Electric Wizard – Omonimo (da Metal Shock! – numero di Agosto 1995)
Siamo nel 2000, ormai non serve più mascherare le proprie scarse capacità musicali dietro la pagliacciata dello spinello, gli Electric Wizard sono un pessimo gruppo che nelle note ringrazia la marijuana per avergli dato l’ispirazione. Questo disco pessimo è la dimostrazione di quanto siano nocive certe sostanze! Occhio ragazzi, fumando finirete come gli Electric Wizard, che non sanno cacciare un solo riff originale da quei pedali wah wah. “Electric Wizard” è un’agonia di cinquanta minuti, credo che gli ascoltatori possano fare a meglio in cinquanta minuti che ascoltare il rantolare di questi tre incapaci. Vedere il doom metal in mano a questa gente è davvero “doom”. (fp)
Non siate increduli, non inveite contro questo povero figlio del suo tempo. Nel 1995 i canoni estetici della critica metallara erano altri. In pochi potevano capire cosa cercavano di fare gli Electric Wizard. E non sorprendetevi se, nonostante siano passati più di vent’anni e otto album da quell’esordio, ancora sulle webzine capita di leggere commenti che riducono una tra le band più influenti dell’occult doom in un pugno di buffoni che prosegue a sottoporre a un pubblico sbandato il guazzo di riff scopiazzati ai Sabs, glassati con effetti e reverberi messi lì per impastar su il nulla di idee e le evidenti carenze tecniche.
Ormai non esiste davvero più un gruppo che possa essere accusato di carenze tecniche e questo proprio grazie anche agli Electric Wizard, i quali hanno saputo imporre alcune regole personali; e nonostante lo scetticismo di tantissimi, alla fine sono riusciti a dimostrare le proprie ragioni, al pari di Proust, di Van Gogh e di tutti i grandi innovatori dell’arte.
Gli Electric Wizard non si possono giudicare secondo il metro classico della noia, la ripetitività, la mancanza di idee e la disonestà intellettuale. Loro hanno rivolto questi difetti verso il buzzo della critica stessa, trasformandoli in uno stile, dimostrando che non rifugiando da noia, lentezza, ripetitività ma spingendosi a fondo in quelle lagune irrespirabili della melo-estetica, si può sconfinare in nuovi territori della percettività e realizzare qualcosa di originale, senza inventare niente di nuovo.
Oggi è un po’ strano leggere recensioni di gente che li apprezza, che ama roba come Black Masses, Come My Fanatics… e Deathcult Today, e però ammette che nel nuovo Wizard Bloody Wizard latiti l’originalità, ci siano episodi noiosi e sciapi e non avvenga nulla di davvero interessante.
Cosa significa? A parte che un fan degli Area o uno dei Motorhead potrebbero trovare gli stessi difetti persino in quei capolavori sbrodati da tutta la critica come il penultimo Time To Die, non si può dire agli Electric Wizard che hanno fatto un disco moscio. Tutto ciò che fanno è moscio! Lo è sempre stato. Ed è così moscio che va oltre e raggiunge una tale dilatazione della moscerìa da ricavarne una specie di epica salvifica.
Non potete fare agli Electric Wizard questo torto: stroncarli perché non rispondono più a un canone che loro stessi avrebbero stabilito con gli album più riusciti. Lasciateli liberi di toppare, se proprio ritenete che questo ultimo lavoro sia una toppa. Per me loro hanno sempre toppato e sta lì la vera grandezza.
Gli Electric Wizard si muovono in un mondo tutto loro, dove non esiste il DVD, il Wi-Fi, i social, Netflix, i Meshuggah e dove i Pretty Things ancora dominano le classifiche. Un mondo di vinili, lisergia, vecchi grimori stregoneschi rubati su qualche bancarella dell’usato, candele, incensi, satana, teschi e Black Sabbath. Sono ribelli senza una causa, i diseredati, i losers, i seguaci di ciò che è comunemente definito sbagliato.
Sono degli autarchici del regno perduto, dei resistenti. Non gliene frega nulla. Io li ho ascoltati in mp3 e scaricati sul mio Ipod da un sito russo, ma per loro questo nemmeno conta, come che qualche coglione sganci millemila euro per una copia a tiratura limitatissima del loro nuovo album in vinile doppio con traccia satanica al contrario e uno spinello in omaggio. Possono persino essere alla moda, in questi anni di stoner-doomster in fissa con Crowley e i Coven, ma non hanno il tempo e la voglia di accorgersene.
Loro sono oltre le regole del mercato. Vengono sfruttati come tutti ma se ne fregano. Non hanno nulla da dimostrare; mai avuto quest’ambizione. Wizard Bloody Wizard è l’ennesimo vaffanculo. Non aggiunge nulla proprio perché non ha senso aggiungere nulla. Il loro obiettivo non è mai stato di aggiungere ma usare ciò che c’era per creare qualcosa di speciale.
Morning Of The Magicians, incalzante come un temporale diluviano basterebbe a scagionare la band per l’ennesima volta da tutte le consuete accuse, ma Necromania, Scream OF The Sirens, The Reaper e persino la martellata incessante di See You In Hell producano le consuete epifanie chimiche di vecchi horror rigurgitati durante una notte di post-sbornia spietato: basta spegnere le luci, lasciare una candela, fissarla e sprofondare nell’ascolto di questo ennesimo sabba.
Gli Electric Wizard hanno sempre detto che per capire la loro musica bisogna essere strafatti ma io credo che questa sia solo una delle tante provocazioni. Se si ha una mente fertile, recettiva e capace di tradurre la musica in immagini, la formula della band funziona alla grande anche senza farsi le canne.
Nel caso di Wizard Bloody Wizard è chiaro che non sempre il rito produce l’evocazione desiderata ma bisogna riconoscere che l’intento della band di Jos Oborn è estremo fino alla morte, sempre. E che nessun mago riesce ogni volta che ci prova a evocare Satana o l’angelo custode.
Ho sempre visto nel marasma di riff sabbathiani, gli effetti allucinanti, le invettive della voce e i ritmi escogitati dagli Electric Wizards tutto un caos di calderoni in ebollizione, formule magiche sputate tra gli incavi dei tronchi, il vento che si alza, gli elementi che infuriano, il fumo che fa tossir le capre, lo scampanio delle collane di pietre magiche e i lamenti di streghe. Tutto questo minestrone di elementi sonori e visivi all’improvviso produce un effetto, il qualcosa che è, il ratto immaginifico, l’apertura verso un regno di potenti aspirazioni e fughe paniche… Ovvio, tutto questo è per chi sa ascoltare e vedere. Gli altri incapaci saranno sempre lì a berciare di scarsa tecnica, furberia, riff dozzinali e via con l’ultimo Hammerfall!