Orphaned Land – Ma senti come suona ebraico questo heavy metal!

Non si può affrontare un qualsivoglia discorso su questa band senza prima inquadrarla nel proprio contesto di appartenenza: la loro patria, Israele, dimora di uno dei conflitti più profondi avvenuti dal secondo dopoguerra a bla bla bla.

Ecco l’incipit di una recensione italiana a caso su un disco a caso di questa band. Ebrei, ebrei, guerra, bravi però, anche fichi eccetera e poi, ah sì: metal. Per carità, tutte cose giuste, lodevoli ma che palle! Possibile che davvero non si possa “affrontare un qualsivoglia discorso su questa band” senza prima dire che sono ebrei, ebrei israeliani, badate, non ebrei occidentali (come se ci fossero ebrei più ebrei di altri ebrei) e non un semplice gruppo metal che fa del buon metal?

No. E quindi giù pipponi sul conflitto israelo-palestinese e sul global metal di qua e di là. Non basta suonare le chitarre dei Pantera su un folk bulgaro per fare il nuovo metallo. E secondo me non si dovrebbe far pesare su nessun musicista la propria origine. Mai. Nel bene e nel male. E come sono irritanti e tediosi quei gruppi svervegegesi che ci fanno un casco così su Odino, i vikinghi e la boscaglia di conifere innevata dell’anima, allo stesso modo c’è da ribellarsi agli Orphaned Land per come sono smerciati e finiscono per smerciarsi anche loro.

Basta. Il metal è metal e l’unica terra di cui fa parte una band metal è il paese dell’Heavy metal, dove chi ci vive è fratello dell’altro fratello, purché entrambi i fratelli bazzichino la contea dello stesso sottogenere. Nel mondo di Heavy metal non c’è il conflitto tra Israele e Palestina ma tra deathsters e blacksters, tra raw blackters e blackst’n’rollerz, tra deathsterswedish e brutal-deathsters e così via…

Gli Orphaned Land sono bravi, intriganti ma ce ne vuole per badare alle canzoni e spegnere le chiacchiere mentali sulla loro appartenenza etnografica. Voglio dire, sono stati proposti dai loro fans per il Premio Nobel! Non va bene, no? Dai, se un giorno il metal vincesse una cosa simile credo che l’Inferno ci inghiottirebbe tutti.

Insomma, sembra che fino a qui nessun ebreo abbia mai fatto metal: Gene Simmons è ebreo, ha mai scritto nulla qualche giornalista sulle sue origini ogni volta che recensiva un disco dei Kiss? Che poi Kobi, il cantante, è per metà bulgaro, ma nessuno ne parla. Perché la metà israeliana avrebbe la meglio? Più sensazionale? Io per esempio sarei più attratto dalla Bulgaria.

Vero che anche gli Orphaned Land sono il tipo di band con un messaggio e profondamente coinvolti dalla propria cultura, tipo gli Amorphis con il maledettissimo Kalevala, ma questa cosa rischia di renderli più noiosi e pesanti di quello che potrebbero essere. Insomma, io ho sempre detestato le interviste a Ribeiro e la sua laurea in filosofia o quelle di Trey Azagtoth e la dottrina satanica. Parliamo di musica, ok? Gli Orphaned Land già fanno prog e il rischio di infiammare i testicoli è alto, se in più ci mettiamo la Religione nei testi, e la guerra e la politica nelle domande e i preamboli, cazzo, li seppelliamo vivi.

Il loro ultimo disco è un concept, con la copertina super-ebrea e a ogni riff giungiun ci sono un paio di smandorlate etniche mega-ebree. E tutto questo è fantastico perché rende il metal così israeliano… prendete la traccia Yedidi, così araba, così yiddish, così torah metal, con i cammelli, le strade polverose, i peni circoncisi, i gilet di toppe dei motorhead impolverati dalle infami lingue desertiche, i vecchi barbuti alla Remo Remotti con la carnagione scura (ma il ghigno furbo e birbo alla Remo Remotti) che scrutano le groupies da dentro le loro tende piene di pignatte e bastoni con cui percuotere chi ha bisogno di far crescere la propria saggezza… quella è gente che ne ha viste tante ma che la sa lunga. Gli ebrei dico. Hanno errato, hanno diasporato, hanno bancheggiato, hanno dominato il mondo da dentro i campi di concentramento. Grandi, gli ebrei!

Capisco, in realtà Israele non è questo e si tratta di un popolo immerso nella modernità, nella tecnologia e nella barbarie insieme, come qualsiasi nostro paese euro-americano, ma nella testa del metallaro medio arrivano i cammelli quando parte qualche etno-roba spinta, come anche la lunga suite incisa dalla band insieme al Genesis Steve Hackett, dove la progressive inglese incontra Alpitour. Chiudete gli occhi sull’assolo al quinto minuto e ditemi se non vedete pendolari kamikaze in strada che si lamentano per il ritardo della fottuta corriera. Io li vedo, cazzo. Eccoli lì!

Sentite come è ebreo il metal degli Orphaned Land… Cazzo, mi sento così pacifico e biblico mentre li ascolto. Energia positiva, spiritualmente in tono, uh, senti il vibe caldo dalle fiammelle del grande candelabro: “ehi, ebrei, palestinesi! Dico a voi con quei Kalashnikov! Smettetela una buona volta di massacrarvi e ascoltate gli Orphaned Land!

Mi rendo conto che per un articolo del genere, in America mi fucilerebbero e in Medioriente mi evirerebbero  ma io sto in Italia e qui possiamo dire tutto… sugli ebrei. E comunque io gente sto cercando di sostenere proprio il contrario di quello che sembra. Sto provocando, non sono razzista, non ce l’ho con gli ebrei, ma con qualsiasi ostentazione culturale che possa generare retorica e ruffianeria. Tutti ‘sti recensori che sfoderano il tono solenne di chi è commosso perché cinque paia di braccia strappate all’esercito israeliano suonino roba metal per la pace è melassa che sa di malentia. Levate sta zavorra moralistica da dosso agli Orphaned Land e badate al sodo, altrimenti degli Orphaned Land si diranno sempre troppe cose che con la musica centrano davvero poco. Buone le intenzioni, difficili le circostanze, ma sto cazzo di ritornello come suona? La qualità compositiva come sta? Arriveranno al punto di temere di stroncarli, se no la pace sarà compromessa, cazzo.

Unsung Prophets & Dead Messiah è una delle cose più belle uscite negli ultimi anni, davvero. Sembra di ascoltare i Blind Guardian di Nightfall che al posto di Hansi Kürsch se la fanno con Serj Tankian. Ed è bellissima questa cosa, credetemi. Ora, se non ci fossero delle super-melodie e dei riff portentosi lo stile Blindguardiano sarebbe uno scotto troppo grave da pagare per il mio udito e starei qui a maledire gli Orphaned Land con tutta la loro razza per altri dodici milioni di anni, ma porcomondo, pezzi come The Cave hanno la materia prima per giustificare tutto il resto e il contorno di cori, strombazzi, sovraincisi con cui non fanno che enfatizzarla quella striscia dorata di note e calciarla in culo nel cielo dei cuori di tutti noi che un cuore ce l’abbiamo. Non serve altro che la musica a questi ragazzi per commuovere e migliorare il mondo. Sono uno dei gruppi più in gamba di tutto il metal di oggi. Il loro ultimo album a tratti (My Brother’s Keeper) restituisce la lucidità dei Queensryche politici e ispirati degli anni 80/90. Anche la verve progressiva non è mai ridondante o leziosa, nonostante Steve Hackett ce la metta tutta per condurli sulla retta via della sbobba dispara. Spaccano il culo… israeliani o no.

Basta sentire il ritornello di The Cave:

One can easily forgive a child who is afraid of the dark
But one cannot forgive a man who is afraid of the light

e siete del gatto. Lì avviene il miracolo della pacificazione. I demoni e gli dei che infestano il cuore si uniscono in un ballo ubriaco. Cori femminili rapiscono lanciando sulla testa un manto bianco e virginale striato di mestruo. Oh, cazzo… Non mi sentivo così armonizzato con l’infinito dai tempi del ritornello di Blood Tears dei Blind Guardian o di Blaze Of Victory dei Virgin Steele.

In Propaganda sembra i Dream Teather con delle idee. E prendete la soft-ballad All Knowing Eye con quel testo bonzai nella parte centrale che si chiude in una combinazione crescente da sburlo. Un po’ come per i migliori Avenged Sevenfold, che sono sempre un metro avanti a noi nelle soluzioni e gli arrangi. Quando conclude con: Darkness reigns and (qui parte il coro) we are the (e qui comincia il doppio passo) slaves of that all knowing eye (ecco che mette tutti col culo per terra a piangere! mentre Kobi se la svigna palla al piede incontro alla porta vuota e agli applausi del pubblico della curva)

Poi va beh, se ascoltate  Estarabim alternative edit o la cover di Jeremy dei Pearl Jam, sul secondo CD dell’edizione limitata, il vostro cucciolo di hipster andrà in sbrodo di sgiuggiole come nemmeno davanti ai biscotti di curcuma e tapioka. Personalmente immagino Nanni Moretti in giro per le strade di Roma, in Agosto, con una Harley Davidson al posto della sua vespa, e il casco con gli spunzoni alla Gwar mentre Estarabim bomba e sballa a manetta nelle mie e nelle sue cuffie. Non volevo vedere questo, chiaro? Come siamo arrivati a una roba del genere?