Quando nella mia città si pensa alla pineta, le prime cose che saltano alla mente sono il castello svevo, la droga, i punk, le canne, l’alcol, il fumo, gli amici, la gangia e il vino; ma mai la prostituzione. Per trovarla bisogna andare esattamente al perimetro opposto del paese, ma questa è un’altra storia.
A Salerno mi dicono alla pineta invece ci sia prostituzione, ma anche tanto rumore. Quando mi hanno inviato questo album, La Dolcezza Di Salerno, e letto il bio ho subito iniziato un viaggio mentale tra la scena japanoise delle origini e i Nihilist Spasm Band, perché sono una persona acculturata e mi sono letto il libro sul japanoise. Ascoltandoli, qualcosa di japan nella mia mente è rimasta, ma il retrogusto è diverso, più all’avanguardia con un misto a tratti quasi direi di John Zorn. E si citano artisti fighi per fare l’articolo faigo.
Mi aspettavo una totale incapacità sonora, letta anche la storia e i nomi e le capacità dei soggetti del resto, e allora non mi spiego pezzi come Stefania Youjizz, nato dallo schematismo del basso che chiunque dopo un misero esercizio saprebbe eseguire, e comunque presuppone un’intesa predefinita di tutto il gruppo e non una totale improvvisazione.
È come il morbo di Parkinson, del resto, La Dolcezza Di Salerno; degenerativo. S’inizia con la delicatezza di Lido Jamaica, fino a toccare livelli wall con Dove Sono Le Italiane, che a scapito d’equivoci è stata anche la prima registrazione ‘riuscita’ dopo un incontro in sala prove, prima di distruggere le amplificazioni della sala stessa. Una storia che non mi sentivo di raccontare da anni, ma che offre spessore a un lavoro, aggiungendo una storia vera e propria di devastazione materiale dietro quell’ammasso di suoni incomprensibile ai più.
Non solo quindi i soliti quattro sfigati dietro lo strumento che sognano i palchi, ma quattro sfigati e basta che sognano di scoparsi una prostituta.
Un viaggio a ritroso che passa dalle più recenti capacità d’infastidire l’udito, a un iniziale aspro desiderio solo d’alzare il volume. Un ascolto inevitabile per chi non ha soldi per le prostitute, ma le mani per masturbarsi ricordando il fresco odore della pineta in estate.