Bloccato al cesso con la diarrea, mi accingo ad abbozzare la recensione su Red Before Black dei Cannibal Corpse. Lontano dalla comodità del mio computer, uso le note del mio cellulare. Non sono neanche in grado di alzarmi che sento un pugno alla bocca dello stomaco che mi torce e ritorce. Che abbia fatto indigestione per colpa loro?
Ho ascoltato il disco ben tre volte, non di fila, solo sul lettore mp3. Ripensavo a quando Giorgio & Co furono criticati per aver presenziato a un evento credo hip hop. In tutta risposta lui disse che del resto il suo è un lavoro, le bollette le paga, ha una famiglia a carico e di certo vuole sbarcare il lunario. Come dargli torto.
Ma a causa anche di queste parole ho visto con riserbo questo disco. Non è che questi ci hanno fatto fessi, timbrato il cartellino e lasciato all’asciutto? È un discorso che ho avuto col Padre Cavallo, pensando ai soliti dischi dei soliti gruppi che tornano a impestare i siti metal nelle classifiche di fine anno. Il dovere di scrivere per forza un disco, se no il pubblico si dimentica di te. Vero gruppo X? (Inserite al posto della X un qualsiasi gruppo metal. Sbizzarritevi.)
Cazzo no. Il disco si può commentare solo con un ‘ma cazzo ascoltalo’. Il solito disco dei Cannibal Corpse? Anche, ma Red Before Black è molto di più. È una ventata d’aria lercia dopo aver passato un anno a voler fare l’indie metal a ogni costo, quando è nei grandi nomi la sicurezza. Quando questi poi sono rodati, senza screzi melodrammatici (giusto uno dai), gente che caccia tutti e dice “no, io torno alle origini”, ma non si ricordano neanche dove erano partiti. Loro sono ancora fermi alla partenza se ci si pensa, poiché comoda. Che senso ha cambiare quando hai tutto ciò che ti serve a portata di coltello?