L’amore non è la risposta a tutto!

Ricordo che una volta la rubrica domenicale, così libera, così sfogo, mi aiutava a stare meglio. Mandavo affanculo chiunque mi paresse, datori di lavoro bastardi, colleghi idioti, amici ed ex-amici. Confessavo le mie peggiori perversità e anche le mie migliori. Parlavo di satanismo e di paternità con lo stesso candore.Poi due mesi fa io e mia moglie ci siamo lasciati. E ora temo il momento in cui devo affrontare questa rubrica. Di cosa parlo? Che cosa scrivo? Inveisco contro la donna che ho amato più di chiunque altra al mondo? Mi sbrodolo di rimpianti e di nostalgie? Forse un giorno. Ora è fatica. Non sono sicuro di niente. Posso scrivere una cosa e il momento dopo non riconoscerla come vera. Mi sveglio pieno di rabbia, trascorro la mattinata immerso in una specie di mistura esplosiva tra euforia e ottimismo e poi, il pomeriggio divento apatico, indifferente a tutto, e la sera me la piango come un ippopotamo a cui hanno ucciso tutti gli uccellini sulla schiena.

E quindi è come se dentro di me ci fossero tanti me. Ogni me ha il suo punto di vista. C’è il livoroso, quello che Mara la prenderebbe a calci nel culo fuori dalla propria vita ben sapendo che non può sbatterla né fuori né dentro. C’è il pentito che tornerebbe da lei e la implorerebbe di dimenticare tutto. C’è il malinconico che va in giro per il paese in pellegrinaggio nei posti speciali della relazione ormai finita. Qui era dove ci siamo dichiarati amore. Qui dove ci siamo maledetti e poi perdonati. Qui invece era dove parlavamo di noi, lontani da tutto e da tutti. Qui dove abitavamo. Qui dove avremmo voluto abitare. E così via e così via, giù e giù in una melassa di nostalgia, accompagnato dalle canzoni che più ci hanno fatto sentire uniti, nei gusti, nelle emozioni, nella vita in due.

Scendo ora dalla casa dove abbiamo vissuto insieme per otto anni. Mara, io e le bimbe abbiamo cenato assieme. Non succedeva da due mesi circa. Lei ha cucinato la pizza.

Mara fa una pizza straordinaria. Nessuno dei miei me stessi avrebbe potuto resistere a un menù simile, specie il livoroso.

Abbiamo mangiato e parlato. Le bimbe poi ci hanno lasciati soli, anche se Matilde ha espresso in più occasioni il timore che potessimo litigare se lei non ci teneva d’occhio. Lei è la custode dei tombini in fuga, ha un intero mondo da tenere a posto, sapete?

Tranquilla, piccolina. Stasera dovremmo cavarcela.

Non è scontato, ha ragione lei. Anche domenica scorsa sono salito a prendere un caffè con tutti i buoni propositi del mondo e dopo venti minuti urlavamo e ci dicevamo cose tremende.

Stasera no, è andato tutto bene.

Cosa ci siamo detti? Le solite cose. Piccoli rinfacciamenti ma espressi con una certa delicatezza, con discrezione. Qualche leggera ammissione di colpa, alcune digressioni sui momenti passati insieme e poi chiacchiere: musica, lavoro, programmi per il futuro, le bambine, la vita.

Dopo la pizza ci siamo fatti un caffè. E poi i saluti. Sono solo passati due mesi ma sembriamo una ex coppia vecchia di anni.

E tra anni ce ne staremo ancora a cena insieme, con qualche storia alle spalle o magari una compagna e un compagno nuovi di zecca ai reciproci fianchi. E guarderemo di sfuggita, con circospezione le nostre rispettive e nuove felicità coniugali. Forse penseremo: sembra ieri che ci sbranavamo… Bei tempi!

Ci siamo lasciati perché non ci amavamo più? No. L’amore non è sempre la risposta, sono gli idioti in fissa col romanticismo a crederlo. Ci sono donne che si lasciano massacrare da mariti violenti per amore. Ci sono uomini che ingoiano merda tutti i giorni per amore di mogli dispotiche e scontente.

Ci si lascia per tanti altri motivi. Per esempio… Per esempio, sì… ecco, per esempio perché…

Ah, eccone una: ci si lascia perché si è pronti a continuare da soli. O quasi pronti… Magari abbiamo trovato un nuovo Virgilio che ci scorti ancora un po’ nell’inferno amoroso della vita. Oppure sentiamo di poterlo fare anche da noi.

Io la vedo Mara, è ancora lì, stasera. Se ne sta seduta al nostro vecchio tavolo su cui abbiamo pranzato e cenato anni interi, senza mai dubitare che prima o poi le mie mani lì sopra non si sarebbero più posate tanto frequentemente.

Lì che fa vagare lo sguardo per la cucina. La nostra sudicia, ingolfata e disastrosa cucina. Quante giornate chiassose lì dentro. Quanti pranzi col sole alla finestra, a mangiare riso e verdure. E poi tutti fuori, a passeggiare nel bosco vicino casa, noi e le bambine. E sempre parlavamo di progetti, sogni, speranze… qualche volta parlavamo anche di lasciarci. Ma era così, per scherzare. Tu cosa faresti? E tu invece, come ti comporteresti?

Non ci siamo andati tanto lontano con quelle ipotesi ridanciane. Io in cameretta a farmi le pippe tutto il giorno e a scrivere articoli scemi sul mio blog e lei di sopra a mangiar schifezze e ascoltare canzoni malinconiche. Sai le risate, eh? ci domandavamo.

Beh, assicurerei a quei due felici coniugi che da ridere non c’era punto.

Ma ci siamo stupiti e ogni giorno ci stupiamo ancora, che alla fine eccoci qui. Divisi. Lasciati. Increduli ci guardiamo, ci studiamo. Ma è possibile? E ci sentiamo già tanto stanchi entrambi di resistere a questa corrente di dubbi, paure e speranze…

Prima eravamo lì che ci domandavamo in modo amletico: lasciarsi o non lasciarsi, questo è il problema. Adesso, sempre da amleti del cazzo ci chiediamo: tornare o non tornare insieme, questo è il problema.

Ogni volta c’è comunque un problema da risolvere. Una domanda a cui non si riesce a dar risposta.

Non se ne esce, eh?

Come siete belli... scrivevano su facebook gli amici, ogni volta che postavamo una foto di coppia.

Come eravate belli sembra dirci facebook riproponendoci a tradimento olgaritmico una vecchia foto nostra di qualche anno fa. Belli, certo. E quello magari lo siamo ancora. Ma soprattutto eravamo. E mai più saremo. Non insieme.

Sto imparando una cosa nuova. Quando ho capito cosa vi cerco e ve lo scrivo.