
Esaminandolo specificamente sul piano tecnico, come batterista Terry è famoso per i suoi “ostinato”, frasi che si ripetono in ogni pezzo e che abbondano soprattutto nel jazz. Bozzio però è fenomenale specialmente nell’uso economico del corpo. Lui infatti riduce i movimenti in seno alle sue “gigantistiche” batterie in modo da realizzare un’infinità di colpi senza eccessivo sperpero energetico, riducendo tutto a un gran gioco di polsi con cui ha sempre potuto dominare kit imponenti e talvolta visibilmente eccessivi di cui si avvale da anni e anni. Pensate che per montare una batteria di Terry Bozzio ci vogliono cinque o sei ore e due bravi tecnici molto spediti. All’interno del set tra piatti, tom e il resto lui ha disponibili tutte le note di un pianoforte. Quando su “Baby Snakes” si vede in primo piano lui che picchia a destra e manca non si deve immaginare in controcampo un normale set di piatti e tom distribuiti come per il batterista dei Bee Hive ma un mosaico percussivo totale con cui lui consuma strade inedite del rock, arrivando a bissare traguardi tecnici definitivi e all’avanguardia. Cercate su you tube il filmato che racconta della realizzazione di un suo progetto singolarissimo: una batteria di soli piatti, suonati poi alla grande in una lezione dimostrativa.
Zappa non ha risparmiato a Bozzio alcune critiche nel corso del tempo, ammettendo sì l’incredibile originalità nell’uso dei piatti ma addebitandogli una istintività che alla lunga finisce per ripercuotersi nel resto della band: “Il lavoro animalesco di Terry lo trascina così dentro se stesso da spingerlo letteralmente a sbroccare, mandando quindi al diavolo ogni spartito, battuta o arrangiamento prestabilito”.
Per Frank, autentico direttore d’orchestra incagliato nel purgatorio del rock questa tendenza all’improvvisazione e il “fuoricontrollo” è biasimevole, anche se oggi più di ieri sono in tanti a riconoscere l’autentica magia di Bozzio proprio in questo suo anarchismo di lusso da cui negli anni probabilmente ha imparato a uscir vivo con sempre minori conseguenze sul metronomo generale del gruppo.