Tombini in fuga! Dieci anni per venire a capo di un gran casino e non riuscirci!

Nota SEO: la parola chiave non appare nel primo paragrafo del testo. Ok: Tombini in fuga.

Bene, ora il pallino è verde. Possiamo cominciare.

Non vedo l’ora che questo 2017 si levi dai coglioni. Lo so, non è un bel modo di cominciare ma qui a Sdangher non esistono le buone maniere, siamo cavalli, scalciamo d’istinto. E ora io ne piazzerei uno di bello grosso nel culo a questo anno che per me è stato estremamente difficile.
So cosa pensate: come se il giro di boa col 2018 significasse qualcosa per le intemperie dell’esistenza, per la pioggia cosmica che cade sul bagnato. Non c’è calendario nel regno della sfiga. Va bene, ma lasciatemi baloccare con l’illusione di voltar pagina. Non sarà la stessa cosa. Per dire, iniziare il 2018 senza Saturno al mio fianco è già qualcosa, no?

Come sto? Diciamo che non è la domanda esatta. Quando chiedete a un amico che ha appena perso una persona cara come sta, vi rendete conto che è quanto meno inopportuno. Come volete che stia? Sta elaborando.

La separazione coniugale è qualcosa che muore. Segue Elaborazione del lutto. Anche io mi sorprendo a usare questa espressione un po’ sofisticata, da lettino psichiatrico.
Insomma, secondo me la domanda ideale per chi ha perso qualcuno, che sia fisicamente o solo su un piano di consapevolezza mentale (non esisti più), è “quanto?”

“Quanto procede l’elaborazione?”

Ciao amico mio, stai elaborando bene?

Oh, scusa, magari stavi elaborando duro proprio in questo momento, ti ho disturbato?

Lasciatemi perdere. Parliamo d’altro.

Sta per uscire il mio secondo romanzo. Evviva. Evviva. Lo pubblicherà un editore locale davvero convinto. Si tratta di una roba così underground che se lo volete dovrete chiedere direttamente a lui e vi manderà una copia personalizzata con i miei peli pubici dentro a far da segnalibro.
Volete anche l’autografo? Mamma mia quanto siete ridicoli. Che ve ne fate della mia firma? Non sono mica Vitaliano Brancati, cazzo!

Il libro si intitola TOMBINI IN FUGA e mentre voi state lì, tramortiti a chiedervi wattafakka significa, vi dico subito che me lo suggerì la mia prima figlia quando aveva tre anni. Ce ne ho messo dieci a scriverlo e probabilmente rischio molto a confessare una cosa del genere. Se vi fa schifo direte: ammazza, dieci anni per fare una cacata simile!

Però è la verità. Dieci anni. Quando lo iniziai almeno la metà dei personaggi di cui racconto era ancora viva. Porto un po’ sfiga, mi sa.
È il seguito di Silenzi vietati, il mio primo libro, pubblicato nel 2008 per Avagliano editore. Probabile che la maggior parte di voi sdangheri non ne sappia nulla ma quell’anno ne combinai di casini, con Silenzi vietati. Roba che le censure di internet per Sdangher so’ pappette.

Vi dico solo che dopo l’uscita del mio libro Novella 2000 mi dedicò un articolo di 8 pagine e due giorni dopo alcuni dei protagonisti della mia storia, i veri miei compaesani che vi si riconobbero, andarono in caserma con l’intenzione di denunciarmi.
Tombini in fuga non sarà un libro con nomi e cognomi. È il seguito di Silenzi vietati a tutti gli effetti, ogni cosa che c’è sopra trae spunto da fatti realissimi e dalle mie esperienze di vita ma stavolta, incalzato dall’editore e per via di una serie di altre questioni che non vi sto a dire, ho deciso di usare la foglia di fica. Evito quindi riferimenti anagrafici precisi e li sostituisco con altri finti. I fatti però sono veri e i luoghi anche. Del resto se parlo di un paese di provincia dove nessuno si fa i cazzi propri, la gente è imbambolata a guardare le macchine che passano e ogni tanto c’è chi si incastra in sordide ginnastiche sodomitiche, dove pensate che prenda la mia ispirazione? Da Marte?

Va beh. Starà ai lettori sgamarmi. In ogni caso io dirò che non è così, che mi sono inventato tutto, che ogni riferimento è puramente a cazzo. Del resto ho messo tutto in un libro, mica su facebook. Chi volete che legga le mie storie?

E io perché continuo a far libri se nessuno li legge? Beh, se i cavalli avessero dato retta alla General Motors si sarebbero suicidati da un pezzo. In realtà l’industria automobilistica tolse agli equini la soma di trainare carri su ruote. Non per questo però ci siamo estinti o di noi ronzini hanno fatto bistecche. A nostro modo restiamo utili, per le sfilate, i film storici, i blog. Diciamo che i romanzieri sono come i cavalli all’alba della motorizzazione. I social, i media e gli specializzati ci hanno sollevato dall’uggiosa responsabilità di indicare al mondo cosa vedere, cosa provare, cosa sognare. Non mi pare un male. Cazzi loro.

Oh, non vorrei essere frainteso. Se dico romanzo non pensate a una roba tipo “lui disse, lei disse”. Sono sempre io, Padrecavallo. Racconto i cazzi miei e anche quelli di altre persone. Lo faccio con uno stile quanto mai sdanghero, vale a dire, cinico, idiota, elegante e becero a ogni capoverso.

Come? Volete sapere di cosa parla Tombini in fuga? Beh, se potessi fare la sintesi in cinque righe non ci avrei sprecato duecento pagine a metterlo nero su bianco, no? Vi posso dire che ci saranno un sacco di funerali, una nascita, una finta morte, uno scandalo e i tombini che fuggono. Fatevi bastare questo elenco.

Il blog non pubblicherà referendum sui dischi migliori del 2017. Non abbiamo nulla contro quei giochetti, portano anche un mucchio di visite, ma quest’anno mi è morto un matrimonio, quindi abbiate pietà e accontentatevi di quelli di Metalitalia e Metal Skunk. Poi se cambiamo idea lo scoprirete. Ci prendiamo il diritto di farlo.

Mi raccomando, il Natale è la festa della bontà. Almeno per due giorni evitate le malvagità e pregate il dio giusto.