Leggere senza tempo

Chiedo scusa per la mia non sentita latitanza, ma la vecchiaia mi ha rubato ore di vita. Sono prossimo ai trenta (Marzo), e non reggo più l’alcol come una volta. L’ho già detto nel post d’inizio anno, ma l’ultima volta che ho alzato il gomito mi sono ritrovato testa china a vomitare marrone. Il Cavallo Goloso ventenne se potesse vedermi, mi sputerebbe in faccia. Anche a capodanno il mio stomaco non è stato da meno. Qualche birra, una cena, il giorno dopo, al buffet cinese, un brandy e la digestione è bloccata. Mi attende una vecchiaia orribile. E non parliamo del sonno. Appena il mio orologio segna le 22.00 gli occhi s’abbassano come serrande d’un negozio alla chiusura. Non si alzeranno fino al mattino dopo.

 Il tempo per leggere o vedere un film a causa di ciò diventa sempre meno, e aggiungo: ho pure un account Netflix da sfruttare. Ogni giorno ‘aggiungi alla mia lista’ e lì a morire ricoperto di polvere digitale.
Ho qui accanto una pila di libri che non cito; se la sera riesco a leggere dieci pagine è pure molto. All’undicesima il mio cervello non assimila più dati, e semplicemente la mattina dopo devo recuperare il segnalibro di qualche pagina addietro, poiché bianche nelle mie sinapsi.
Avevo chiesto scusa anche in apertura per la mia assenza. Questo mi riporta ad alcune letture che ho fatto recentemente.
Hepatica, anno 2008, è stata una breve lettura intensa. Due volumi, venti capitoli. La trama era semplice: bulli che giustificano la propria violenza. È colpa della vittima se loro diventano violenti. È colpa dell’insegnante se i genitori non sono in grado di fermare l’irrefrenabile violenza dei figli. È colpa di qualcun altro se io desidero uccidere. È sempre colpa di qualcun altro se noi siamo così. E quando un genitore si giustifica con ‘sono lieto che mio figlio sia il bullo, così almeno non me ne devo stare a preoccupare’, mi sono sentito parte della storia. Non per il tema bullismo, ma per le giustificazioni. Perché giustifico io stesso queste mie lacune con scuse e colpe contro altro e altri. Perché è facile dare la colpa a qualcun altro, invece di affrontare il vero problema allo specchio.
Questo mi porta anche alla seconda lettura, Shinozaki-san Ki o Ota Shika ni!  molto più leggera, ma veramente molto; vi prego non guardatemi come fossi un pervertito o chissà che.
Insomma nell’ultimo capitolo la protagonista si cimenta nella scrittura di novel amatoriali con personaggi non originali, omaggiando quindi una serie che le piace e fallendo il più delle volte, finché capisce che il segreto per una storia, non tanto di successo quanto piacevole alla lettura, non sono le grandi parole, ma le grandi passioni che vuoi trasmettere al lettore.
Ergo Sdangher come avrete notato ha preso una piega diversa dal passato, ora grazie sopratutto al Padrecavallo è più approfondita, grazie i suoi reportage sulle band  e non solo, e spero proprio che come la protagonista col suo racconto, questa nostra di passione raggiunga ognuno di voi.